Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28338 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28338 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Romania il 29/07/1979 avverso la sentenza del 17/12/2024 della Corte di Appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 d.l. N.137/2020 e successivo art. 8 d.l. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 17 dicembre 2024 con cui la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 28 maggio 2024, dal Tribunale di Rieti, lo ha condannato alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 400,00 di multa in relazione al reato di cui all’art. 628 cod. pen., previa declaratoria della sopravvenuta prescrizione del reato di lesioni.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 178, 185, 420quater e 598-ter cod. proc. pen.
2.1. ¨ stato, in primo luogo, evidenziato che il giudizio di appello si Ł svolto in assenza dell’imputato con le forme del rito cartolare non partecipato.
La difesa ha, inoltre, rimarcato che il ricorrente ha nominato l’Avv. NOME COGNOME ed eletto domicilio nella fase anteriore al giudizio di primo grado ed eccepito che l’imputato non avrebbe ricevuto notifica del decreto di citazione a giudizio con conseguente mancata conoscenza della pendenza del processo.
¨ stato, altresì, affermato che l’imputato Ł stato dichiarato contumace in primo grado ed assente nel giudizio di appello e che, all’udienza dibattimentale del 28 maggio 2014 il Tribunale ha nominato
l’Avv. NOME COGNOME quale difensore di ufficio ai sensi dell’art. 97, comma quarto, cod. proc. pen.
Infine, Ł stato sostenuto che l’avviso di fissazione del giudizio di appello sarebbe stato notificato esclusivamente ai difensori e che entrambi i legali non sarebbero riusciti a rintracciare l’imputato per metterlo a conoscenza della pendenza del processo a suo carico.
2.2. La difesa ha, inoltre, eccepito l’incostituzionalità dell’art. 598-ter cod. pen. per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. nella parte in cui detta norma non prevede che, in caso di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del processo, la mera regolarità formale della notifica del decreto di fissazione del giudizio di appello sia insufficiente ai fini della corretta costituzione del giudizio.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 628 cod. pen. nonchØ carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di rapina.
La Corte territoriale, limitandosi a richiamare per relationem le argomentazioni del primo giudice, avrebbe ignorato il motivo che avrebbe spinto il ricorrente ad impossessarsi dei telefoni cellulari della compagna (impeto di gelosia) nonchØ la scissione temporale tra la condotta violenta realizzata in danno di NOME e la successiva apprensione dei suoi telefoni cellulari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di impugnazione Ł manifestamente infondato
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che:
l’imputato ha partecipato all’udienza preliminare del 10 dicembre 2009 ed era presente alle udienze dibattimentali del 16 febbraio 2011 e del 4 luglio 2012;
la Corte territoriale, a seguito dell’esito negativo della notifica all’imputato del decreto di fissazione del giudizio di appello, ha correttamente disposto la notifica presso il difensore ai sensi dell’art. 161, comma quarto, cod. proc. pen.
Diversamente da quanto affermato nel ricorso, l’imputato era pienamente a conoscenza del processo instaurato a suo carico con conseguente manifesta infondatezza della doglianza in considerazione della corretta costituzione del rapporto processuale.
Il ricorrente, infatti, ebbe conoscenza del procedimento dalla sua origine sino alla fase del giudizio di primo grado, e volontariamente -o comunque colpevolmente- si Ł sottratto alla conoscenza del processo, interrompendo i rapporti con i difensori, in assenza di una plausibile ragione, che neppure Ł stata prospettata nel ricorso. L’imputato, dopo aver partecipato alle prime udienze dibattimentali, si Ł reso di fatto irreperibile, ponendosi, dunque, nelle condizioni di non ricevere adeguata notizia del processo, così dimostrando implicitamente di non volervi partecipare (vedi Sez. 2, n. 14375 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281101-02).
All’accertamento della manifesta infondatezza del motivo di ricorso consegue l’irrilevanza della questione di costituzionalità dell’art. 598-ter cod. pen. per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione sollevata dalla difesa.
Il secondo motivo di ricorso Ł aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla sussistenza del dolo del reato di rapina già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
2.1. Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che il ricorrente abbia commesso il reato di rapina, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove.
La decisione dei giudici di merito Ł fondata, con percorso argomentativo privo di vizi logici e giuridici, su quanto dichiarato da NOME COGNOME in ordine al fatto che il ricorrente, dopo averla picchiata con un bastone ed essersi impossessato dei suoi telefoni cellulari per controllare le chiamate fatte e ricevute dalla persona offesa, si Ł allontanato da casa, minacciandola di morte (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza di primo grado e pag. 4 della sentenza oggetto di ricorso).
2.2. La Corte territoriale ha, pertanto, fatto corretto uso del principio di diritto secondo cui l’ingiusto profitto del reato di rapina può consistere in qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di trarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, a condizione che la condotta sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui e sottraendola a chi la detiene (vedi Sez. 2, n. 23177 del 16/04/2019, Gelik, Rv. 276104-01; Sez. 2, n. 37861 del 09/06/2023, COGNOME, Rv. 285190 – 01).
Deve essere, in proposito, rimarcato che l’antecedente psichico dell’azione -il cd. movente- deve essere distinto dal dolo specifico di procurarsi un ingiusto profitto, sussistendo, quindi, il reato di rapina qualora il soggetto attivo, anche se mosso da un diverso iniziale proponimento, si impossessi mediante violenza di un bene altrui col proposito di appropriarsene così da procurarsi un ingiusto profitto.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 10/06/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME