Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3077 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3077 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Fabriano il 26/03/1995 avverso la sentenza del 12/03/2024 della Corte di appello di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte di cassazione rigetti il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Ancona ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato ex art. 73 comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 descritto nella imputazione, ma ha ridotto la pena e concesso la sospensione condizionale la stessa.
Nel ricorso presentato dal difensore di COGNOME e con la successiva memoria di replica alle conclusioni della Procura generale si chiede l’annullamento della sentenza.
2.1. Con il primo motivo, si deduce si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare una cessione illecita di eroina in quello che è stato soltanto un episodio di consumo comune della sostanza stupefacente.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione dell’articolo 131bis cod. pen. nel disconoscere la particolare tenuità del fatto soltanto in considerazione della natura (eroina) della sostanza stupefacente oggetto dell’imputazione e per avere l’imputato iniettato la sostanza alla COGNOME, ma trascurando che questo avvenne con il consenso della stessa e per mera l’amicizia da parte di lui.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione nell’applicazione di una pena corrispondente al doppio del minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Circa il primo motivo di ricorso, deve ribadirsi che il cosiddetto consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, sia nell’ipotesi di acquisto congiunto, che in quella di mandato all’acquisto a uno dei consumatori, non è penalmente rilevante e costituisce illecito amministrativo ex art. 75 d.P.R. cit., solo se: a) l’acquirente è uno degli assuntori; b) sin dall’inizio, l’acquisto avviene degli altri, sia cer l’identità dei mandanti e manifesta la volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno di loro contribuendo anche finanziariamente all’acquisto (Sez. U, n. 25401 del 31/01/2013, COGNOME, Rv. 255258). Se non ricorrono queste condizioni, sussiste per il detentore il reato di cessione, sia pure gratuita, di sostanza stupefacente (Sez. 4, n. 37659 del 26/09/2024; Sez. 4, n. 44165 del 10/10/2019).
Su queste basi, la decisione della Corte d’appello è corretta: infatti, non risulta un previo accordo tra la COGNOME e il COGNOME per condividere la spesa e poi procedere all’acquisto; anzi, secondo la versione dei fatti di COGNOME, lo stupefacente è stato acquistato dall’imputato, che, poco prima dell’incontro con lo spacciatore, era andato a farsi dare dal padre i soldi necessari per l’acquisito.
1.2. Circa il secondo motivo di ricorso, si rileva che la sentenza impugnata contiene una motivazione sul disvalore della azione – sotto il profilo della modalità della condotta consistita nell’iniettare direttamente l’eroina alla Martsenkova, così rendendo possibile la fruizione dello stupefacente da parte della donna, diversamente incapace di fruirne – che esprime un non irragionevole esercizio del potere discrezionale del giudice di merito nell’escludere la particolare tenuità del fatto, indicando gli elementi di valutazione ritenuti al riguardo rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647).
1.3. Circa il terzo motivo di ricorso, si osserva che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Rv. 276288).
Nel caso in esame, dalla complessiva lettura della motivazione e del dispositivo / risulta chiara la volontà di applicare la pena finale (risultante della diminuzione per il rito) di otto mesi di reclusione e 800 euro di multa, con la determinazione di una pena-base di un anno di reclusione e 1.200 euro di multa, che, quand’anche corrispondente al doppio del minimo editkle resta, comunque, ampiamente inferiore alla media edittale e non erroneamente qualificata come lievemente superiore al minimo,.
Dal rigetto del ricorso deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi decisa il 04/12/2024