Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17976 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 7 Num. 17976 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME nato a NOVARA il 10/01/1984
avverso la sentenza del 28/05/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria in data 28 maggio 2024, di conferma della sentenza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria il 29 marzo 2019, con la quale è stato condannato alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, poiché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione della legge penale processuale, con riferimento all’art. 63 cod. proc. pen., non è manifestamente infondato, in quanto la polizia giudiziaria, dopo aver rinvenuto un bilancino di precisione in una abitazione in uso al COGNOME ed alla nonna, procedeva alla perquisizione di altri due immobili, nel secondo dei quali, adibito ad essiccatoio, si rinveniva lo stupefacente.
In quest’ultimo immobile veniva altresì rinvenuto del cibo per cani, cosa che induceva la polizia giudiziaria a ritenere che fosse in uso al ricorrente (p. 3 sentenza del Tribunale).
A quel punto il COGNOME fu interpellato due volte: la prima volta escludeva di avere la disponibilità dell’immobile; la seconda, a seguito delle dichiarazioni della nonna che invece sottolineava come l’immobile fosse in uso anche al ricorrente, ammetteva la paternità della sostanza.
2.1. Ciò posto, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, quindi al di là del riscontro di indici formali, come l’eventuale già intervenuta iscrizion nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attribuibilità al dichiarante della qual di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584 – 01; conf., Sez. 5, n. 39498 del 25/06/2021, COGNOME, Rv. 282030 – 01; Sez. 6, n. 20098 del 19/04/2016, COGNOME, Rv. 267129 – 01).
Nella specie, lo stesso Tribunale ha sottolineato come i carabinieri, ancor prima delle ammissioni del ricorrente, avessero raccolto elementi di prova tali da ricondurre a quest’ultimo la disponibilità dei luoghi in cui fu rinvenuto lo stupefacente (p. 3 sentenza di primo grado).
Va quindi richiamato l’orientamento di legittimità, che il Collegio condivide, secondo il quale sono utilizzabili nella fase procedinnentale, e dunque nell’incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, le dichiarazioni spontanee che la persona sottoposta alle indagini abbia reso – in assenza di difensore ed in difetto degli avvisi di cui all’art. 64 cod. proc. pen. – alla polizia giudiziaria ai sensi dell’art.
comma 7, cod. proc. pen., purché emerga con chiarezza che la medesima abbia scelto
di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione (cfr., Sez. 2, n. 22962 del 31/05/2022, COGNOME, Rv. 283409 – 01; Sez. 4, n. 2124 del 27/10/2020,
dep. 2021, COGNOME, Rv. 280242 – 01; Sez. 1, n. 15197 del 08/11/2019, dep. 2020,
COGNOME Rv. 279125 – 01; Sez. 3, n. 20466 del 03/04/2019, S., Rv. 275752 – 01;
Sez. 2, n. 14320 del 13/03/2018, COGNOME, Rv. 272541 – 01).
Nella specie, l’esistenza di una simile (e ripetuta) sollecitazione, genericamente esclusa dalla Corte territoriale, appare invece ben delineata dalla sentenza del
Tribunale (p. 4).
Pertanto, il motivo non può dirsi inammissibile e, in assenza delle condizioni di cui all’art. 129 cod. proc. pen. (in ragione degli elementi acquisti a prescindere dalle
dichiarazioni del ricorrente), il reato deve essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione, con assorbimento del secondo motivo di ricorso; costituisce infatti
ius receptum
il principio secondo il quale la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto
di cui all’art. 131-bis cod. pen., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito più favorevole per l’imputato, mentre la seconda lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica (Sez. 1, n. 43700 del 28/09/2021, COGNOME, Rv. 282214 – 01; Sez. 6, n. 11040 del 27/01/2016, Calabrese, Rv. 266505 – 01).
Va infatti evidenziato che il termine di 7 anni e 6 mesi, calcolato a partire dal 9 marzo 2017 (poiché si procede per il solo reato di cui al capo A), ed incrementato di 186 giorni di sospensione (dal 13 luglio al 16 novembre 2017, per giorni 126; dal 7 dicembre 2018, per giorni 60, trattandosi di rinvio per legittimo impedimento del difensore), è interamente decorso alla data del 14 marzo 2025.
2.2. L’applicazione di principi di diritto consolidati e la non particolar complessità delle questioni consigliano la redazione della motivazione in forma semplificata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025