Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1697 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1697 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Riano il 6 giugno 1976;
avverso l’ordinanza del 24 giugno 2024 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata dall’avv. NOME COGNOME il 9 ottobre 2024, nell’interesse del ricorrente, con la quale, anche in replica alle conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero, ha annullato l’ordinanza che aveva sostituito la misura carceraria con il divieto di dimora,
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applicando – nei confronti di NOME COGNOME e in relazione al reato di atti persecutori – la misura cautelare della custodia in carcere.
2. Il ricorso, proposto nell’interesse dell’indagato, si compone di un unico motivo d’impugnazione con il quale si deduce violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., sostenendo, da un canto, che, nelle more della celebrazione del processo, il COGNOME avrebbe perso la disponibilità dell’appartamento all’interno dello stabile ove abitano le persone offese (e, quindi, sarebbe venuta meno ogni occasione di scontro con queste ultime), dall’altro, che gli sconfinamenti e i conseguenti incontri con le predette (dedotti a sostegno della richiesta del Pubblico Ministero) sarebbero stati frutto della disperazione conseguente alla perdita dell’appartamento e, conseguentemente, di occasioni fortuite non volute dal Vapore. Tanto più che anche il ricorrente sarebbe stato, a sua volta, aggredito dal convivente di una delle persone offese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che la ritenuta esistenza di un pericolo di reiterazione del reato deve effettivamente fondarsi su dati concreti ed oggettivi, che rendano tale esigenza reale ed attuale, ma la necessaria “attualità” del pericolo non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto, sicché il giudice della cautela non ha l’onere di indicare, motivando, specifiche occasioni di possibile recidivanza, ma solo di effettuare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale nel quale hanno avuto genesi ed esecuzione i fatti contestati e del tempo trascorso rispetto alla consumazione di questi ultimi (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891).
Parallelamente, nella scelta della misura e nella valutazione della relativa adeguatezza, incombe sul giudice che emette o conferma, sia pure in sede di impugnazione, un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, il dovere di esplicitare specificamente le ragioni per le quali sono state ritenute inadeguate le altre misure coercitive ed interdittive anche se applicate congiuntamente (Sez. 3, n. 842 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265964).
Ebbene, l’ordinanza impugnata ha ripristinato la misura della custodia in carcere, evidenziando: a) le plurime trasgressioni alle misure del divieto di dimora e di avvicinamento in precedenza applicate – e già oggetto di aggravamento; b)
la refrattarietà del Vapori ad ogni forma di contenimento e controllo (anche mediante braccialetto elettronico), tale da rendere inadeguata anche la misura domiciliare (in assenza, peraltro, di un domicilio idoneo); c) un recente arresto in flagranza per resistenza a pubblico ufficiale.
Le censure sollevate dal ricorrente non solo non si confrontano con tali analitiche argomentazioni, ma – deducendo circostanze afferenti alla condotta assunta dal Vapori – si limitano a prospettare una diversa valutazione degli elementi probatori utilizzati dal Tribunale a fondamento del giudizio di sussistenza del pericolo di recidiva ed adeguatezza della misura disposta, dimenticando che il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene alla ricostruzione dei fatti, né all’apprezzamento che di essi ne fa il giudice di merito, ma alla sola verifica della non (manifesta) illogicità della motivazione e della sua coerenza con i dati processuali richiamati.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
L’ufficio di cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 28 del regolamento di esecuzione del codice di procedura penale.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 15 ottobre 2024
Il Cons’ ere s ensore
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Il Presidente