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Dolo specifico rapina: gelosia non esclude il reato

Un individuo, condannato per rapina ai danni della partner, ricorre in Cassazione sostenendo di aver agito per gelosia e non per ottenere un profitto, contestando così la sussistenza del dolo specifico rapina. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che qualsiasi soddisfazione personale, anche non economica, ottenuta sottraendo un bene con violenza, integra l’elemento dell'”ingiusto profitto” richiesto dalla norma.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo Specifico nella Rapina: Anche la Gelosia Può Configurare il Reato

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema tanto delicato quanto frequente nelle aule di giustizia: la configurabilità del reato di rapina in contesti relazionali, dove il movente dell’azione non è economico, ma emotivo. Il caso in esame chiarisce in modo esemplare la nozione di dolo specifico rapina, spiegando come anche un impeto di gelosia possa condurre a una condanna per un reato così grave.

I Fatti del Processo

La vicenda trae origine da un episodio di violenza domestica. Un uomo, al culmine di una lite, aggrediva fisicamente la propria compagna e si impossessava dei suoi telefoni cellulari per controllarne le chiamate. Successivamente, si allontanava minacciandola di morte. Per questi fatti, veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di rapina, oltre che per le lesioni (reato poi dichiarato prescritto in appello). L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato si basava su due argomentazioni principali:

1. Un motivo procedurale: Si lamentava una presunta violazione del diritto di difesa, sostenendo che l’imputato non fosse stato correttamente informato della pendenza del processo d’appello e non avesse potuto quindi partecipare.
2. Un motivo sostanziale: Si contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di rapina. Secondo la difesa, l’azione non era stata mossa dalla volontà di trarre un ingiusto profitto, ma da un mero “impeto di gelosia”. Mancava, quindi, il dolo specifico rapina richiesto dall’art. 628 del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Dolo Specifico Rapina

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le argomentazioni. Sul piano procedurale, i giudici hanno accertato che l’imputato era stato presente alle prime fasi del processo e si era poi reso volontariamente irreperibile, interrompendo i contatti con i suoi stessi difensori. Di conseguenza, la notifica presso il difensore era da considerarsi valida e il processo legittimamente celebrato.

È però sul secondo motivo che la sentenza offre gli spunti più interessanti. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la nozione di “ingiusto profitto” nel reato di rapina non ha una connotazione esclusivamente patrimoniale.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte chiariscono la distinzione fondamentale tra “movente” e “dolo specifico”. Il movente è l’impulso psicologico che spinge una persona ad agire (in questo caso, la gelosia). Il dolo specifico, invece, è la finalità richiesta dalla norma penale, ovvero l’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.

I giudici hanno spiegato che l’ingiusto profitto può consistere in “qualsiasi soddisfazione o godimento che l’agente si riprometta di trarre, anche non immediatamente, dalla propria azione”. Impossessarsi con violenza del cellulare della partner per controllarne i contatti e le conversazioni, al fine di soddisfare la propria gelosia, costituisce un’utilità personale e, pertanto, un ingiusto profitto. La condotta, attuata con violenza e minaccia per sottrarre un bene mobile altrui, integra pienamente tutti gli elementi del reato di rapina.

Le Conclusioni

La sentenza conferma che il perimetro del reato di rapina è più ampio di quanto comunemente si pensi. Non è necessario agire per un guadagno economico. Qualsiasi vantaggio, piacere o soddisfazione personale, anche di natura puramente emotiva o morale, che si intende ottenere sottraendo un bene a un’altra persona con violenza o minaccia, è sufficiente a configurare il dolo specifico del reato. Questa pronuncia serve da monito: le dinamiche relazionali non possono essere una scusante per condotte violente e prevaricatorie, che il nostro ordinamento qualifica e punisce severamente come rapina.

Sottrarre il cellulare al partner per gelosia è considerato rapina?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, se la sottrazione del cellulare avviene con violenza o minaccia, il reato di rapina è configurato. Il fatto di agire per gelosia non esclude il reato, perché il desiderio di controllare il telefono per soddisfare la propria curiosità o placare i propri sospetti costituisce l'”ingiusto profitto” richiesto dalla legge.

Cosa si intende per “ingiusto profitto” nel reato di rapina?
La sentenza chiarisce che l'”ingiusto profitto” non deve essere necessariamente di natura economica. Può consistere in qualsiasi vantaggio, utilità, piacere o soddisfazione personale che l’autore del reato intende ottenere attraverso la sua azione violenta o minacciosa.

Se un imputato non si presenta al processo d’appello, questo è nullo?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che se l’imputato era a conoscenza del procedimento sin dall’inizio e si è poi reso volontariamente irreperibile, la notifica dell’udienza al suo difensore di fiducia è valida. Il processo può quindi procedere legittimamente in sua assenza senza che ciò costituisca una violazione del diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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