Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 16335 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 372/2025
CC – 25/03/2025
R.G.N. 1099/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Vibo Valentia il 16/10/1968 avverso il decreto del 13/09/2024 della Corte d’appello di Catanzaro visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; letta la memoria difensiva depositata dall’Avvocato NOME COGNOME con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro confermava il decreto di confisca emesso nei confronti di COGNOME ed avente ad oggetto la ditta individuale ‘RAGIONE_SOCIALE, nonchØ beni immobili (terreni e soprastanti fabbricati), realizzati nel periodo intercorrente tra il 2008 e il 2011, nel quale si era manifestata la pericolosità qualificata ex art. 4, lett.b, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
In particolare, i giudici di merito valorizzavano la condanna in primo grado, in relazione al reato associativo di cui all’art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, emessa dal Tribunale di Bologna, nonchØ la pendenza di altro processo per la partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico operante nella zona di Limbadi e, quindi, ricadente nella competenza distrettuale della Procura della Repubblica di Catanzaro.
Avverso tale ordinanza, la difesa ha formulato tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, eccepisce l’incompetenza territoriale del Tribunale di Catanzaro in favore di quello di Bologna, sul presupposto che la pericolosità si era manifestata in quest’ultimo circondario, stante l’avvenuta condanna in primo grado alla pena di anni 17 di reclusione irrogata in relazione al reato di cui all’art. 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Per converso, il procedimento in corso di trattazione dinanzi al Tribunale di Catanzaro non Ł giunto alla fase della decisione.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE Depositata in Cancelleria oggi Numero di raccolta generale 16335/2025 Roma, lì, 29/04/2025
Dopo aver premesso che la competenza territoriale in sede di prevenzione si radica con riferimento al luogo ove il proposto dimora, la difesa sottolinea che, applicando il criterio evocato dalla stessa Corte di appello, il luogo ove la pericolosità sociale si Ł mostrata con maggior pregnanza doveva essere individuato in Bologna e non certo nel territorio calabrese. Nel raffronto tra la condanna irrogata in primo grado a Bologna e il mero rinvio a giudizio a Catanzaro, dovrebbe necessariamente prevalere l’accertamento che, allo stato, Ł dotato di maggior rilievo.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 4, lett.b e17 d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159 in ordine all’accertamento della pericolosità qualificata. Sostiene il ricorrente che i giudici di merito avrebbero sostanzialmente omesso di procedere alla valutazione degli elementi fattuali indice del giudizio di pericolosità, limitandosi a richiamare la precedente condanna in primo grado e la pendenza di altro giudizio, per analogo titolo di reato, dinanzi al Tribunale di Catanzaro, sottraendosi alla valutazione autonoma del quadro indiziario.
La motivazione risulterebbe meramente apparente, non essendo stati indicati elementi specifici, tali da fondare il quadro indiziario richiesto per l’applicazione della misura di prevenzione reale. Peraltro, non si sarebbe neppure tenuto conto del fatto che il periodo di pericolosità era particolarmente limitato e circoscritto (2008-2011) e preceduto da una sentenza assolutoria con formula piena nell’ambito di altro procedimento penale per le medesime condotte di narcotraffico.
2.3. Con il terzo motivo, si deduce la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine alla asserita provenienza illecita delle risorse finanziarie impiegate nell’acquisto e costruzione dei beni oggetto di confisca.
La Corte di appello ha desunto la manifesta sproporzione reddituale basandosi sui redditi relativi al periodo 2008-2011 omettendo di considerare che il terreno sito in San Calogero era stato acquistato nel 1990 e la costruzione del fabbricato era di poco precedente al periodo di manifestazione della pericolosità, in tal modo contravvenendo al criterio della ‘ragionevolezza temporale’.
Nel comparare i redditi con i costi dell’acquisto e della costruzione degli immobili, la Corte di appello non avrebbe accertato la provenienza illecita delle risorse impiegate, nØ l’effettiva esistenza di una sperequazione tra i redditi e il patrimonio, essendo stati computate spese desunte da criteri meramente presuntivi.
In particolare, si contesta il riferimento alle cosiddette ‘spese Istat’ basato su una mera presunzione del costo della vita del nucleo familiare, in assenza di elementi di effettivo riscontro. Sulla base di tale dato veniva accertato un divario tra le entrate e le uscite, omettendo di considerare che, al netto delle spese presunte, il reddito familiare sarebbe stato pari ad oltre €170.000.
Sostiene la difesa che l’accertamento della sperequazione tra reddito e patrimonio andrebbe compiuta basandosi esclusivamente sul reddito accertato e tenendo conto delle spese realmente dimostrabili, non potendosi applicare criteri presuntivi.
Tenendo conto anche delle entrate registrate negli anni precedenti al 2008, i redditi risulterebbero del tutto idonei a giustificare le spese sostenute per la realizzazione dei fabbricati, soprattutto ove si consideri che le opere sono state eseguite in economia.
