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Confisca per equivalente: obbligo di motivazione

Un imprenditore, condannato per reati tributari, ha visto parzialmente accolto il suo ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha annullato la condanna limitatamente alla confisca per equivalente disposta sui suoi beni personali. Il principio chiave affermato è che il giudice, prima di applicare questa misura, ha l’obbligo di motivare l’impossibilità di procedere con una confisca diretta del profitto del reato sui beni della società. La questione è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Confisca per equivalente: la Cassazione ribadisce l’obbligo di motivazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reati tributari e misure patrimoniali: la confisca per equivalente sui beni dell’amministratore è una misura sussidiaria. Questo significa che può essere disposta solo dopo aver accertato e motivato l’impossibilità di aggredire il profitto diretto del reato presente nel patrimonio della società. Analizziamo insieme la vicenda processuale e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per una serie di reati tributari, tra cui l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e l’omesso versamento di IVA. La Corte di Appello aveva parzialmente confermato la condanna, rideterminando la pena e riducendo l’importo della confisca disposta nei confronti dell’imputato.

Insoddisfatto della decisione, l’imprenditore ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a cinque motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su diversi punti, tra cui:

1. Inutilizzabilità degli atti di ispezione fiscale: si lamentava la mancata informazione del diritto all’assistenza di un difensore durante la verifica fiscale.
2. Travisamento delle prove: si contestava la valutazione dei giudici di merito circa la fittizietà delle operazioni commerciali, sostenendo che le fatture erano state regolarmente pagate.
3. Prescrizione: si eccepiva l’avvenuta prescrizione di uno dei reati contestati.
4. Mancanza dell’elemento psicologico: si sosteneva che l’omesso versamento dell’IVA non derivava da una scelta dolosa, ma da una grave crisi di liquidità.
5. Violazione di legge sulla confisca per equivalente: questo è il punto cruciale. La difesa ha lamentato che i giudici avessero confermato la confisca sui beni personali dell’imputato senza prima verificare la possibilità di procedere a una confisca diretta del profitto nei confronti della società.

La Decisione della Cassazione sulla confisca per equivalente e gli altri motivi

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i primi quattro motivi di ricorso, ritenendoli generici, ripetitivi di argomentazioni già respinte o infondati. Ad esempio, riguardo alla prescrizione, i giudici hanno chiarito che, essendo i motivi di ricorso relativi a quel capo d’imputazione inammissibili, la sentenza era diventata definitiva su quel punto, impedendo di rilevare la prescrizione maturata successivamente.

Tuttavia, la Corte ha ritenuto fondato il quinto motivo, quello relativo alla confisca per equivalente.

Le Motivazioni

La Cassazione ha bacchettato la Corte d’Appello, la quale aveva erroneamente ritenuto che la questione sulla possibilità di una confisca diretta potesse essere sollevata in fase di esecuzione della pena. Al contrario, i giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il giudice che dispone la confisca per equivalente sui beni dell’imputato ha un preciso onere motivazionale.

Il giudice deve infatti accertare e spiegare nella sua sentenza:

1. L’impossibilità di disporre la confisca diretta del profitto o del prezzo del reato nel patrimonio della persona giuridica.
2. La disponibilità del bene da confiscare da parte dell’autore materiale del reato.
3. La corrispondenza del valore del bene al profitto o al prezzo del reato.

Nel caso di specie, mancava completamente questa verifica preliminare. Non era stato accertato se la società avesse ancora nel proprio patrimonio il profitto illecito e se fosse quindi possibile procedere con la confisca diretta, che ha sempre la precedenza su quella per equivalente.

Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente alla statuizione sulla confisca. Ha rinviato il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano per un nuovo giudizio su questo specifico punto. Il nuovo giudice dovrà attenersi al principio di diritto enunciato, verificando la praticabilità della confisca diretta nei confronti della società prima di poter eventualmente disporre la confisca per equivalente nei confronti dell’imputato.

Questa sentenza è un importante promemoria del carattere sussidiario della confisca per equivalente e del rigoroso onere di motivazione che grava sul giudice, a garanzia dei diritti patrimoniali dell’imputato.

Quando è applicabile la confisca per equivalente nei reati tributari commessi dall’amministratore di una società?
Secondo la sentenza, la confisca per equivalente sui beni dell’amministratore è applicabile solo dopo che il giudice ha verificato e motivato l’impossibilità di disporre la confisca diretta del profitto del reato nel patrimonio della società beneficiaria.

Un ricorso per cassazione basato su motivi inammissibili può interrompere la prescrizione?
No. La sentenza chiarisce che se i motivi di ricorso relativi a un capo d’imputazione sono dichiarati inammissibili, la sentenza di condanna per quel reato diventa definitiva. Di conseguenza, è preclusa la possibilità di dichiarare la prescrizione anche se questa matura dopo la sentenza d’appello.

La Corte d’Appello può rimandare alla fase esecutiva la decisione sulla tipologia di confisca da applicare?
No. La Cassazione ha stabilito che la verifica sull’esperibilità della confisca diretta rispetto a quella per equivalente deve essere fatta dal giudice della cognizione (cioè nel processo che accerta il reato) e non può essere delegata alla fase di esecuzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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