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Disegno criminoso: no alla continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore che chiedeva il riconoscimento del disegno criminoso tra reati di diversa natura (fiscali, contro il patrimonio e contro l’amministrazione della giustizia) commessi in un arco temporale di otto anni. La Corte ha confermato la decisione del giudice dell’esecuzione, stabilendo che la notevole distanza temporale e l’eterogeneità dei delitti escludono un’unica programmazione iniziale, configurando piuttosto una scelta di vita delinquenziale basata su decisioni estemporanee.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso Unico: La Cassazione Nega la Continuazione tra Reati Diversi

Il concetto di disegno criminoso rappresenta un elemento cruciale nel diritto penale italiano, poiché consente di applicare il più favorevole istituto della continuazione tra reati. Tuttavia, la sua sussistenza richiede una rigorosa verifica di specifici indicatori. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questi principi, negando il beneficio a un soggetto condannato per una serie di delitti eterogenei commessi in un ampio arco temporale. Analizziamo la decisione per comprendere i criteri distintivi tra un piano unitario e una mera abitudine al crimine.

I Fatti di Causa: Una Serie Eterogenea di Reati nel Tempo

Il caso riguarda un individuo che aveva presentato istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati giudicati con cinque sentenze diverse. I reati, commessi tra il 2009 e il 2017, erano di natura molto differente: spaziavano dai reati fiscali a quelli contro il patrimonio, fino a delitti contro l’amministrazione della giustizia. L’istante sosteneva che tutti i crimini fossero stati commessi nell’ambito della sua attività lavorativa, utilizzando le sue aziende come strumento per realizzarli.

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta, evidenziando come la notevole distanza temporale, la diversità della natura dei reati e le differenti modalità di esecuzione fossero incompatibili con un unico disegno criminoso formulato sin dall’inizio. Secondo il giudice, le condotte erano piuttosto espressione di un’abitualità criminosa e di una scelta di vita delinquenziale.

L’Argomentazione del Ricorrente e il Ricorso in Cassazione

Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo la difesa, il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato le sentenze di condanna, dalle quali sarebbe emersa l’unicità del piano. L’uso costante dello strumento aziendale per commettere i reati dimostrerebbe, a suo dire, che le condotte non erano occasionali, ma elementi di un unico progetto criminoso. Inoltre, il ricorrente ha criticato il giudice per non aver acquisito d’ufficio i documenti necessari a formare il proprio convincimento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. La decisione si allinea pienamente ai principi consolidati dalla giurisprudenza, in particolare quella delle Sezioni Unite.

Stile di Vita Delinquenziale vs. Disegno Criminoso

Il punto centrale della motivazione risiede nella netta distinzione tra un disegno criminoso e uno stile di vita orientato al delitto. La Corte ha sottolineato che, per riconoscere la continuazione, non è sufficiente un generico proposito di commettere reati o un movente economico comune. È necessario, invece, che i reati successivi al primo fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, sin dall’inizio, come parte di un programma unitario.

Nel caso specifico, gli Ermellini hanno ritenuto logica e corretta la valutazione del Tribunale. La rilevante distanza temporale (il primo reato, una calunnia, risaliva al 2009, mentre gli altri si collocavano tra il 2013 e il 2017) e la loro palese eterogeneità rendevano impossibile ipotizzare una programmazione unitaria. Le azioni delittuose apparivano piuttosto come risposte a difficoltà economiche contingenti e a circostanze favorevoli, frutto di determinazioni estemporanee e non di un piano prestabilito.

L’Irrilevanza del Movente Generico

La difesa aveva individuato il presunto piano unitario nella volontà di “procurarsi denaro dagli ignari clienti dell’agenzia per indirizzarlo al proprio profitto”. La Cassazione ha smontato questa tesi, qualificandola come una spiegazione che, anziché provare un disegno criminoso, confermava la valutazione del giudice di merito: i delitti erano frutto di uno stile di vita delinquenziale, privo di una programmazione unitaria. L’identità del movente, ha ribadito la Corte, è insufficiente a configurare la medesimezza del disegno criminoso.

Conclusioni

La sentenza si chiude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione rafforza un principio fondamentale: per l’applicazione del beneficio della continuazione, sono necessari indicatori concreti e specifici, quali l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spazio-temporale e la prova di un programma deliberato sin dall’inizio. Una generica propensione a delinquere o la semplice ricerca di un profitto economico non bastano a integrare i requisiti del disegno criminoso, che rimane un istituto da applicare con rigore per evitare di confonderlo con una semplice, seppur persistente, carriera criminale.

Quando più reati possono essere considerati parte di un unico disegno criminoso?
Secondo la Corte, ciò avviene quando i reati successivi al primo sono stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, fin dal momento della commissione del primo, come momenti di attuazione di un unico piano preventivamente ideato.

La presenza di un movente economico comune è sufficiente a dimostrare la continuazione tra reati?
No. La sentenza chiarisce che l’identità del movente (come il generico proposito di arricchirsi) è insufficiente a configurare la medesimezza del disegno criminoso, che non va confuso con una generica scelta di vita fondata sul delitto.

Quali elementi possono escludere l’esistenza di un unico disegno criminoso?
La Corte evidenzia che una notevole distanza temporale tra i delitti, la loro eterogeneità (cioè la diversità della loro natura, ad esempio reati fiscali e reati contro il patrimonio) e le diverse modalità di esecuzione sono forti indicatori che rendono impossibile ipotizzare un’unica programmazione iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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