Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 39172 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 39172 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BORGORATTO MORMOROLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 6.5.2024, la Corte di appello di Milano ha confermato la declaratoria di responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 95 d.P 115/2002, per aver falsamente dichiarato, relativamente alla domanda di ammissione al patrocinio gratuito presentata in data 21.12.2019, di aver percepito per l’anno 2018 un reddito familiare inferiore a euro 9.296,22, mentre il reddito ammontava ad un importo ben superiore (euro 35.081,64).
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, per mezzo del suo difensore, lamentando quanto segue.
Violazione di legge, per avere il Tribunale di Pavia tenuto l’udienza terminativa del giudizio di primo grado in presenza, in assenza del difensore di fiducia, con sostituzione dello stesso ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. mentre lo stesso attendeva il collegamento da remoto.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, basata su un unico indizio (il CUD e le buste paga), senza alcun riscontro ai sensi dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. ed in presenza di versione alternativa offerta dalla difesa.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che dagli atti risulta che l’ultima udienza del giudizio di primo grado si è tenuta in data 13.3.2023, quando la normativa relativa alla possibilità di trattare le udienze da remoto non era più in vigore. E’ evidente che una diversa prassi del singolo giudice, peraltro solo asserita dal ricorrente, non può modificare le regole processuali, né creare aspettative per la difesa. –
4.2. Il secondo motivo prospetta una inammissibile censura in fatto, a fronte di una decisione che ha motivatamente affermato la responsabilità dell’imputato, basandosi su plurimi indizi, quali: i) il CUD e le buste paga, logicamente ritenuti prova diretta, poiché attestanti il pagamento dello stipendio; li) l’avvenuto versamento dei contributi previdenziali; iii) la circostanza che la versione della datrice di lavoro (nonché convivente dello COGNOME) – di non aver mai corrisposto lo stipendio al prevenuto – sia stata smentita dal commercialista.
Sotto questo profilo, l’iter argomentativo della decisione impugnata appare privo
di cadute in termini di manifesta illogicità o contraddittorietà e privo di errori i diritto, in maniera tale da renderlo incensurabile in sede di legittimità.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 11 settembre 2024
Il Consigljere estensore
Il Pr sidente