Per quanto concerne la confisca dell’impresa individuale, il ricorrente contesta l’affermazione secondo cui, con l’appello, non avrebbe contestato tale parte della pronuncia, sottolineando come l’impresa Ł titolare di un solo bene, costituito dal terreno e dal soprastante magazzino della cui realizzazione il ricorrente aveva ampiamente trattato, sottolineando come l’acquisto del terreno era di molto antecedente il periodo di pericolosità accertato, mentre la realizzazione del magazzino era avvenuta in epoca successiva (2012-2014).
In relazione alla confisca dell’unità immobiliare sita in San Calogero, il ricorrente sottolinea
come la stessa Corte di appello indichi che il fabbricato Ł stato costruito in epoca di poco antecedente il 2008/2011, ciononostante, si era ritenuto che l’immobile fosse il frutto del reimpiego di somme di provenienza illecita.
Infine, il ricorrente censura che la stima dei costi di costruzione Ł avvenuta sulla base le tabelle elaborate dall’Ordine degli architetti di Catanzaro, mentre la difesa aveva indicato la valutazione dell’Agenzia delle Entrate circa il prezzo medio dei fabbricati realizzati nella stessa zona.
Si contesta che i giudici di merito abbiano ritenuto maggiormente attendibile la stima dei costi di costruzione, piuttosto che il prezzo di vendita dei fabbricati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
2. Il primo motivo di ricorso Ł infondato.
Occorre premettere che in materia di prevenzione la competenza territoriale Ł determinata in relazione al luogo di dimora del destinatario delle misure personali o patrimoniali. La nozione di ‘dimora’ attiene al luogo ove si manifesta la pericolosità sociale, anche se diverso da quello della residenza anagrafica (Sez.6, n. 17850 del 27/5/2020, Reinard, Rv. 279027).
La competenza territoriale, pertanto, va determinata verificando il luogo in cui, al momento della decisione, la pericolosità si manifesti e, nel caso in cui tali manifestazioni siano plurime e si verifichino in luoghi diversi, là dove le condotte di tipo qualificato appaiano di maggiore spessore e rilevanza (Sez.U, n 33451 del 29/5/2014, Repaci, Rv. 260245).
2.1. La Corte di appello ha espressamente dato atto di aver compiuto la valutazione in ordine alla competenza applicando il suddetto principio di diritto e individuando nel territorio calabrese l’ambito in cui si Ł manifestata con maggior rilevanza la pericolosità del prevenuto.
Tale giudizio Ł stato reso sul presupposto che, a fronte della contestata commissione di due diverse condotte associative di narcotraffico, una a Bologna e l’altra in Calabria, la maggiore pericolosità Ł stata stabilita in considerazione del fatto che, nel procedimento calabrese, al ricorrente si contesta il ruolo di organizzatore dell’associazione e il periodo della partecipazione all’associazione Ł piø ampio (così pg.3).
A fronte dell’individuazione del criterio fattuale sulla cui base la Corte di appello ha operato la valutazione della competenza territoriale, secondo il corretto principio di diritto, deve rilevarsi l’insindacabilità di tale punto della decisione, posto che il ricorso in cassazione in subiecta materia Ł consentito solo per violazione di legge.
Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili, concernendo in entrambi i casi aspetti che attengono al vizio di motivazione e non alla violazione di legge.
3.1. Per quanto attiene all’accertamento della pericolosità sociale, si rileva che la Corte di appello ha reso una motivazione che non può definirsi meramente apparente, avendo valorizzato la condanna in primo grado per il reato associativo, nonchØ gli elementi emersi nel procedimento pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro.
¨ pur vero che non si Ł provveduto ad una integrale rivalutazione degli elementi indiziari, ma ciò non comporta alcun profilo di violazione di legge, nella misura in cui risulti ugualmente che vi Ł stato un autonomo vaglio dei presupposti legittimanti la misura patrimoniale, anche mediante il richiamo alla motivazione resa dal Tribunale.
3.2. Il terzo motivo Ł dedicato all’accertamento della sproporzione reddituale e si traduce in un sindacato nel merito dei criteri applicati dalla Corte di appello.
Invero, i giudici di merito hanno pienamente dato conto dell’accertamento del reddito familiare disponibile nel periodo in cui si Ł manifestata la pericolosità sociale, nonchØ della sua assoluta inidoneità a consentire al prevenuto l’acquisto e la realizzazione degli immobili.
Il ricorrente lamenta l’esistenza di discrasie temporali tra l’acquisto dei terreni e la realizzazione degli immobili, ma sul tema la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del consolidato principio secondo cui, in tema di misure di prevenzione, Ł legittima la confisca di un bene immobile, realizzato con somme di denaro di illecita provenienza su terreno di provenienza lecita, in quanto i due beni, sul piano economico e funzionale devono essere valutati unitariamente, non potendo essere suscettibili di un’utilizzazione separata, dovendosi dare maggior rilievo, in ambito penalistico, al maggior valore economico del fabbricato – bene principale – del quale il terreno, indipendentemente dalla sua estensione, segue il regime giuridico, quale pertinenza, in conformità agli scopi della disciplina di prevenzione (Sez.2, n. 40778 del 2/11/2021, Fasciani, Rv. 282195).
Le restanti censure, concernenti la determinazione del reddito, l’individuazione delle spese correnti e dei costi di costruzione, attingono profili motivazionali, non sindacabili in questa sede.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25/03/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME NOME