Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26179 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26179 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24 ottobre 2023 emessa dalla Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME è stato rinviato a giudizio dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Tribunale di Napoli Nord per rispondere del delitto di
cui agli artt. 56, 629 cod. pen., in quanto, in qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, avrebbe posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere NOME COGNOME, coordinatore per la produzione presso la RAGIONE_SOCIALE, a rinunciare al decreto ingiuntivo per il recupero della somma di euro 16.780,17, dovuta dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, in modo da procurarsi un ingiusto profitto con danno altrui; in particolar modo, il COGNOME avrebbe contattato telefonicamente il COGNOME, minacciandolo che, qualora non avesse fatto quanto richiestogli, lo avrebbe raggiunto presso lo stabilimento ove lavorata, unitamente a degli amici, per bastonarlo e mettere i locali a soqquadro, rompendo i macchinari e i materiali ivi presenti; evento non verificatosi per effetto del rifiut opposto dal COGNOME, che ha denunciato l’accaduto, in Casandrino, il 6 febbraio 2017.
Il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza emessa in data 8 luglio 2022, ha dichiarato l’imputato responsabile del reato ascrittogli e, riconosciute le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena sospesa di un anno, un mese, dieci giorni di reclusione ed euro 400,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita.
Con la pronuncia impugnata, la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, appellata dall’imputato, qualificate le condotte accertate ai sensi degli artt. 56, 393 cod. pen. e applicate le circostanze attenuanti generiche già riconosciute, ha rideterminato la pena nei confronti dell’appellante in sei mesi di reclusione.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori dell’imputato, ricorrono avverso tale sentenza e ne chiedono l’annullamento, deducendo sei motivi di ricorso e, segnatamente:
l’illogicità della motivazione, per contrasto tra la stessa (che dichiara la prescrizione del reato) e il dispositivo (che riduce la pena inflitta dalla sentenza di primo grado).
Ad avviso dei difensori, questa discrasia imporrebbe di dare prevalenza alla motivazione, determinando l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
b) la violazione di legge, in quanto la Corte di appello, dopo aver riqualificato il fatto in contestazione da tentata estorsione in tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni, avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità del reato per difetto di querela.
la violazione dell’art. 393 cod. pen., in quanto questa fattispecie di reato non ammetterebbe la configurabilità del tentativo.
Ad avviso del difensore, infatti, il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si consuma già nel momento in cui la violenza o la minaccia sono esplicate, senza che rilevi l’eventuale conseguimento in concreto del fine perseguito (e citano in proposito Sez. 2, n. 25999 del 02/04/2007, Filippo, Rv. 237146 – 01);
la mancanza della motivazione, in relazione all’insussistenza del delitto accertato, sia sotto il profilo oggettivo, che quello soggettivo, già eccepita nell’atto di appello;
la nullità della sentenza per violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. e, segnatamente, per il difetto, già rilevato nell’atto di appello, di corrispondenza tra il fatto contestato e il fatto ritenuto in sentenza.
Nell’imputazione sarebbe, infatti, contestato al RAGIONE_SOCIALE di aver posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre la parte lesa NOME COGNOME a rinunciare al decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE; la sentenza di primo grado, invece, avrebbe condannato l’imputato, in quanto avrebbe cercato di costringere la parte lesa, in qualità di cedente del credito, a convincere il cessionario ad estinguere il giudizio civile pendente nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
la mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto, in quanto fondato.
Con il primo motivo di ricorso, il difensore ha censurato l’illogicità della motivazione, per contrasto tra la stessa, che dichiara la prescrizione del reato, e il dispositivo, che riduce la pena inflitta dalla sentenza di primo grado.
Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata reca un’evidente contraddizione tra il dispositivo, che conferma la condanna emessa dal giudice di primo grado, riducendo la pena, e la motivazione, che dichiara la prescrizione del reato.
La Corte di appello, peraltro, dichiarando in motivazione la prescrizione del reato, non ha motivato sulla pena indicata nel dispositivo.
Il computo della prescrizione è, peraltro, errato.
Nella motivazione della sentenza impugnata si precisa che il reato, come riqualificato, si è prescritto in data 6 agosto 2023, ma il termine massimo di sette anni e sei mesi dalla data di commissione del reato (6 febbraio 2017) scade non il 6 agosto 2023, ma il 6 agosto 2024.
Il reato per cui si procede, dunque, allo stato non è prescritto.
L’accoglimento di tale motivo esime dal delibare le ulteriori censure proposte dal ricorrente.
La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 23/05/2024.