Discrezionalità del Giudice: i Limiti del Controllo sulla Pena
Quando un giudice emette una condanna, come stabilisce l’esatta entità della pena? Questa ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come funziona la discrezionalità del giudice e perché non sia facile contestare una pena in ultima istanza. Il caso riguarda un imputato che, dopo una condanna in appello a sei mesi di reclusione, ha tentato di ottenere uno ‘sconto’ in Cassazione, lamentando una motivazione insufficiente da parte dei giudici di merito. Vediamo come è andata a finire e quali principi sono stati ribaditi.
I Fatti del Processo
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello a una pena di sei mesi, ha presentato ricorso per cassazione. Il suo difensore ha sostenuto che i giudici d’appello avessero violato gli articoli 132 e 133 del codice penale, che regolano appunto i criteri per la determinazione della pena. In sostanza, la difesa lamentava un vizio di motivazione: la sentenza non avrebbe spiegato adeguatamente perché fosse stata inflitta una pena di quell’entità, seppur di poco superiore al minimo previsto dalla legge.
La Decisione della Corte e la Discrezionalità del Giudice
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado, a meno che la loro decisione non sia palesemente illogica o priva di motivazione.
Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la sentenza d’appello aveva una motivazione solida. La pena, di poco superiore al minimo, era stata giustificata sulla base di elementi concreti e pertinenti, quali:
* La personalità negativa dell’imputato, desunta dai suoi numerosi precedenti penali, anche specifici.
* L’entità del fatto di reato.
* La condotta minacciosa tenuta non solo verso gli agenti, ma anche verso i passanti.
Il ricorso, secondo la Suprema Corte, non si confrontava con queste specifiche ragioni, ma si limitava a chiedere una nuova e più favorevole valutazione, cosa non permessa nel giudizio di legittimità.
I Parametri per la Graduazione della Pena e la Discrezionalità del Giudice
Gli articoli 132 e 133 del codice penale forniscono al giudice una ‘cassetta degli attrezzi’ per esercitare la sua discrezionalità. L’articolo 133, in particolare, elenca una serie di indici (la gravità del danno, l’intensità del dolo, i motivi a delinquere, il carattere del reo) che devono guidare il giudice nella sua scelta. La Corte di Cassazione ha ribadito che, quando il giudice di merito dimostra di aver tenuto conto di questi parametri e fornisce una giustificazione coerente, la sua decisione sulla misura della pena diventa insindacabile.
Le motivazioni
La Corte Suprema ha ritenuto il motivo del ricorso inammissibile in quanto non si confrontava con la specifica motivazione della sentenza impugnata. I giudici di merito avevano chiaramente indicato le ragioni per cui la pena era stata fissata in sei mesi di reclusione, un valore di poco superiore al minimo edittale. Tali ragioni risiedevano nella personalità negativa dell’imputato, come evidenziato dai suoi numerosi precedenti penali (anche per reati della stessa natura), dalla gravità del reato commesso e dalla condotta minacciosa estesa anche a semplici passanti. La Corte ha inoltre richiamato il suo orientamento consolidato, secondo cui la determinazione della pena è un esercizio di discrezionalità del giudice di merito, fondato sui principi degli artt. 132 e 133 c.p. Pertanto, una censura che miri semplicemente a una nuova valutazione della congruità della pena, senza individuare un vizio logico o giuridico nella motivazione, è inammissibile nel giudizio di cassazione.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: non basta ritenere una pena ‘troppo alta’ per ottenere una sua riduzione in Cassazione. È necessario dimostrare che il giudice di merito ha commesso un errore nell’applicare la legge o che la sua motivazione è manifestamente illogica o contraddittoria. La discrezionalità del giudice, se esercitata correttamente e supportata da una giustificazione adeguata basata su elementi concreti, è sovrana nella determinazione della pena. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo a pagare le spese processuali, ma anche una somma in favore della Cassa delle ammende, a sottolineare l’infondatezza del suo ricorso.
È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta semplicemente ‘troppo alta’?
No, non è possibile se la contestazione si limita a una valutazione di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di primo o secondo grado sulla congruità della pena. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra un vizio di legge o un difetto logico-giuridico nella motivazione della sentenza.
Quali elementi ha considerato il giudice d’appello per giustificare la pena?
Il giudice ha giustificato la pena, di poco superiore al minimo, basandosi su tre elementi principali: la personalità negativa dell’imputato, desunta dai suoi numerosi e specifici precedenti penali; la gravità del fatto di reato accertato; la condotta minacciosa tenuta non solo contro gli agenti ma anche verso i passanti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non si confrontava con le specifiche argomentazioni della sentenza impugnata. Invece di contestare la logicità delle motivazioni fornite dalla Corte d’Appello, si limitava a chiedere una nuova valutazione sulla misura della pena, un’attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31585 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31585 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GENOVA il 11/05/1977
avverso la sentenza del 26/11/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che, con unico motivo, il difensore di NOME COGNOME deduce la violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen. e il vizio della motivazione, in quanto la Corte di appello di Genova non avrebbe motivato in ordine all’entità della pena inflitta;
Ritenuto che il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, che ha irrogato la pena di sei mesi di reclusione, di poco superiore al minimo edittale, in ragione della personalità negativa dell’imputato, quale desunta dai numerosi precedenti penali, anche specifici e dell’entità del fatto di reato accertato e della condotta minacciosa tenuta dall’imputato non soltanto nei confronti degli agenti operanti ma anche dei passanti (pag. 3 della sentenza impugnata);
Considerato, inoltre, che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena (Sez. 3, n. 1182 del 1182 del 17/10/2007, dep. 2008, Rv. 238851 – 01);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 luglio 2025.