Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35394 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35394 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Montalbano Elicona il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza 22/02/2024 del Tribunale del riesame di Messina visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Messina, in accoglimento dell’istanza di riesame ha annullato l’ordinanza emessa nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente ai reati di cui ai capi 10) e 10 bis), con conferma, nel resto, mantenendo la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai capi 6), 7), 8) e 9).
L’odierno ricorrente COGNOME sottoposto alla misura cautelare di massimo rigore in quanto gravemente indiziato di una serie di reati di concorso in estorsione,
aggravati dal fatto di essere stati commessi da persone facenti parte di associazioni rnafiosa, nonché con metodo mafioso, sino al 2021.
Si contesta all’indagato, in concorso con i fratelli e il padre, di avere fatt reiteratamente entrare il proprio bestiame nei terreni di proprietà di coltivatori di frutteti e olivi della zona, mediante la rottura della rete di recinzione metallic dei terreni, in questo modo causando il danneggiamento irreparabile delle colture ivi esistenti.
L’ordinanza impugnata evidenzia che l’indagato, a fronte delle rimostranze dei coltivatori, si mostrava del tutto incurante, non si preoccupava del danno arrecato e reiterava in continuazione la propria condotta. I proprietari dei terreni, ai quali veniva offerta per l’acquisto del terreno una cifra irrisoria, erano, così costretti ad abbandonare le loro C.Olture. I predetti, inoltre, manifestavano la volontà di non denunciare per la paura di subire gravissime ritorsioni.
Una delle poche denuncianti evidenziava che, nonostante la querela da lei sporta per estorsione, le cose non erano cambiate, in quanto i fratelli COGNOME si erano allontanati solo per pochi mesi, facendo ritorno nel maggio del 2020. Consci del fatto che la gente aveva paura delle loro ritorsioni, COGNOME e i familiari erano diventati padroni incontrastati di tutta la terra che circondava il paese di Bra id i.
Un altro denunciante evidenziava che NOME NOME, dopo essere stato arrestato nel febbraio 2017 per il reato di tentata estorsione aggravata ai suoi danni – in concorso con noto mafioso locale – e condannato con sentenza passata in giudicato, una volta espiata la pena (e, precisamente, il giorno dopo essere stato scarcerato dagli arresti domiciliari), si era recato presso il suo negozio e «lo guardava negli occhi e gli faceva un sorrisino», rimanendo a lungo sul posto. La persona offesa riferiva, altresì, che tutti gli avevano detto di avere sbagliato a denunciare NOME e che molte persone assumevano atteggiamenti di disprezzo nei suoi confronti fino ad arrivare a sputargli in faccia e a boicottare l’acquisto di olio presso il suo negozio.
2.Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione NOME deducendo i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Per quattro anni, nessuna segnalazione all’autorità giudiziaria sarebbe intervenuta nei confronti di NOME, il quale si trovava in stato di libertà neg stessi luoghi in cui erano stati commessi i reati.
Il Tribunale del riesame errerebbe nell’ancorare la attualità delle ragioni per le quali disporre la cautela a quanto rinvenuto nell’abitazione di NOME nel corso della perquisizione eseguita in sede di esecuzione dell’ordinanza cautelare, e, in particolare, a una lettera manoscritta indirizzata a NOME NOME, in cui il mittente era identificato in NOME, soggetto intraneo all’associazione mafiosa dei tortoriciani.
Tale assunto sarebbe illogico, atteso che non vi è certezza sulla paternità della stessa missiva e che essa nulla prova in ordine alla attualità e alla concretezza delle esigenze cautelari, posto che nel contenuto della missiva si leggono delle frasi di auguri.
NOME, dal 2020 (data dell’ultima contestazione), non ha più reiterato la condotta contestata e la misura cautelare è stata eseguita, a distanza di quattro anni, il 6 febbraio 2024. La misura degli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico, impedirebbe al ricorrente di continuare ad esercitare la propria attività di allevatore e, quindi, di perpetrare le condotte contestate; secondariamente, precluderebbe qualsiasi contatto con le persone offese, così salvaguardando la genuinità della prova
Il Tribunale del riesame avrebbe omesso di pronunciarsi sulla adeguatezza di una misura cautelare meno afflittiva.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine COGNOME sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Gli elementi indicati dal Tribunale non sono sufficienti a integrare la gravità indiziaria della contestata circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis 1 cod. pen.
Il Tribunale del riesame avrebbe omesso di valutare l’assenza di prove in ordine alle asserite minacce e sopraffazioni subite dalle persone offese legittimanti la contestata aggravante del metodo mafioso.
L’ordinanza impugnata farebbe riferimento a mere minacce implicite, desumibili dalle emblematiche reazioni talora opposte, dando per scontata la forza intimidatrice propria dell’indagato, pur in assenza di minacce dirette alle persone offese.
In particolare, le persone offese COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno dichiarato che i NOME erano soliti detenere il loro bestiame nelle campagne, occupando e danneggiando i terreni in loro possesso, ma nessuno avrebbe mai fatto riferimento ad atti intimidatori. Analogamente, COGNOME NOME ha riferito di non essere stato mai minacciato.
La giurisprudenza di legittimità, in tema di estorsione, nel caso in cui il delitto sia commesso con minaccia silente,./da soggetto appartenente a una associazione di stampo mafioso, ritiene sussistA L circostanza aggravante di cui
all’art. 628, comrna 3, n. 3, cod. pen., la cui configurabilità è correlata alla sola provenienza qualificata della condotta intirnidatoria, ma non quella di cui all’articolo 416-bis 1 cod. pen., che postula un’ulteriore esternazione, funzionale alla semplificazione delle modalità produttive del reato.
