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Confisca denaro stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di patteggiamento nella parte in cui disponeva la confisca di una somma di denaro trovata insieme a sostanze stupefacenti. La Corte ha stabilito che, in caso di accusa per mera detenzione e trasporto, il denaro non può essere considerato automaticamente ‘profitto del reato’. La confisca denaro stupefacenti è possibile solo dimostrando una sproporzione tra i beni e il reddito dell’imputato, secondo l’art. 240-bis c.p., cosa che il giudice di merito non aveva fatto. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca denaro stupefacenti: quando non è profitto del reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16686/2025, affronta un tema cruciale in materia di reati legati agli stupefacenti: la legittimità della confisca denaro stupefacenti quando l’accusa è limitata alla mera detenzione. La decisione stabilisce un principio fondamentale: il denaro trovato in possesso di chi detiene droga non può essere automaticamente considerato profitto del reato e confiscato ai sensi dell’art. 240 c.p., ma richiede una motivazione specifica basata su altri presupposti.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato, a seguito di patteggiamento, a quattro anni di reclusione per la detenzione e il trasporto di quattro chilogrammi di cocaina. Oltre alla pena detentiva, il giudice di primo grado disponeva la confisca di 42.350,00 euro, rinvenuti all’interno dell’auto insieme alla sostanza stupefacente. Il giudice aveva qualificato tale somma come “frutto dell’attività illecita”.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la confisca fosse stata disposta al di fuori dell’accordo di patteggiamento e fosse illegittima. La sua difesa si basava su un punto essenziale: il reato contestato era la detenzione a fini di spaccio, non la cessione. La semplice detenzione, di per sé, non genera profitto, pertanto il denaro non poteva essere considerato il prezzo o il profitto del reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza limitatamente alla statuizione sulla confisca e rinviando la questione al Tribunale di Pescara per una nuova valutazione. Gli Ermellini hanno chiarito la distinzione tra diverse tipologie di confisca e le condizioni per la loro applicabilità.

La distinzione cruciale per la confisca denaro stupefacenti

Il cuore della sentenza risiede nella distinzione tra la confisca ordinaria, prevista come misura di sicurezza, e la confisca per sproporzione, applicabile in casi specifici.

La Confisca come “Profitto del Reato” (Art. 240 c.p.)

La Corte ha ribadito che la confisca del denaro come “profitto” del reato, ai sensi dell’art. 240 c.p., è possibile solo quando esiste un nesso di pertinenzialità diretto tra il denaro e l’attività criminosa contestata. Nel caso di specie, l’accusa era di mera detenzione e trasporto di stupefacenti. Questa condotta non produce un profitto economico diretto. Il profitto deriva dalla cessione della droga, un reato diverso e non contestato. Pertanto, qualificare il denaro come profitto della detenzione è un errore giuridico.

La Confisca per Sproporzione (Art. 240-bis c.p.)

La Cassazione ha indicato la strada corretta che il giudice avrebbe dovuto seguire. Per i reati di droga, è possibile applicare la cosiddetta “confisca per sproporzione” (o allargata), richiamata dall’art. 85-bis del d.P.R. 309/1990. Questo strumento permette di confiscare denaro o beni di cui l’imputato non riesce a giustificare la provenienza e che risultano sproporzionati rispetto al suo reddito o alla sua attività economica. Tuttavia, per disporre tale misura, il giudice è tenuto a fornire una motivazione specifica su questo squilibrio, cosa che nel caso in esame era totalmente mancata.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che anche una sentenza di patteggiamento può essere impugnata per vizi relativi all’applicazione di una misura di sicurezza, come la confisca, quando questa non era parte dell’accordo. Una motivazione mancante o meramente apparente sull’applicazione della confisca integra una “violazione di legge” rilevabile in sede di legittimità. Il giudice di primo grado si era limitato a definire il denaro “frutto dell’attività illecita” senza spiegare come e perché, violando così l’obbligo di motivazione. L’assenza di un collegamento logico tra la detenzione e il presunto profitto ha reso la confisca disposta ai sensi dell’art. 240 c.p. illegittima. Per poter procedere, il giudice avrebbe dovuto indagare sulla sproporzione patrimoniale dell’imputato e motivare adeguatamente su quel punto, applicando l’art. 240-bis c.p.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza un importante principio di garanzia: non può esservi una presunzione assoluta che il denaro trovato in possesso di chi detiene droga sia di provenienza illecita. La confisca denaro stupefacenti non è un automatismo. Per essere legittima, deve fondarsi su presupposti giuridici precisi e sorretta da una motivazione adeguata. Se l’accusa è solo detenzione, la Procura deve dimostrare, e il giudice accertare, o che quel denaro è il profitto di precedenti e specifiche cessioni, oppure che esiste una sproporzione patrimoniale ingiustificata. In assenza di tale prova e motivazione, il sequestro e la successiva confisca del denaro sono illegittimi.

È possibile confiscare denaro trovato insieme a droga se l’accusa è solo di detenzione e non di spaccio?
No, non automaticamente come ‘profitto del reato’. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di mera detenzione, a differenza della cessione, non genera un profitto economico. Pertanto, il denaro non può essere confiscato con questa motivazione.

In quali casi si può comunque procedere alla confisca del denaro in caso di detenzione di stupefacenti?
La confisca è possibile se si applica l’istituto della ‘confisca per sproporzione’ (art. 240-bis c.p.). In questo caso, il giudice deve motivare in modo specifico l’esistenza di una sproporzione tra la somma di denaro (o altri beni) e il reddito o l’attività economica legittima della persona indagata.

Una confisca disposta in una sentenza di patteggiamento può essere contestata?
Sì. Se la misura di sicurezza della confisca non era parte dell’accordo tra le parti, la sentenza può essere impugnata davanti alla Corte di Cassazione per vizio di motivazione. Una motivazione mancante o solo apparente è considerata una violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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