Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26160 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26160 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Asolo il 04/08/1979
avverso la sentenza del 24/10/2024 della Corte di appello di Bologna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1 -bis , cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna con sentenza del 26/11/2024 confermava la sentenza del Tribunale di Modena emessa in data 02/05/2023, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di truffa.
L’imputato , a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 349 e 530, comma 2, cod. proc. pen., nonché travisamento probatorio. Evidenzia che la Corte territoriale, nonostante la richiesta assolutoria avanzata dalle parti, ha ritenuto compiutamene identificato l’imputato nel sedicente NOME COGNOME, valorizzando i ) l’individuazione esperita dai Carabinieri di Castelvetro, che riconoscevano nel soggetto ritratto in una fotografia scattata dalla pe rsona offesa l’odierno
ricorrente e ii ) la circostanza che una delle utenze utilizzate per contattare il vettore fosse intestata a tale NOME COGNOME; che, tuttavia, non ha tenuto conto dei molteplici elementi di segno contrario evidenziati dalla difesa; che la foto utilizzata è in bianco e nero e riproduce il soggetto ritratto solo di profilo, impedendo di scorgere il colore degli occhi e più in generale i tratti fisiognomici; che l’intestazione al COGNOME dell’utenza non è significativa, tenuto conto che la società RAGIONE_SOCIALE veniva contattata con diverse utenze, intestate anche ad altri soggetti; che, inoltre, non è stato effettuato nessun accertamento in ordine a colui che veniva identificato dalla persona offesa come NOME COGNOME per cui non è dato sapere neppure se detto soggetto esista ; che l’autovettura a bordo della quale il COGNOME veniva fotografato è intestata a tale NOME COGNOME; che, infine, il preventivo di spesa ed i dettagli amministrativi del carico affidato alla RAGIONE_SOCIALE venivano definiti a mezzo mail con l’impiegata della RAGIONE_SOCIALE di nome NOME
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 640 cod. pen., nonché travisamento probatorio. Osserva che la Corte territoriale ha ravvisato la materialità del delitto di truffa, inquadrando gli artifici ed i raggiri in condotte ulteriori (consistite nell’aver taciuto al vettore l’inesistenza di accordi preliminari con i proprietari delle aree presso le quali smaltire le balle di plastica) rispetto a quelle indicate nel capo di imputazione , dove si fa riferimento all’ «aver fatto credere a COGNOME NOME di dover eseguire un trasporto di venti tonnellate di materiale plastico spacciandolo per materia prima secondaria MPS (quando in realtà si trattava di rifiuto plastico)»; che tale ricostruzione di fatti non corrisponde al vero e non collima con quanto è emerso dall’istruttoria dibattimentale, le cui risultanze sono state, dunque, travisate; che, invero, nessun onere sussisteva in capo al Cremasco in punto di comunicazione degli accordi intercorsi con i destinatari del carico; che, del resto, la ditta RAGIONE_SOCIALE non si era determinata all’esecuzione dei trasporti sulla base della presunzione che vi fossero accordi concernenti lo scarico della merce presso i luoghi di destinazione, atteso che l’unico elemento di cui il vettore si preoccupava, come da lui stesso ammesso, era solo il tipo di materiale; che tale particolare è rilevante, atteso che in tema di truffa contrattuale la condotta fraudolenta deve necessariamente precedere l’induzione in errore ed il conseguimento dell’ingiusto profitto; che, nel caso di specie, il consenso sotteso all’accordo contrattuale nasceva genuino, in assenza di comportamenti ingannatori al momento della conclusione del contratto di trasporto; che, peraltro, il primo contatto con il vettore interveniva ad opera della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME e solo in un secondo momento il preventivo ricevuto veniva trasmesso alla RAGIONE_SOCIALE , che tramite la segretaria, tale NOME, lo
accettava; che la prova in ordine al tipo di materiale da trasportare non risulta certa, essendo sorte plurime contraddizioni nella ricostruzione dei fatti operata dai vari testi; che la successiva e sopravvenuta impossibilità di ultimare le operazioni di scarico, in definitiva, costituisce un post factum non punibile, relativo all’esecuzione del contratto, validamente sorto , dando vita al più ad un inadempimento contrattuale.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 62bis , 99 e 133 cod. pen. Rileva che la Corte di merito ha negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed ha ritenuto la recidiva solo solla scorta dei precedenti penali da cui l’imputato risulta gravato, senza valutare gli altri elementi di cui all’art. 133 cod. pen. e senza dar conto del perché il reato per cui si procede sarebbe espressione di una maggiore riprovevolezza e della pericolosità del ricorrente.
2.4. In data 26/06/2025 sono pervenute conclusioni scritte da parte della difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è nel complesso infondato.
1.1. Il primo motivo non è consentito, atteso che reitera le medesime questioni già poste con i motivi di appello e risolte dalla Corte territoriale con motivazione congrua ed esente da vizi logici , avendo fondato l’identificazione dell’odi erno ricorrente su due elementi tra loro convergenti: i ) l’individuazione fotografica effettuata dai militari, che avevano raccolto la querela della persona offesa, alla quale era allegata una fotografia riproducente le sembianze del camionista qualificatosi come NOME Cremasco, che veniva identificato senza ombra di dubbio del Vendrasco; ii ) l’utilizzo di una utenza telefonica intestata all’imputato per contattare il vettore.
