Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23005 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23005 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 21/08/2003
avverso la sentenza del 14/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe lamentando violazione di legge e vizio motivazionale in punto di affermazione di responsabilità, mancando a dire del difensore ricorrente elementi certi in relazione alla destinazione a terzi della droga caduta in sequestro. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare della destinazione allo spaccio, sottolineando come non possa avere pregio la tesi difensiva fondata sul mancato rinvenimento di strumenti necessari all’attività di cessione, circostanza che non consentirebbe di ritenere provata l’attività di detenzione ai fini di spaccio, atteso che le indagini svolte hanno permesso di appurare che l’imputato, irregolare sul territorio, non svolgeva alcuna attività lavorativa. La mancata indicazione di risorse atte a giustificare un siffatto accumulo di stupefacente (all’imputato sono stati sequestrati due panetti di sostanza stupefacente (poi accertato trattarsi di hashish) che deteneva all’interno del proprio zaino ove erano anche custoditi dei documenti a lui appartenenti) consente di agevolmente desumere che gli derivassero, così come i mezzi per il suo sostentamento, dall’attività illecita contestata.
Sul punto la Corte territoriale richiama conferentemente i dicta di Sez. 3 n. 24651/2023 e di Sez. 4, n. 4614/1997 secondo cui la prova della finalità di spaccio può essere ricavata, come per qualsiasi altro elemento di prova, da qualsiasi dato, anche indiziario, che, munito dei requisiti della univocità e della certezza, consenta di inferirne la sussistenza attraverso un rigoroso procedimento logico fondato su corrette massime di esperienza.
La sentenza impugnata, inoltre, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, opera un buon governo della pluriennale giurisprudenza di questa Corte Suprema in materia di possesso di sostanze stupefacenti ad uso non esclusivamente personale.
Va ricordato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve
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R.G.
essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze ogget- tive e soggettive del fatto (cfr. Sez. 4, n. 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6,
n. 44419/2008, Rv. 241604). E questa Corte di legittimità ha costantemente af- fermato – e va qui ribadito- che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato
ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti ta- bellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 –
non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non per- sonale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori
parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rile- vanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di pre-
sentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità
meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 del
9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991).
Tuttavia, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo
non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spac- cio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, rv. 255726, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto l’illiceità penale della detenzione dell’equivalente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità economica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; conf. Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, COGNOME, Rv. 254695).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent, n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025