Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38856 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38856 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/05/2024 del TRIBUNALE di PISTOIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto o la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
ì
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 28 maggio 2024 il Tribunale di Pistoia, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza presentata da NOME per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i delitti giudicati con due diverse sentenze, relativi a furti commessi in data 04/06/2018 e a ricettazioni commesse in data anteriore al 18/05/2018.
Il Tribunale ha ritenuto non sussistente un unico disegno criminoso, formulato sin dalla commissione del primo delitto, vista la eterogeneità dei titoli di reato, la distanza spaziale, la presenza di concorrenti diversi. Con una sentenza, infatti, l’istante è stato condannato per vari furti commessi con violenza sulle cose, in concorso con un terzo, e la ricettazione delle autovetture usate per tali azioni; con l’altra è stato condannato per la ricettazione, in concorso con una diversa complice, di beni di varia natura rubati da altri, condotte queste ultime che non potevano, perciò, essere programmate in anticipo. L’unica causale della finalità di profitto non è stata valutata sufficient per ritenere provata l’unicità di disegno criminoso.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione.
La motivazione è errata laddove l’ordinanza esclude la continuazione per l’eterogeneità dei reati, trattandosi, in entrambe le sentenze, di delitti contro i patrimonio e di natura analoga, cioè furti e ricettazioni; inoltre non vi è la affermata diversità spaziale, perché le ricettazioni sono state accertate in Montecatini Terme, ma hanno ad oggetto beni sottratti nel territorio fiorentino, quindi nello stesso territorio di consumazione dei furti, e beni sottratti con le stesse modalità dei furti giudicati con la seconda sentenza, cioè rompendo la vetrina di esercizi commerciali. Inoltre è illogica l’affermazione che le ricettazioni di beni rubati da terzi non possono essere oggetto di una programmazione, perché l’istituto della continuazione presuppone una programmazione solo generica, che può riguardare, quindi, la decisione di acquisire qualunque tipo di bene sottratto da altre persone. La medesima causale del fine di profitto, poi, non può da sola giustificare il riconoscimento della continuazione, ma può costituire un elemento che, insieme agli altri evidenziati dal ricorrente, cioè la contiguità spazio-temporale e l’analogia delle condotte, dimostra la sussistenza dell’istituto richiesto.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso o la declaratoria della sua inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
Il giudice dell’esecuzione si è conformato al principio di questa Corte, secondo cui «il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
2.1. Esaminando la sussistenza di tali indici l’ordinanza evidenzia, in termini negativi, la distanza nel tempo e nello spazio tra i vari delitti e, soprattutto, loro eterogeneità, ritenendoli elementi che rendono impossibile ipotizzare che, all’epoca di consumazione delle varie ricettazioni, il ricorrente avesse già programmato, quanto meno nelle loro linee essenziali, la commissione di alcuni furti, da eseguire insieme ad un complice diverso da colei con cui ha commesso i reati di ricettazione, ed agendo con modalità molto particolari, del tutto prive di collegamento con le modalità attuative delle condotte precedenti. La valutazione del giudice dell’esecuzione, secondo cui tali elementi dimostrano una generica scelta di vita, quella di procurarsi un profitto commettendo reati contro il patrimonio progettati e attuati secondo le contingenze del momento, e non dimostrano l’esecuzione di un unico disegno criminoso ideato sin dall’inizio, è pertanto logica e fondata su elementi concreti.
L’affermazione del ricorrente, secondo cui l’unicità del disegno criminoso sarebbe deducibile dalla appartenenza dei vari delitti alla tipologia dei reati contro il patrimonio, e dalle modalità di consumazione dei furti costituenti il reato presupposto di quelli di ricettazione, in quanto analoghe a quelle dei furti poi commessi da lui stesso, è errata. L’appartenenza di tutti i delitti al genus dei reati contro il patrimonio dimostra solo l’inclinazione del ricorrente a vivere commettendo quella tipologia di delitti, e le modalità con cui vengono commessi i
reati presupposto della ricettazione è, palesemente, un elemento del tutto irrilevante, non incidendo, su di esse, la volontà e la condotta del ricettatore.
La medesima finalità di profitto costituisce solo il movente dei vari delitti: i movente, però, rappresenta la spinta che determina il soggetto a commettere il singolo reato, anche in modo occasionale e dettato da particolari contingenze, mentre la continuazione richiede la programmazione e l’ideazione originaria dei vari reati, sin dal primo delitto. Questa Corte ha più volte affermato che «ai fini dell’accertamento della sussistenza della continuazione, non bisogna avere riguardo agli intenti perseguiti dall’autore delle diverse azioni delittuose, ma è invece necessario che le singole violazioni di legge siano tutte rapportabili ad un unico atto volitivo, ossia che tali violazioni siano state tutte previste e deliberat come momenti di attuazione di un programma preventivamente ideato ed elaborato nelle sue linee essenziali. L’identità del movente è insufficiente a configurare la medesimezza del disegno criminoso, che non va confuso con il generico proposito di commettere reati o con la scelta di una condotta di vita fondata sul delitto» (Sez. 1, n. 785 del 06/02/1996, Rv. 203987).
Deve ribadirsi, pertanto che la mera decisione di mantenersi commettendo reati che consentano di procurarsi denaro o altri mezzi di sostentamento non costituisce una programmazione specifica e concreta di delitti uniti dal medesimo disegno criminoso, bensì rappresenta una scelta di vita delinquenziale, venendo poi le singole condotte decise ed attuate in modo occasionale, a seconda delle opportunità.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve perciò essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 27 settembre 2024
Il Consigliere estensore