Ebbene, rispetto alla trama motivazionale del provvedimento impugnato, che si sviluppa in maniera piana, esaustiva e convincente, il motivo reitera pedissequamente le stesse doglianze già avanzate in sede di appello, senza argomentare criticamente in ordine agli elementi che consentirebbero di superare il dato dirimente costituito dall’incrocio delle due circostanze di fatto sopra evidenziate, per cui, sotto questo aspetto, è aspecifico.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 -01; Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 268385 -01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 -01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945 -01).
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Invero, la giurisprudenza di legittimità ha avuto cura più volte di precisare che, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa, sicché l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’ iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione ( ex multis , Sez. 3, n. 24932 del 10/02/2023, Gargano, Rv. 284846 -04).
Ciò che rileva è che l’imputato non sia stato ‘ colto di sorpresa ‘ , per essere stato messo per la prima volta di fronte a un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità di effettiva difesa, ciò che accade quando non ha mai avuto l’occasione di interloquire sul punto, così trovandosi di fronte ad un fatto storico radicalmente trasformato in sentenza nei suoi elementi essenziali rispetto all’originaria imputazione, di cui rappresenti uno sviluppo inaspettato : dunque, la diversità del fatto, che impone la modifica del capo di imputazione e preclude al giudice di pronunciarsi, imponendogli di restituire gli atti al pubblico ministero, è solo quella che determina una effettiva lesione del diritto al contraddittorio e del conseguente diritto di difesa (Sez. 2, n. 10989 del 28/02/2023, COGNOME, Rv. 284427 -01; Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555 -01). In altri termini, la violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza è ravvisabile nel caso in cui il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d’imputazione non contenga l’indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, né consenta di ricavarli in via induttiva, tenendo conto di tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione (Sez. 2, n. 21089 del 29/03/2023, COGNOME, Rv. 284713 -02).
Del resto, il principio di correlazione tra accusa e sentenza costituisce estrinsecazione del diritto dell’imputato di essere informato, in modo dettagliato,
della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico, conformemente all’art. 111, comma secondo, Cost., integrato dall’art. 6, comma 3, lett. a), Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, come interpretato dalla Corte EDU. Quest’ultima, invero, ha affermato che tale diritto è funzionale a quello di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare le proprie difese -diritto garantito dall’art. 6, comma 3, lett. b), Convenzione E.D.U. e del più generale diritto a un processo equo, per cui l’informazione data deve contenere gli elementi necessari per permettere all’imputato di preparare le proprie difese (Corte E.D.U. COGNOME contro Italia, 15/12/1998; COGNOME contro Italia, 25/07/2000; COGNOME contro Italia, 11/12/2007). La stessa Corte di Strasburgo, peraltro, ha precisato che «l’informazione prevista dall’articolo 6 § 3 a) della Convenzione non deve necessariamente riportare gli elementi di prova sui quali si fonda l’accusa (X c. Belgio, no 7628/76, decisione della Commissione del 9 maggio 1977, Décisions et Rapports (DR) 9, pp. 169-171)» e che «per loro stessa natura, i capi d’imputazione sono redatti in maniera sintetica e le precisazioni relative alla condotta ascritta risultano normalmente dagli altri documenti del processo, quali l’ordinanza di rinvio a giudizio e gli atti contenuti nel fascicolo della procura messo a disposizione della difesa» (Corte E.D.U. Previti contro Italia, 8/12/2009). Ciò significa che, ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all’art. 521 cod. proc. pen., deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione (Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, COGNOME, Rv. 257278 -01).
Dunque, la giurisprudenza convenzionale è consolidata (cfr., Corte E.D.U. COGNOME contro Italia, 20/10/2015, che richiama Corte E.D.U. COGNOME contro Italia, 08/12/2009) nel ritenere che, al fine di valutare la correlazione tra accusa e sentenza, non si debba far riferimento solo al capo di imputazione, dovendosi invece tener conto di tutto il coacervo probatorio contenuto negli atti del procedimento. Trattasi, invero, di elementi conosciuti dall’imputato, che gli consentono di comprendere pienamente le accuse elevate contro di lui e di preparare in maniera adeguata la difesa.
Tanto premesso, rileva il Collegio che, nel caso in esame, la circostanza per cui era stata taciuta al vettore l’inesistenza di accordi preliminari con i proprietari delle aree presso le quali smaltire le balle di plastica era emersa già nel corso del giudizio di primo grado , per cui non può sostenersi che l’imputato sia stato colto di sorpresa, avendo avuto la possibilità di interloquire sul punto e di difendersi sin dall’inizio del processo ; né può affermarsi che si sia in presenza di uno
sviluppo non prevedibile del fatto descritto nel capo di imputazione, atteso che quest’ultimo riguarda comunque il mancato scarico del materiale affidato al vettore dall’odierno ricorrente nell’ambito della stessa vicenda storica.
1.3. Il terzo motivo è aspecifico, atteso che non si confronta con la trama argomentativa del provvedimento impugnato, che ha evidenziato come i plurimi precedenti specifici da cui il ricorrente risulta gravato ne restituiscano la sua più che negativa personalità, quale quella di un vero e proprio truffatore seriale e come le condotte criminose per cui si procede siano espressive di una incrementata pericolosità sociale, in quanto poste in essere nonostante le numerose condanne per fatti della stessa indole, dunque, sintomatiche di una spiccata capacità a delinquere, che desta forte allarme sociale, perché durevolmente refrattaria all’osservanza del precetto penale. Con questi argomenti il difensore non si misura, limitandosi genericamente a denunciare la carenza motivazionale.
Orbene, la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce; tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione è, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 -01). Ne consegue che, se il ricorso si limita, come nel caso di specie, a riprodurre sostanzialmente il motivo di appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il giorno 3 luglio 2025.