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DASPO di gruppo: quando è legittimo l’obbligo di firma

La Corte di Cassazione ha annullato un provvedimento di DASPO di gruppo con obbligo di firma a carico di un tifoso. La Corte ha stabilito che la mera presenza fisica all’interno di un gruppo di tifosi autore di violenze non è sufficiente a giustificare una misura restrittiva della libertà personale come l’obbligo di comparizione. È necessario un ‘fumus’, ovvero un concreto indizio di partecipazione attiva del singolo agli atti di violenza, che nel caso di specie mancava totalmente.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

DASPO di gruppo: la Cassazione stabilisce la necessità della prova individuale

Il fenomeno della violenza negli stadi è da tempo al centro dell’attenzione del legislatore, che ha introdotto strumenti come il DASPO di gruppo per contrastare le condotte illecite collettive. Tuttavia, quando a tale misura si aggiunge l’obbligo di comparizione in questura, che limita la libertà personale, quali sono i presupposti per la sua legittima applicazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10428/2025) offre un chiarimento fondamentale: la semplice presenza in un gruppo violento non è sufficiente. Occorre la prova, almeno a livello indiziario, della partecipazione attiva del singolo individuo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da scontri avvenuti in occasione di una partita di calcio. A seguito di tali eventi, il Questore emetteva un provvedimento nei confronti di diversi tifosi della squadra ospite, tra cui il ricorrente. Il provvedimento imponeva un DASPO della durata di 8 anni, il divieto di avvicinarsi allo stadio e alle zone limitrofe, e, soprattutto, l’obbligo di comparire personalmente presso la Questura per cinque anni durante lo svolgimento delle partite della propria squadra.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) convalidava il provvedimento. Il tifoso, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, sostenendo l’illegittimità della misura per mancanza di prove sulla sua attribuibilità alle condotte violente contestate e per la sproporzione dell’obbligo di una doppia firma.

La Decisione della Corte di Cassazione sul DASPO di gruppo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza di convalida del GIP e dichiarando inefficace l’obbligo di presentazione imposto dal Questore. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: la responsabilità penale (e le misure che incidono sulla libertà personale) è individuale. Non si può essere puniti per il solo fatto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, anche se in compagnia di persone che commettono reati.

Le Motivazioni: la Differenza tra Essere nel Gruppo e Partecipare alla Violenza

La Corte ha ribadito la distinzione tra il DASPO ‘semplice’, che è una misura di prevenzione di natura amministrativa, e il DASPO con obbligo di comparizione. Quest’ultimo, incidendo sulla libertà personale garantita dall’art. 13 della Costituzione, deve essere sottoposto a un ‘pieno controllo di legalità’ da parte dell’autorità giudiziaria.

Questo controllo non può essere superficiale, ma deve verificare in concreto l’esistenza dei presupposti di legge. Nel caso del DASPO di gruppo con obbligo di firma, il presupposto fondamentale è il fumus di attribuibilità delle condotte violente alla singola persona sottoposta alla misura. In altre parole, non basta dimostrare che il soggetto faceva parte di un gruppo di tifosi coinvolto in scontri, ma è necessario che emergano elementi concreti e individualizzanti che facciano presumere la sua partecipazione attiva.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato una totale assenza di tali elementi a carico del ricorrente:

1. Mancanza di segni distintivi: Non indossava indumenti della squadra.
2. Assenza di prove video: Non era stato ripreso mentre compiva atti di violenza.
3. Nessuna lesione: Non presentava ferite o ecchimosi che potessero far pensare a una sua partecipazione attiva agli scontri.
4. Nessuna influenza sul gruppo: Non vi era prova che avesse in qualche modo influenzato la decisione dell’autista del pullman di deviare dal percorso concordato con le forze dell’ordine.

In sostanza, l’unica cosa provata era la sua mera presenza fisica sul luogo. Troppo poco, secondo la Cassazione, per giustificare una misura così afflittiva come l’obbligo di presentazione in Questura.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela dei diritti individuali. Pur riconoscendo la necessità di contrastare la violenza negli stadi, la Corte di Cassazione ha riaffermato che le misure preventive che limitano la libertà personale non possono basarsi su una responsabilità ‘di gruppo’ o ‘di posizione’. Per imporre un obbligo di firma, le autorità devono fornire al giudice elementi concreti che colleghino il singolo individuo a una condotta attiva e violenta. La semplice appartenenza a una tifoseria o la presenza fisica durante disordini non può, da sola, costituire un presupposto sufficiente per comprimere un diritto fondamentale come la libertà personale.

La semplice presenza in un gruppo di tifosi violenti è sufficiente per ricevere un DASPO con obbligo di firma?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera presenza fisica in un gruppo coinvolto in disordini non è sufficiente. È necessario un ‘fumus’, ovvero un concreto indizio che dimostri la partecipazione attiva del singolo soggetto alla condotta violenta, minacciosa o intimidatoria.

Quali prove sono necessarie per legittimare un DASPO di gruppo con obbligo di comparizione?
La sentenza chiarisce che servono elementi concretamente indizianti a carico del singolo. Ad esempio, essere ripreso mentre si compiono atti di violenza, indossare abbigliamento specifico per l’azione, riportare lesioni compatibili con uno scontro, o avere un ruolo attivo nell’influenzare le azioni del gruppo. In assenza di tali elementi, la misura è illegittima.

Qual è il ruolo del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) nella convalida di un DASPO con obbligo di firma?
Il GIP deve effettuare un ‘pieno controllo di legalità’ sul provvedimento del Questore. Non deve limitarsi a una verifica formale, ma deve analizzare nel merito l’esistenza dei presupposti richiesti dalla legge, inclusa la sufficienza degli indizi a carico della singola persona per giustificare una misura che incide sulla sua libertà personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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