Dispositivo e Motivazione: La Cassazione Chiarisce Quando la Ragione Prevale sull’Errore
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione Penale offre un’importante lezione sul rapporto tra dispositivo e motivazione di una sentenza, stabilendo un principio fondamentale per la correzione degli errori materiali. Il caso in esame riguardava un ricorso contro una condanna per reati legati agli stupefacenti, ma il fulcro della decisione si è concentrato su una discrepanza tra la pena annunciata nella parte decisionale (dispositivo) e quella argomentata nel corpo del testo (motivazione). Approfondiamo l’analisi della Corte.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato per traffico di sostanze stupefacenti, proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Le doglianze del ricorrente si basavano su due punti principali: un presunto vizio di motivazione riguardo alla mancata esclusione della recidiva e una violazione di legge derivante da un contrasto tra il dispositivo e la motivazione della sentenza di primo grado.
Nello specifico, la sentenza del Tribunale riportava nel dispositivo una condanna a un anno di reclusione, mentre nella parte motivazionale la pena era stata determinata e argomentata in un anno e sei mesi. La difesa sosteneva che dovesse prevalere il dispositivo, in quanto atto che cristallizza la volontà del giudice.
Il Contrasto tra Dispositivo e Motivazione: L’Analisi della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure manifestamente infondate e riproduttive di questioni già correttamente risolte dalla Corte d’Appello. Il punto di maggior interesse giuridico riguarda la gestione del contrasto tra dispositivo e motivazione. La Corte ha richiamato un principio consolidato, secondo cui la regola della prevalenza assoluta del dispositivo vale solo quando quest’ultimo viene formato e letto in udienza separatamente e prima della stesura della motivazione.
Quando, invece, dispositivo e motivazione sono redatti e pubblicati contestualmente in un unico documento, come nel caso di specie, essi costituiscono un’unità logico-giuridica. Di conseguenza, è pienamente legittimo interpretare, integrare o correggere un errore materiale presente nel dispositivo basandosi sul percorso argomentativo chiaramente espresso nella motivazione.
La Decisione della Corte
In applicazione di tale principio, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte territoriale di considerare la pena effettivamente inflitta quella di un anno e sei mesi, come indicato nella motivazione, e non quella di un anno, riportata per mero errore materiale nel dispositivo. La Corte ha quindi ordinato la correzione del dispositivo della sentenza di primo grado.
È interessante notare che, proprio in considerazione dell’errore materiale commesso dal primo giudice, la Corte ha ritenuto equo non condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali, nonostante l’inammissibilità del ricorso.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri.
La Questione della Recidiva
La Corte ha ritenuto infondata la censura sulla recidiva, sottolineando come il ricorrente fosse stabilmente dedito al traffico di stupefacenti, con numerose e gravi condanne pregresse che avevano già portato alla sua espulsione dal territorio nazionale. Le continue violazioni dei provvedimenti di allontanamento e la persistenza nell’attività criminosa dimostravano, secondo i giudici, una ‘perdurante inclinazione al delitto’ e una pericolosità sociale tale da giustificare ampiamente il mancato riconoscimento delle attenuanti e la conferma della recidiva.
La Correzione dell’Errore Materiale nel Dispositivo
Il cuore della motivazione risiede nel principio di interpretazione contestuale. La Corte ha spiegato che la volontà del giudice non si esaurisce nel solo dispositivo, ma emerge dall’intero corpo della sentenza. Se la motivazione argomenta in modo chiaro e inequivocabile la determinazione di una specifica pena (un anno e sei mesi), una diversa indicazione numerica nel dispositivo, non supportata da alcun ragionamento, non può che essere qualificata come un errore materiale. L’interpretazione sistematica dell’atto giudiziario consente di superare la discrepanza, facendo prevalere la volontà effettiva del giudice come emerge dal percorso logico-giuridico della motivazione.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: la sentenza è un atto unitario e la sua interpretazione deve essere coerente e logica. Un evidente errore materiale nel dispositivo non può vanificare il processo decisionale meticolosamente descritto nella motivazione, specialmente quando i due elementi sono redatti contestualmente. La decisione offre quindi una garanzia di ragionevolezza, assicurando che la sostanza del giudizio prevalga su meri errori di trascrizione, salvaguardando così la coerenza e la giustizia della decisione finale.
Quando è possibile correggere il dispositivo di una sentenza sulla base della sua motivazione?
È possibile quando il dispositivo e la motivazione sono formati e pubblicati contestualmente in un unico documento. In questo caso, è legittimo interpretare, integrare o correggere un errore materiale del dispositivo sulla base del ragionamento espresso nella motivazione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate sono state ritenute manifestamente infondate e riproduttive di profili già adeguatamente esaminati e respinti con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello.
Quali elementi ha considerato la Corte per confermare la recidiva dell’imputato?
La Corte ha considerato che l’imputato era stabilmente dedito al traffico di sostanze stupefacenti, come dimostrato da numerose e gravi condanne, che aveva più volte violato i provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale e che le sue condotte indicavano una perdurante inclinazione al delitto e un percorso delinquenziale mai interrotto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20917 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20917 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione e della violazione di legge in relazione agli artt. 132, 133, 99 cod. pen. e all’art. 546 cod. proc. pen. – perché manifestamente infondate.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello di Firenze con la sentenza impugnata.
Invero, in detta pronuncia si evidenzia, con riguardo alla mancata esclusione della recidiva, che: – il ricorrente è stabilmente dedito al traffico di sostanz stupefacenti, come si evince da numerose e gravi condanne in forza delle quali era stato già espulso dal territorio nazionale; – le condotte criminose tenute in materia di stupefacenti da COGNOME, il quale ha più volte violato i provvedimenti di allontanamento adottati nei suoi confronti, sono indicative di una perdurante inclinazione al delitto e di un percorso delinquenziale mai interrotto; – di conseguenza, è ravvisabile un legame tra i fatti pregressi con quello più recente tale da far ritenere sussistente una più intensa pericolosità in capo al medesimo, proprio in ragione delle inefficaci risposte alla comminatoria penale.
Quanto al secondo motivo relativo al contrasto tra il dispositivo e la motivazione della sentenza di primo grado in merito alla pena irrogata, la Corte territoriale, lungi dal non affrontare la questione specifica, come da doglianza difensiva, rileva la sussistenza di un errore materiale nel dispositivo, nel quale è stata indicata la pena complessiva di un anno anziché quella di un anno e sei mesi indicata in motivazione e argomentata, da ritenersi quella inflitta.
A tale ultimo riguardo, premesso che la motivazione della sentenza di primo grado è contestuale, si osserva che il principio per cui l’atto che estrinseca la volontà del giudice è solo il dispositivo, che non può subire modifiche, integrazioni o sostituzioni con la motivazione, è valido solo quando il dispositivo è formato e pubblicato in udienza prima della redazione della motivazione e non, invece, quando dispositivo e motivazione sono formati e pubblicati contestualmente in un unico documento, con la conseguenza che, in tal caso, è pienamente legittimo interpretare o anche integrare il dispositivo sulla base della motivazione (Sez. 4, n. 48766 del 24/10/2019, Pelusi, Rv. 277874).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che si ritiene equo – considerato l’errore materiale compiuto dal primo Giudice che va corretto come da dispositivo – non condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali né all’ammenda.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e ordina la correzione del dispositivo della sentenza emessa dal Tribunale di Pistoia in data 4 dicembre 2020 nel senso che la pena inflitta è pari ad anni uno e mesi sei di reclusione.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.