Quanto alla agevolazione mafiosa, la norma richiede la presenza di una azione preordinata ad agevolare l’organizzazione criminale di riferimento.
Le circostanze di fatto riportate nella ordinanza impugnata non avrebbero tale capacità dimostrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo, relativo alla sussistenza delle esigenze cautelari, rileva il Collegio che la motivazione espressa nell’ordinanza impugnata appare congrua e coerente, immune da censure rilevabili in sede di legittimità, avendo il Tribunale del riesame esposto le ragioni giuridicamente significative poste a fondamento della decisione.
Quanto alla distanza temporale tra la misura cautelare e il delitto, la stessa, come correttamente valutato dal Tribunale, non appare poter assumere rilievo decisivo, quale elemento dal quale far risultare l’insussistenza delle esigenze cautelari, a fronte della eccezionale rilevanza dei fatti.
Nel caso in esame, la necessità di considerare espressamente tale elemento, ove si tratti di un arco temporale rilevante, privo di ulteriori condotte sintomatiche di perdurante pericolosità, appare adeguatamente soddisfatta dal Tribunale che, invero, ha valutato il fattore tempo unitamente alla portata delle condotte – travalicanti il singolo episodio, tenuto conto della creazione di un regime di monopolio sul territorio -, al contesto di maturazione delle stesse, ai contatti con esponenti della consorteria mafiosa operanti sul territorio (come emergente, peraltro, anche dal contenuto della missiva indirizzata al ricorrente rinvenuta in sede di perquisizione). Come sopra evidenziato, infatti, è emerso che gli abitanti avevano paura delle ritorsioni di NOME, motivo per cui lui e i familiari erano diventati padroni incontrastati di tutta la terra che circondava il paese di Braidi.
Occorre ricordare, sul punto, che il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e
collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016 Stamegna, Rv. 267785).
3.Anche il motivo sui gravi indizi di colpevolezza è infondato.
3.1.Rileva COGNOME il COGNOME Collegio COGNOME che, COGNOME effettivamente, COGNOME sussiste COGNOME un COGNOME contrasto giurisprudenziale, in tema di estorsione, circa la possibilità di concorso tra l’aggravante, soggettiva, di cui all’art. 628, comma terzo, n. 3), cod. pen., e quella, oggettiva, dell’utilizzo di metodo mafioso, di cui all’art. 416-bis.1., ne caso in cui il delitto sia commesso, con minaccia “silente”, da soggetto appartenente ad associazione di tipo mafioso.
In alcune pronunce si è sostenuta tale possibilità, posto che si è ritenuto che la prima circostanza è funzionale a sanzionare la maggiore pericolosità individuale dimostrata dall’associato che abbia consumato l’ulteriore delitto, mentre la seconda è volta a punire la maggior capacità intimidatoria di condotte realizzate attraverso l’evocazione della capacità criminale dell’associazione mafiosa, potendo essere agita anche da chi non è associato (ex multis Sez. 2, n. 15429 del 08/03/2024, COGNOME, Rv. 286280 – 01).
Altre pronunce hanno, viceversa, sottolineato che, nel caso in esame, sussiste l’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen, richiamata dall’art. 629, comma secondo, cod. pen., la cui configurabilità è correlata alla sola provenienza qualificata della condotta intimidatoria, ma non quella di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., sotto il profilo dell’utilizzo del metodo mafioso, che postula un’ulteriore esternazione, funzionale alla semplificazione delle modalità commissive del reato (Sez. 1, n. 39836 del 19/04/2023, RG., Rv. 285059 – 01).
3.2. Ciò detto, nel caso in esame il contrasto è superato dal fatto che, come osservato dal Collegio della cautela, sono numerose le parti offese escusse, che hanno riferito che le minacce di NOME non erano silenti, bensì esplicite.
L’ordinanza impugnata ha sottolineato che alcune vittime, in particolare, avevano riferito di non voler intraprendere iniziative per il timore di ritorsioni, ed avevano descritto un annoso, pervasivo, violento e reiterato meccanismo di spossessamento dei terreni siti in Montalbano Elicona da parte della famiglia COGNOME e dell’indagato, in particolare, nei confronti di soggetti costretti ad abbandonare i propri fondi, emergendo l’interferenza criminale degli indagati sul territorio.
Il Tribunale COGNOME ha, COGNOME dunque, COGNOME ampiamente COGNOME richiamato COGNOME le dichiarazioni rese dalle persone offese in relazione ai capi di incolpazione provvisori contestati al ricorrente, descrittive di condotte da ritenersi solo porzione del sistema di imposizione indicato dalle predette persone offese, confermando, pertanto, sia l’inquadramento delle condotte nell’ipotesi di cui all’art. 629, terzo comma, n. 3,
cod. pen., sia la sussistenza della contestata aggravante ex art. 416-bis 1. cod. pen.
Anche grazie alle risultanze captative il Tribunale del riesame ha, infine, puntualmente, rilevato come la famiglia COGNOME potesse vantare, per la gestione dei propri interessi economici sul territorio, la protezione di elementi di spicco del sodalizio mafioso ivi operante.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 9 luglio 2024
COGNOME
Il Presidente