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Continuazione reato: quando si applica il vincolo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava il riconoscimento della continuazione reato tra due sentenze. La Corte ha stabilito che la vicinanza temporale e l’omogeneità dei reati sono indici importanti che non possono essere liquidati con una motivazione generica. Il giudice deve fornire una spiegazione dettagliata e basata sui fatti, altrimenti la motivazione è considerata ‘apparente’ e il provvedimento nullo.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reato: la Cassazione boccia le motivazioni generiche

L’istituto della continuazione reato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un cardine del nostro sistema sanzionatorio, orientato al principio del favor rei. Esso permette di unificare sotto un’unica pena, opportunamente aumentata, più violazioni di legge commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di una valutazione attenta e puntuale da parte del giudice, cassando una decisione fondata su una motivazione ritenuta ‘apparente’.

I Fatti del Caso

Un condannato presentava istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione reato tra due sentenze irrevocabili. I reati in questione erano stati commessi a poco più di un mese di distanza l’uno dall’altro (13 luglio e 16 agosto 2013) ed erano omogenei per tipologia. Nonostante la contiguità temporale e spaziale e la somiglianza dei reati, il giudice rigettava la richiesta, sostenendo che le diverse modalità esecutive escludevano l’esistenza di un unico disegno criminoso, senza però approfondire ulteriormente l’analisi.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione reato

Investita della questione, la Corte Suprema di Cassazione ha accolto il ricorso del condannato, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. La Corte ha censurato il percorso argomentativo del giudice di merito, definendolo incongruo e basato su una motivazione meramente apparente. Secondo gli Ermellini, il giudice non può limitarsi a negare il vincolo della continuazione sulla base di formule generiche o apodittiche, specialmente in presenza di importanti indici quali la vicinanza temporale e l’omogeneità dei reati.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito i principi consolidati in materia. Per riconoscere la continuazione reato, è necessario accertare l’esistenza di un programma criminoso unitario, deliberato in anticipo e volto a un fine determinato. Questo programma deve prevedere, almeno nelle sue linee essenziali, la serie di illeciti da compiere. Tale accertamento non può basarsi su mere congetture, ma deve fondarsi su elementi concreti.

Nel caso specifico, il Giudice dell’esecuzione si era limitato ad affermare che le condotte non erano espressione di un disegno preordinato a causa di una non meglio specificata ‘eterogeneità delle modalità esecutive’, ignorando palesi indicatori di segno opposto:

1. Omogeneità Tipologica: I reati erano molto simili, entrambi riconducibili all’articolo 455 del codice penale.
2. Contiguità Temporale e Spaziale: I fatti si erano svolti in un arco temporale ristretto (poco più di un mese) e in località vicine.

La motivazione del provvedimento impugnato è stata qualificata come ‘apparente’ perché ‘tutto avulsa dalle risultanze processuali’ e basata su ‘asserzioni apodittiche’ prive di reale efficacia dimostrativa. In sostanza, il ragionamento del giudice è risultato fittizio e quindi inesistente, non avendo fornito una reale giustificazione della decisione presa in relazione ai fatti specifici del caso.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio fondamentale del diritto processuale penale: il dovere di motivazione del giudice non è un mero adempimento formale. Quando si valuta un’istanza per il riconoscimento della continuazione reato, il giudice deve condurre un’analisi approfondita di tutti gli elementi a disposizione. Indici come la prossimità temporale, la somiglianza dei reati e le modalità esecutive non possono essere trascurati o liquidati con frasi di stile. È necessario un esame concreto che dimostri perché, nonostante tali indicatori, si ritenga insussistente un unico disegno criminoso. In assenza di tale percorso logico-argomentativo, il provvedimento è viziato e destinato all’annullamento.

Cos’è necessario per ottenere il riconoscimento della continuazione reato?
È necessario dimostrare che i diversi reati sono stati commessi in esecuzione di un unico ‘disegno criminoso’, ovvero un programma deliberato in anticipo per conseguire un determinato fine, in cui gli illeciti sono già stati concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali.

La vicinanza nel tempo tra due reati è sufficiente per la continuazione?
No, la sola contiguità temporale, sebbene sia un indice importante, non è di per sé sufficiente. Tuttavia, insieme ad altri elementi come l’omogeneità dei reati e delle modalità esecutive, costituisce un fattore che il giudice deve attentamente valutare e non può ignorare con una motivazione generica.

Quando la motivazione di un giudice viene considerata ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando la sequenza argomentativa è slegata dai fatti processuali, si avvale di argomentazioni puramente generiche, di affermazioni non dimostrate o di proposizioni fittizie. In pratica, è una motivazione che esiste solo nella forma ma è priva di un reale contenuto giustificativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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