Determinazione della Pena: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La corretta determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice deve bilanciare la gravità del reato con la personalità del condannato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come i motivi di ricorso su questo punto debbano essere specifici e non meramente ripetitivi, pena la loro inammissibilità. Analizziamo il caso per comprendere i principi affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Un soggetto condannato in primo e secondo grado ricorreva in Cassazione, contestando esclusivamente la correttezza della motivazione relativa alla determinazione della pena. La Corte d’Appello aveva confermato la decisione del Tribunale, applicando un aumento di pena per ciascuno dei tre reati contestati, ritenendolo congruo e persino mite alla luce della situazione complessiva.
La Decisione della Corte di Cassazione e la determinazione della pena
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’unico motivo presentato dal ricorrente era ‘meramente reiterativo’, ovvero si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio. Inoltre, il ricorso è stato giudicato ‘privo di confronto con l’apparato argomentativo’ della sentenza impugnata e, di conseguenza, ‘manifestamente infondato’.
L’Importanza della Specificità del Ricorso
La decisione sottolinea un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Per questo motivo, non è sufficiente lamentare genericamente l’entità della pena, ma è necessario contestare in modo specifico le ragioni esposte dal giudice di merito, evidenziando eventuali vizi logici o violazioni di legge.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello ‘ampia e logicamente corretta’. I giudici di merito avevano giustificato l’aumento di pena richiamando esplicitamente gli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale. In particolare, avevano valorizzato i ‘numerosi e gravissimi precedenti’ dell’imputato e la sua ‘inequivoca inclinazione al delitto’. Secondo la Cassazione, questa valutazione era non solo adeguata ma anche ponderata, definendo l’aumento di pena come ‘equo, ed anzi mite’. L’assenza di una critica specifica e puntuale a questa solida motivazione ha reso il ricorso inevitabilmente inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce che per contestare efficacemente la determinazione della pena in Cassazione, è indispensabile formulare censure specifiche che si confrontino direttamente con la motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso generico, che si limita a riproporre le medesime doglianze senza argomentare sui vizi specifici del provvedimento, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, aggravando la posizione del ricorrente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché considerato meramente ripetitivo di argomenti già esaminati, privo di un confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata e, di conseguenza, manifestamente infondato.
Quali elementi ha considerato il giudice per la determinazione della pena?
Il giudice ha basato la sua decisione sui numerosi e gravi precedenti penali del ricorrente e sulla sua inequivocabile inclinazione a delinquere, applicando i criteri di valutazione previsti dall’articolo 133 del codice penale.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, oltre alla definitiva conferma della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44853 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44853 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ACQUAVIVA DELLE FONTI il 02/06/1956
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME COGNOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione in ordine alla determinazione della pena, è meramente reiterativo, privo di confronto con l’apparato argomentativo e manifestamente infondato;
che, invero, la motivazione della sentenza impugnata sul punto risulta ampia e logicamente corretta: a p. 3 della sentenza impugnata, confermando le conclusioni di primo grado, si stima equo, ed anzi mite, l’aumento in continuazione rispetto a sentenza già definitiva, compiutamente già specificato (cfr. p. 3 della sentenza del Tribunale) in ragione di un anno di reclusione per ciascuno dei tre reati contestati, richiamando gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. e stigmatizzando in particolare i numerosi e gravissimi precedenti e la inequivoca inclinazione al delitto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2024
Il Consigliere COGNOME