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Differenza estorsione esercizio arbitrario: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 36180/2024, ha confermato la condanna per estorsione a carico di diversi soggetti che, tramite violenze e minacce, avevano costretto gli ex amministratori di una società sull’orlo del fallimento a consegnare loro denaro. La Corte ha chiarito la differenza tra estorsione ed esercizio arbitrario, specificando che si configura il reato più grave di estorsione quando la pretesa economica, pur avanzata da chi si ritiene creditore, si fonda su una causa illecita e non è quindi tutelabile in giudizio. Nel caso di specie, la pretesa nasceva dal ruolo di “prestanome” assunto da uno degli imputati per una società prossima al fallimento, un accordo fraudolento che rendeva la richiesta di denaro non giuridicamente azionabile.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Differenza Estorsione Esercizio Arbitrario: Il Criterio della Causa Illecita

La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 36180 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la differenza tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni. La pronuncia offre un’analisi dettagliata del criterio distintivo, individuato nella natura della pretesa avanzata dall’agente. Se la richiesta, pur violenta o minacciosa, si fonda su una causa illecita e quindi non tutelabile in sede giudiziaria, si configura il più grave reato di estorsione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di quattro persone per il reato di estorsione aggravata e continuata. I fatti riguardavano la cessione delle quote di una società di costruzioni, ormai sull’orlo del fallimento, dai precedenti amministratori a una degli imputati, che aveva accettato di assumere il ruolo di “testa di legno” o prestanome.

Successivamente a tale operazione, la nuova amministratrice, insieme agli altri co-imputati, aveva iniziato a pretendere somme di denaro e altri beni dai vecchi soci, sostenendo di dover essere risarcita per il danno subito a causa del subitaneo fallimento della società. Tali richieste venivano avanzate con ripetute intimidazioni, minacce e violenze fisiche.

La Differenza tra Estorsione ed Esercizio Arbitrario secondo la Cassazione

I difensori degli imputati hanno basato il loro ricorso in Cassazione sulla riqualificazione del fatto dal reato di estorsione a quello, meno grave, di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.). Sostenevano, infatti, che l’agente principale agisse nella convinzione di esercitare un proprio diritto al risarcimento.

La Suprema Corte, richiamando la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite “Filardo” del 2020, ha respinto questa tesi. Il discrimine tra i due reati, chiariscono i giudici, risiede nell’astratta tutelabilità della pretesa davanti a un’autorità giudiziaria.

– Si ha esercizio arbitrario quando il soggetto agisce per tutelare un diritto che, almeno in astratto, potrebbe essere fatto valere in un’aula di tribunale. L’agente si sostituisce al giudice, ma la pretesa ha una sua potenziale base legale.
– Si ha estorsione, invece, quando la pretesa è totalmente arbitraria, priva di qualsiasi legittimazione giuridica o, come nel caso di specie, si fonda su una “causa illecita”. L’agente sa di non avere alcun diritto da rivendicare e agisce al solo scopo di ottenere un profitto ingiusto.

Il Concorso dell’Extraneus nel Reato

La sentenza affronta anche la posizione degli altri co-imputati, che non erano i diretti titolari della pretesa economica. La difesa sosteneva che la loro partecipazione dovesse essere inquadrata nel concorso nel reato di esercizio arbitrario. La Corte ha rigettato anche questo motivo, stabilendo che, data la natura illecita della pretesa principale, la condotta di tutti i concorrenti doveva necessariamente essere inquadrata nel delitto di estorsione. L’interesse dei concorrenti, pur derivando da un presunto credito verso l’imputata principale, si trasformava in un movente per partecipare a un’azione estorsiva, finalizzata a ottenere denaro che sapevano non essere legalmente dovuto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto le argomentazioni della Corte d’Appello pienamente corrette. La pretesa risarcitoria avanzata dall’imputata principale non aveva alcuna base legale, poiché traeva origine da un patto illecito: l’accettazione di un incarico di “testa di legno” al fine di eludere le conseguenze civili, tributarie e penali del fallimento imminente della società. Una tale pretesa, fondata su una condotta in frode alla legge, è intrinsecamente “contra ius” e non può trovare alcuna tutela nell’ordinamento giuridico.

Di conseguenza, l’uso della violenza e della minaccia per costringere le vittime a pagare non poteva che integrare il delitto di estorsione. La Corte ha quindi dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati, confermando le loro condanne. Per un quarto imputato, la Corte ha annullato parzialmente la sentenza, escludendo la sua partecipazione a uno specifico episodio e rideterminando lievemente la pena, ma confermando nel resto la sua responsabilità per concorso in estorsione.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per comprendere la differenza tra estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni: la chiave di volta è la legittimità della pretesa. Non è sufficiente che l’agente creda di avere un diritto; è necessario che tale diritto sia, almeno in astratto, suscettibile di essere riconosciuto da un giudice. Se la pretesa è manifestamente infondata, illegittima o, come in questo caso, derivante da un accordo fraudolento, l’autotutela violenta si trasforma in una condotta estorsiva, con conseguenze penali decisamente più gravi.

Qual è il criterio decisivo per distinguere l’estorsione dall’esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
Il criterio decisivo è la possibilità di tutelare giuridicamente la pretesa avanzata. Se la pretesa è astrattamente azionabile in giudizio, si può configurare l’esercizio arbitrario. Se invece la pretesa è priva di qualsiasi base legale o fondata su una causa illecita, si configura il reato di estorsione.

Una pretesa basata su un accordo illecito può essere considerata legittima ai fini dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
No. La sentenza chiarisce che una pretesa che si fonda su una causa illecita, come quella derivante dall’aver accettato il ruolo di “prestanome” per una società in fallimento, non è giuridicamente tutelabile. Pertanto, l’uso della forza per farla valere integra il delitto di estorsione e non quello di esercizio arbitrario.

Un terzo che non è titolare del diritto può concorrere nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
Sì, le Sezioni Unite hanno chiarito che il terzo (extraneus) può concorrere nel delitto di esercizio arbitrario, a condizione che non agisca per un interesse proprio ed ulteriore rispetto a quello del titolare del diritto. Tuttavia, se la pretesa del titolare è illecita, anche il concorso del terzo si configurerà nel più grave reato di estorsione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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