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Confisca profitto reato tributario: esclusa l’IRAP

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5148/2024, ha stabilito un importante principio in materia di confisca del profitto da reato tributario. In un caso di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, la Suprema Corte ha chiarito che l’importo dell’IRAP evasa deve essere escluso dal calcolo della somma da confiscare. Secondo i giudici, l’IRAP non è un’imposta sui redditi in senso tecnico, ma un tributo basato sulla capacità produttiva autonoma dell’impresa, e quindi non rientra nel perimetro del reato contestato. La confisca resta invece valida per IRPEF, IVA e addizionali regionali e comunali.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Diritto Tributario, Giurisprudenza Penale

Confisca profitto reato tributario: la Cassazione esclude l’IRAP dal calcolo

La corretta determinazione del vantaggio economico illecito è un aspetto cruciale nei procedimenti penali per reati fiscali. La confisca del profitto da reato tributario rappresenta uno degli strumenti più efficaci per ripristinare la legalità, ma quali imposte evase ne costituiscono l’oggetto? Con la recente sentenza n. 5148 del 2024, la Corte di Cassazione ha tracciato un confine netto, stabilendo che l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) non può essere inclusa nel calcolo del profitto confiscabile per il reato di dichiarazione fraudolenta.

Il Caso in Esame: Dichiarazione Fraudolenta e Confisca

Il caso trae origine dalla condanna di un imprenditore individuale per il reato previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. L’imputato aveva indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2013 elementi passivi fittizi, basati su fatture per operazioni inesistenti, per un importo superiore a 100.000 euro. Oltre alla condanna penale, i giudici di merito avevano disposto la confisca per equivalente del profitto del reato, quantificato in circa 62.000 euro. Tale somma era stata calcolata sommando tutte le imposte che l’imprenditore aveva evaso grazie a quella condotta: IRPEF, IVA, addizionali regionali e comunali, e, appunto, l’IRAP.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione contestando proprio la quantificazione della somma confiscata. La tesi difensiva sosteneva che l’importo dovesse essere ridotto, escludendo le imposte diverse da quelle sui redditi. In particolare, si lamentava l’illegittima inclusione nel profitto del reato dell’IRAP e delle addizionali, in quanto tributi con natura e presupposti diversi rispetto all’IRPEF e all’IVA, le uniche direttamente collegate, secondo la difesa, alla condotta fraudolenta contestata.

La Delimitazione della Confisca del Profitto da Reato Tributario

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, offrendo un’analisi dettagliata sulla natura delle diverse imposte e sulla loro relazione con il reato di dichiarazione fraudolenta. I giudici hanno operato una distinzione fondamentale tra le imposte che rientrano nel profitto confiscabile e quelle che ne sono escluse.

La Struttura dell’IRAP e la sua Estraneità ai Reati sui Redditi

Il punto centrale della decisione riguarda l’IRAP. La Corte ha affermato che, sebbene l’evasione dell’IRAP possa essere una conseguenza della condotta illecita, tale imposta non può essere considerata parte del profitto del reato di cui all’art. 2 D.Lgs. 74/2000. La ragione risiede nella sua stessa natura giuridica. L’IRAP non è un’imposta sul reddito in senso tecnico, ma un’imposta sul valore della produzione netta. Il suo presupposto è l’esercizio di un’attività autonomamente organizzata, un concetto diverso e più ampio rispetto alla mera produzione di reddito. Questa diversità strutturale la rende, secondo la Cassazione, “esulante rispetto al fuoco della disposizione” penale violata, che si concentra specificamente sulle imposte sui redditi e sull’IVA.

Le Addizionali Regionali e Comunali: Componenti dell’Imposta sul Reddito

Discorso diverso vale per le addizionali regionali e comunali. La Corte ha chiarito che queste, pur avendo una destinazione specifica a favore degli enti territoriali, sono a tutti gli effetti delle “componenti delle imposte sul reddito”. Esse condividono la stessa base imponibile e la stessa natura dell’IRPEF, rappresentandone semplicemente una quota destinata a un ente diverso dallo Stato centrale. Di conseguenza, il loro mancato versamento costituisce a pieno titolo profitto del reato e l’importo corrispondente deve essere correttamente incluso nella somma da confiscare.

le motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su una rigorosa interpretazione della normativa penale-tributaria. Il principio cardine è che il profitto confiscabile deve essere strettamente correlato al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice violata. Nel caso della dichiarazione fraudolenta (art. 2 D.Lgs. 74/2000), l’oggetto della tutela è la corretta determinazione delle imposte sui redditi e dell’IVA. L’IRAP, avendo un presupposto impositivo diverso (il valore della produzione di un’attività autonomamente organizzata), si colloca al di fuori di questo perimetro. Anche se la condotta fraudolenta può portare all’evasione di più tributi, la confisca penale deve limitarsi a quelli che costituiscono l’oggetto specifico della violazione contestata. Le addizionali, invece, sono considerate parte integrante dell’imposta sul reddito (IRPEF), e quindi la loro evasione rientra a pieno titolo nel profitto del reato.

le conclusioni

Questa sentenza stabilisce un criterio chiaro e restrittivo per il calcolo della confisca del profitto da reato tributario. Viene affermato che non tutte le imposte evase attraverso una medesima condotta fraudolenta possono essere automaticamente incluse nel profitto confiscabile. È necessaria una verifica sulla natura del tributo e sulla sua coerenza con l’oggetto del reato contestato. La decisione ha un’importante implicazione pratica: d’ora in poi, nel quantificare il profitto da sottoporre a confisca per reati dichiarativi, l’autorità giudiziaria dovrà scorporare l’ammontare dell’IRAP evasa, limitando la misura ablativa alle sole imposte sui redditi, all’IVA e alle relative addizionali. Si tratta di una precisazione che garantisce maggiore aderenza del provvedimento sanzionatorio alla specifica condotta illecita, evitando estensioni non consentite dalla legge.

Nel calcolo del profitto da confiscare per un reato di dichiarazione fraudolenta, si deve includere anche l’IRAP evasa?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’IRAP deve essere esclusa dal calcolo del profitto confiscabile, poiché non è un’imposta sui redditi in senso tecnico, ma un tributo con un diverso presupposto (il valore della produzione netta derivante da un’attività autonomamente organizzata).

Le addizionali regionali e comunali evase rientrano nel profitto del reato confiscabile?
Sì. Secondo la sentenza, le addizionali regionali e comunali sono considerate vere e proprie componenti delle imposte sul reddito (come l’IRPEF), condividendone la natura. Pertanto, il loro importo evaso rientra a pieno titolo nel profitto del reato e deve essere confiscato.

Presentare un’istanza di definizione agevolata (es. ‘pace fiscale’) impedisce al giudice di disporre la confisca?
No. La Corte chiarisce che l’eventuale adesione a forme di definizione agevolata non impedisce al giudice di ordinare la confisca del profitto. Tali accordi con l’erario possono, al più, incidere sulla fase di esecuzione materiale della misura, ma non sulla sua astratta previsione nella sentenza di condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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