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Danno al socio: risarcimento personale e aziendale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14028/2024, ha stabilito un importante principio in materia di risarcimento del danno al socio. Anche se il reato principale è prescritto, la Corte ha chiarito che il socio unico di una società di capitali può richiedere un risarcimento per i danni personali, patrimoniali e morali, subiti in conseguenza di un illecito che ha danneggiato la sua azienda. Questa pretesa è autonoma e distinta rispetto al danno subito dalla società stessa.

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Danno al Socio: Quando il Risarcimento va oltre la Società

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 14028/2024 affronta un tema cruciale per imprenditori e professionisti: la distinzione tra il danno subito da una società e il danno al socio unico. La Corte ha chiarito che, anche quando un illecito colpisce direttamente il patrimonio di una S.r.l., il socio può subire un pregiudizio personale, autonomo e risarcibile, sia di natura patrimoniale che morale. Questa pronuncia consolida un principio fondamentale per la tutela della sfera giuridica personale di chi investe e opera attraverso una società di capitali.

I Fatti del Caso: Una Disputa tra Imprese

Il caso trae origine da una condotta illecita posta in essere da un soggetto per eludere il pagamento di un debito nei confronti di una società di autotrasporti. In primo grado, l’imputato veniva condannato per il reato di cui all’art. 388 c.p. e al risarcimento dei danni in favore della società creditrice. Tuttavia, i giudici avevano respinto la richiesta di risarcimento presentata iure proprio (a titolo personale) dal socio unico della medesima società.

La Corte di Appello, pur dichiarando la prescrizione del reato, confermava le statuizioni civili, negando ancora una volta il risarcimento personale al socio. Quest’ultimo, ritenendo di aver subito un danno diretto e distinto, proponeva ricorso in Cassazione, lamentando sia il mancato riconoscimento del suo pregiudizio personale, sia l’erronea valutazione del ruolo dell’imputato come mero concorrente nel reato anziché come amministratore di fatto della società debitrice.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sentenza d’appello limitatamente alla questione del risarcimento dei danni richiesti personalmente dal socio e rinviando la causa a un giudice civile per una nuova valutazione.

Il Principio Fondamentale sul Danno al Socio

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra il danno subito dalla società e il danno al socio. La Corte ha censurato la motivazione dei giudici di merito, definendola contraddittoria e apparente. Essi avevano erroneamente sovrapposto il danno patito dall’ente societario con quello subito dalla persona fisica del socio, escludendo a priori la possibilità che quest’ultimo potesse aver risentito di un pregiudizio autonomo.

La Distinzione tra Danno Patrimoniale e Non Patrimoniale del Socio

La Cassazione ha sottolineato come la condotta illecita, pur essendo diretta a sottrarre beni alla garanzia patrimoniale della società creditrice, possa avere ripercussioni dirette e dannose sulla sfera personale del socio unico. Tali ripercussioni possono manifestarsi in due modi:

1. Danno non patrimoniale: Consiste nei patemi d’animo, nelle sofferenze e nello stress derivanti dalle difficoltà economiche indotte dall’inadempimento. In una società con una base sociale ristretta, l’identificazione tra la società e il suo socio unico è tale che le vicende negative dell’una si riverberano inevitabilmente sull’altro.
2. Danno patrimoniale: Può concretizzarsi nella perdita di opportunità economiche personali, nella riduzione del merito creditizio del socio (che spesso agisce anche come fideiussore della società) o nella necessità di ricorrere a finanziamenti personali per far fronte alle esigenze di liquidità aziendali.

La Critica alla Sentenza d’Appello sul Danno al Socio

I giudici di legittimità hanno criticato la Corte d’Appello per aver confuso il profilo dell’esistenza del danno (an debeatur) con quello della sua quantificazione (quantum). La Corte territoriale aveva negato il risarcimento al socio sostenendo che non fosse stata dimostrata ‘l’incidenza esatta’ della condotta illecita sulla situazione della società. Secondo la Cassazione, questo è un errore logico: prima si deve accertare se un danno al socio sia astrattamente configurabile, e solo in un secondo momento si procede a quantificarlo. Negare la prima possibilità sulla base di difficoltà probatorie relative alla seconda è una motivazione errata.

le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio consolidato secondo cui, qualora terzi arrechino un danno a una società di capitali, il socio è legittimato a domandare il ristoro del pregiudizio che ha subito personalmente e che non è risarcibile direttamente alla società. La Corte evidenzia che l’elusione di un adempimento, quando integra gli estremi di un reato, amplifica la portata del danno, che non si limita al mero inadempimento contrattuale. La ristretta compagine sociale e la figura del socio unico rendono plausibile, quasi presunto, che gli effetti negativi della condotta illecita abbiano avuto conseguenze deleterie non solo per il patrimonio sociale, ma anche per la sfera personale e patrimoniale del socio. La Corte d’Appello, non distinguendo adeguatamente tra il danno alla società e il potenziale danno al socio, ha fornito una motivazione apparente, omettendo di considerare i profili differenziali tra le due posizioni e violando i principi che regolano la responsabilità civile.

le conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante tutela per gli imprenditori che operano tramite società a responsabilità limitata, specialmente a socio unico. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare: il velo societario non impedisce al socio di agire in proprio per ottenere il risarcimento dei danni che lo hanno colpito direttamente. Un illecito commesso ai danni della società può generare un autonomo danno al socio, sia morale che patrimoniale, che deve essere oggetto di un’attenta e separata valutazione da parte del giudice. Questa decisione rafforza la posizione del socio-imprenditore, riconoscendo che la sua persona e il suo patrimonio meritano una tutela distinta e non assorbibile in quella della creatura giuridica che amministra.

Il socio unico di una S.r.l. può chiedere un risarcimento personale per un danno causato alla società da un terzo?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il socio unico è legittimato a richiedere il risarcimento del pregiudizio subito personalmente, a condizione che tale danno sia distinto e ulteriore rispetto a quello patito dalla società. Questo può includere danni non patrimoniali (morali) e patrimoniali (come la perdita di merito creditizio).

Qual è la differenza tra il danno subito dalla società e il danno al socio?
Il danno alla società è una lesione diretta del suo patrimonio (es. mancato incasso di un credito). Il danno al socio, invece, è un pregiudizio che ricade direttamente sulla sua sfera personale, come lo stress e la sofferenza per le difficoltà economiche dell’azienda (danno non patrimoniale) o la necessità di prestare fideiussioni personali o subire una riduzione della propria reputazione finanziaria (danno patrimoniale).

La qualifica formale di un soggetto come ‘amministratore di fatto’ è sempre necessaria per affermare la sua responsabilità civile?
No. Secondo la sentenza, ai fini del risarcimento del danno, è irrilevante la qualifica formale del responsabile. Ciò che conta è aver commesso un fatto illecito che ha causato un pregiudizio. Nel caso di specie, l’imputato è stato ritenuto responsabile civilmente come concorrente nel reato, a prescindere dal fatto che fosse o meno riconosciuto come amministratore di fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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