Documenti Falsi: La Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso
L’utilizzo di documenti falsi rappresenta un grave reato che mina la fiducia pubblica. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della falsificazione e sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità. Analizziamo insieme una decisione che ribadisce principi fondamentali in materia.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e successivamente della Corte d’Appello per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, ai sensi dell’art. 497 bis del codice penale. La Corte d’Appello, pur concedendo il beneficio della non menzione nel casellario giudiziale, aveva confermato la responsabilità penale e la condanna. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, basandolo su quattro distinti motivi.
I Motivi del Ricorso e la Risposta della Corte sui documenti falsi
Il ricorrente ha tentato di smontare l’impianto accusatorio attraverso diverse argomentazioni, tutte respinte dalla Suprema Corte perché ritenute manifestamente infondate.
Il “Falso Grossolano”: Un’Ipotesi Esclusa
Il primo motivo di ricorso sosteneva che i documenti falsi fossero in realtà un “falso grossolano”, ovvero una contraffazione così evidente da non poter trarre in inganno nessuno. La Cassazione ha rigettato questa tesi, sottolineando un fatto cruciale: le forze dell’ordine avevano avuto la necessità di effettuare ulteriori accertamenti presso l’anagrafe comunale per verificare l’origine e la veridicità dei documenti. Questo semplice passaggio dimostra che la falsificazione non era palese e aveva, al contrario, l’idoneità a ingannare.
La Collaborazione nella Falsificazione e la Qualificazione del Reato
In secondo luogo, l’imputato chiedeva la derubricazione del reato nella fattispecie meno grave. La Corte ha respinto anche questa richiesta, evidenziando che i documenti recavano la fotografia dell’imputato. Tale circostanza, secondo i giudici, prova in modo inequivocabile la sua collaborazione attiva alla contraffazione, giustificando la contestazione dell’ipotesi aggravata del reato.
La Particolare Tenuità del Fatto: Non Applicabile per la Quantità di Documenti Falsi
Il terzo motivo riguardava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.). La Corte ha ritenuto infondata anche questa doglianza, motivando la decisione con la “considerevole quantità di documenti falsi” rinvenuti nell’abitazione del ricorrente. L’entità dell’attività illecita è stata giudicata tale da escludere la lieve entità dell’offesa.
La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena
Infine, il ricorso contestava l’eccessività della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato seguendo i criteri legali (artt. 132 e 133 c.p.) e, nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta congrua e adeguata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi sulla manifesta infondatezza di tutti i motivi proposti. I giudici hanno rilevato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica, coerente e priva di vizi giuridici per ogni punto contestato. L’analisi del giudice di merito è stata considerata completa e corretta, sia nella valutazione della non grossolanità del falso, sia nella qualificazione giuridica del fatto, sia nel negare la tenuità dell’offesa e nel determinare la sanzione. Il ricorso, pertanto, non presentava argomenti validi per una revisione in sede di legittimità.
Conclusioni
Questa ordinanza è un’importante conferma di diversi principi giuridici. In primo luogo, stabilisce che la necessità di accertamenti approfonditi per svelare una falsificazione esclude la configurabilità del falso grossolano. In secondo luogo, ribadisce che la presenza della propria foto su documenti falsi costituisce prova di una partecipazione attiva al reato, con le conseguenti aggravanti. Infine, ricorda che la valutazione sulla gravità del fatto e sulla commisurazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito, sindacabile in Cassazione solo in caso di motivazione illogica o assente, cosa che non è avvenuta in questo caso. La decisione condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, ponendo fine alla vicenda giudiziaria.
Quando un documento falso non è considerato un “falso grossolano”?
Un documento non è considerato un ‘falso grossolano’ quando la sua contraffazione non è immediatamente evidente e richiede accertamenti aggiuntivi, come controlli presso l’anagrafe comunale da parte delle forze dell’ordine, per essere scoperta.
Cosa dimostra la collaborazione dell’imputato nel reato di falsificazione di documenti?
Secondo la Corte, la presenza della fotografia dell’imputato sui documenti falsificati è una prova della sua necessaria collaborazione alla contraffazione, giustificando così la configurazione dell’ipotesi più grave del reato.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata esclusa a causa della ‘considerevole quantità di documenti falsi’ trovati nell’abitazione del ricorrente, elemento che ha portato il giudice a ritenere l’offesa non di lieve entità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36727 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36727 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TRAMONTANO COGNOME NOME NOME NOME POLLENA TROCCHIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli che, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Noia -avendo concesso il beneficio della non menzione nel casellario giudiziale -ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi di cui all’art. 497 bis, comma 1 e 2, cod. pen.;
Considerato che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, è manifestamente infondato in presenza di una motivazione logica e scevra da vizi con cui la Corte territoriale ha escluso la possibilità di considerare il documento contraffatto come un falso grossolano. Invero, il fatto stesso che gli agenti di P.G. abbiano avuto la necessità di richiedere ulteriori accertamenti all’anagrafe comunale al fine di valutare l’origine dei documenti sequestrati consente di affermare l’idoneità dei falsi a trarre in inganno;
Ritenuto che il secondo motivo, che denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla omessa derubricazione della condotta nel meno grave delitto di cui al comma 1 dell’art. 497 bis cod. pen., è manifestamente infondato in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, infatti, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto configurabile l’ipotesi di cui al com 2 del suddetto articolo, tenuto conto che i documenti recavano la foto dell’imputato, il quale, pertanto, deve aver necessariamente collaborato alla contraffazione fornendo le sue immagini;
Rilevato che il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., è manifestamente infondato in quanto il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del convincimento, ritenendo di non poter considerare lieve l’entità dell’offesa arrecata dal ricorrente al bene giuridico tutelato, stante la considerevole quantità di documenti falsi rinvenuti nella sua abitazione;
Considerato che il quarto ed ultimo motivo di ricorso, che contesta l’eccessività della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 13 cod. pen. Nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto
attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, particolare pag. 5 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 ottobre 2025