Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28646 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28646 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI 06XADII) nato il 19/08/1986
avverso l’ordinanza del 14/03/2025 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il tribunale di Milano ha rigettato l’istanza di riesame avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di quella stessa città, applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME siccome gravemente indiziato di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata ai reati di traffico internazionale di armi, favoreggiamento dell’immigrazione, omicidi, stragi, traffico di stupefacenti, ricettazione autoriciclaggio, e di banda armata ex art. 306 cod. pen., ovvero una associazione terroristica finalizzata a commettere attentati terroristici – avendo ravvisato le esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett. b) e c) cod. proc. pen.;
1.1.Secondo la prospettazione accusatoria condivisa dal G.I.P., COGNOME era giunto in Italia clandestinamente nel maggio 2024 attraverso la rotta balcanica a
bordo di un tir allo scopo specifico di contribuire a garantire la continuità operativa dell’organizzazione capeggiata dal cognato, NOME COGNOME dopo che questi e altri esponenti di vertice del sodalizio venivano arrestati, assumendo il ruolo di portavoce del capo, fornendogli informazioni in carcere sull’organizzazione e sull’attività esterna e, al contempo, portando all’esterno, agli altri membri del sodalizio, informazioni trasmesse dallo stesso COGNOME, in tal modo garantendo continuità al programma criminale, a cui mostra di aderire da tempo.
Con il ricorso in esame, il difensore dell’indagato, avvocato prof. NOME COGNOME chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata svolgendo un unico motivo, afferente alle esigenze cautelari, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la decisione.
‘Deduce violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., e correlati vizi della motivazione in relazione alla attualità delle esigenze cautelari e all’adeguatezza della sola misura custodiale in carcere. Nella prospettazione difensiva, la incensuratezza del ricorrente, il ruolo secondario svolto nell’ambito del sodalizio avrebbero dovuto indurre il giudice ad accogliere l’istanza di affievolimento del regime detentivo, anche in ragione del domicilio in Italia, presso la fidanzata, come proposto dalla difesa, e, soprattutto, non sussistendo la concreta possibilità che il ruolo assegnatogli dall’Accusa possa essere concretamente svolto in considerazione del restrittivo regime detentivo a cui è sottoposto il capoclan. Doglianze sono svolte anche con riguardo alla ritenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico che, invece, nell prospettazione difensiva, consentirebbe un pregnante e pervasivo controllo sul ricorrente neutralizzando il pericolo di fuga.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice della impugnazione dei provvedimenti sulla libertà personale.
Preme ricordare che, in sede di controllo di legittimità, non è consentito il diretto apprezzamento del requisito dei gravi indizi di colpevolezza, avendo quel controllo sempre ad oggetto la motivazione del provvedimento impugnato e non immediatamente il complesso degli elementi indiziari valutati dal giudice del merito cautelare. In materia di provvedimenti de libertate, la Corte di cassazione non ha, cioè, alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure, poiché sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito.
Il controllo di legittimità rimane, pertanto, circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato, la correttezza allo stato degli atti della qualificazione giuridica attribuita ai fatti e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomenta rispetto-al fine giustificativo del provvedimento (Sez. Un., n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv 215828; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, Rv 269885).
In sintesi, il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione de provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati i termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto i profilo logico (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, COGNOME, Rv 251516; Sez. 4, n. 22500 del 3/5/2007, Terranova, Rv 237012). In materia cautelare, pertanto, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, COGNOME, Rv 269885; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv 241997; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv 252178). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Calando tali principi nella fattispecie in esame – che, come premesso, attiene esclusivamente al profilo delle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura prescelta dai giudici di merito, quella di massimo rigore – si osserva che il Tribunale distrettuale, con ampia argomentazione, ha motivato in merito al proprio convincimento su ogni profilo, anche attraverso puntuali e specifiche repliche alle doglianze del ricorrente, mentre il ricorso si profila sostanzialmente generico e inammissibilmente rivalutativo onde conseguire un alternativo e più favorevole esito decisorio.
In breve, il provvedimento impugnato, ha criticamente disatteso gli elementi valorizzati dalla difesa, e qui riproposti, illustrando, con esaustiva motivazione, le ragioni per le quali la obbiettiva gravità del reato contestato ( supportato da elementi indiziari plurimi e gravi, di univoca interpretazione), la
disponibilità assicurata dall’indagato al sodalizio al quale ha aderito dal suo arrivo in Italia sino a tempi recenti, la allarmante disponibilità a detenere e trafficare armi anche da guerra, l’essere impegnato nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nella produzione e circolazione di documenti falsi e denaro, in uno alla ramificazione in Italia ed all’estero dell’associazione, siano tutti elementi che rendono palese e concreto il pericolo di reiterazione del reato, e superano gli elementi – peraltro generici – valorizzati dal ricorrente.
L’assenza di palesi illogicità argomentative rende impermeabile la motivazione del provvedimento impugnato alle censure difensive, atteso che, come si è detto, l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se congruamente e logicamente motivato, come nella specie.
Il provvedimento impugnato, pertanto, soddisfa pienamente l’onere motivazionale richiesto, per avere evidenziato la spiccata pericolosità sociale dell’indagato e il conseguente elevato pericolo che lo stesso, se lasciato libero, possa commettere reati della stessa specie, ovvero possa darsi alla fuga.
1.3. Giova aggiungere che, con riguardo al giudizio relativo alle esigenze cautelari, il Collegio si riconosce nell’orientamento che, in considerazione della natura prognostica del giudizio cautelare e delle finalità di concreta prevenzione che lo ispirano, consente di formulare il giudizio probabilistico di ricaduta nel delitto sulla base di dati oggettivi provenienti dalle modalità attuative dell condotta nonché dalla concreta personalità dell’autore, senza esigere di ipotecare il futuro criminale del prevenuto, che, come è stato già osservato, è facoltà non riconoscibile al giudice della cautela. Si ritiene, cioè, che il giudizio cautelare, c deve essere espresso in termini di concretezza, per la sua natura ontologicamente probabilistica, non può che fondarsi sui dati di fatto disponibili, comprensivi, oltre che della personalità dell’indagato e del suo stile di vita anteatta, anche delle concrete modalità del fatto. Contesto e personalità consentono, dunque, l’espressione di un giudizio individualizzato circa la futura, probabile reiterazione criminosa. In tale ottica ermeneutica “si ritiene che il pericolo di reiterazione sia “concreto” ogni volta che si dimostri l’esistenza di elementi non ipotetici, ma reali, dai quali si possa dedurre la probabilità di recidiva; sia “attuale” ogni volta in cui sia possibile una prognosi infausta in ordine alla ricaduta nel delitto, ovvero sia possibile valutare l’esistenza del pericolo di recidiva “prossimo” all’epoca in viene applicata una misura, seppure non “imminente”. Non si richiede, invece, che il giudizio sull’attualità si estenda alla previsione di una specifica occasione per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice della cautela.”( Sez. 2 n. 53645 del 08/09/2016, Rv. 268977), onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma primo, lett. c) cod. pro
pen., può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano
atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (cfr. Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016,
Rv. 267785).
2. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché,
trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in
favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. Att. Cod. Proc. Pen. Così deciso in Roma, 16 giugno 2025 Il Co liere esteno.re