Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23656 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23656 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMENUMERO_DOCUMENTO CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla confisca del denaro, con rinvio per un nuovo esame sul punto; per l’inammissibilita’ del ricorso nel resto.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME AVV_NOTAIO, del foro di FIRENZE, in difesa di COGNOME NOME. Il difensore illustra i motivi del ricorso ed insiste per il suo accoglimento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze che ha confermato la decisione del Tribunale di Firenze, il quale riconosceva l’imputato colpevole della detenzione, presso la propria abitazione, di sostanza stupefacente suddivisa in diversi involucri, nonché di un atto di cessione di una singola dose della stessa sostanza e di una continuativa attività di cessione al medesimo cliente di singole dosi, succedutasi per circa un anno con la cadenza di tre-quattro volte al mese. Qualificati i fatti ai sensi dell’art.73 comma 5 d.P.R. 309/90 e ritenuta la recidiva specifica infraquinquennale, lo aveva condannato alla pena di anni tre mesi sei di reclusione ed euro tremila di multa, con la confisca del denaro rinvenuto nella sua disponibilità nella misura di euro 31.545,00, in quanto ritenuto profitto di una continuativa attività di spaccio.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla misura del trattamento sanzionatorio e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; nonché in relazione al diniego di accesso alle misure alternative alla detenzione i pure valorizzatopalla riforma Cartabia mediante la introduzione dell’art.20 bis cod.pen. l. e la modifica della disciplina dei presupposti applicativi, nonché attraverso l’ampliamento delle misure alternative disciplinate dalla L.689/81, in una prospettiva di riabilitazione e di risocializzazione del reo.
Con una ultima articolazione deduce violazione di legge con riferimento al provvedimento ablatorio della somma di denaro detenuta dal ricorrente presso la propria abitazione laddove, se la statuizione andava intesa come confisca per equivalente ai sensi dell’at.240 bis cod.pen., la stessa risultava preclusa dall’art.85 bis DPR 309/90 in quanto la fattispecie non era applicabile a ipotesi di violazione della disciplina sugli stupefacenti qualificata ai sensi dell’art.73 comma 5 dPR 309/90 mentre’ , se collegata alla ipotesi di spaccio, e pertanto riconducibile alla confisca diretta ai sensi dell’art.240 cod.pen., essa andava limitata al denaro che costituiva il prezzo, il profitto o il prodotto del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene il Collegio che i primi due motivi sopra richiamati siano infondati in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., Sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
3.1. Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale con riferimento al trattamento sanzionatorio e alla esclusione di misure sostitutive alla pena detentiva è coerente con le risultanze processuali e non risulta altresì manifestamente illogico o contraddittorio, tenuto conto delle modalità dell’azione, della dotazione di sostanza stupefacente in possesso del ricorrente, della rilevantissima somma di denaro custodita nella propria abitazione rche r ,del tutto correttamente è stata ricondotta dai giudici di merito ad una incessante e proficua attività di spaccio, considerato che il COGNOME, per sua stessa ammissione, non svolgeva attività lavorativa e risultava privo di ulteriori fonti di reddito, nonché di stabile dimora. Del tutto logicamente pertanto la pena è stata modulata sulla base di criteri edittali superiori alla media, tenuto conto che la condotta dell’imputato, in ragione del quantitativo dello stupefacente sequestrato, in uno con la qualità dello stesso, delle complessive modalità dell’azione e del profitto realizzato, si pone ai limiti della soglia della pur riconosciuta ipotesi di minore gravità, di cui all’art.73 comma 5 dPR 309/90, e comunque in termini del tutto coerenti con i principi direttivi di cui all’art.133 cod.pen. in ragione dei precedenti penali, anche della stessa specie, di cui il ricorrente risulta gravato.
3.2 Sul punto la Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così Sez. 4, n. 21294 del 21/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8/05/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, COGNOME, Rv. 255153), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596). La motivazione del giudice di appello in relazione alla graduazione del trattamento sanzionatorio risulta pertanto sufficientemente argomentata e non presenta travisamenti od errori manifesti tali da richiedere interventi di adeguamento e di correzione del giudice di legittimità anche con riferimento al mancato riconoscimento del beneficio delle circostanze attenuanti generiche in assenza di qualsivoglia profilo di meritevolezza, tenuto altresì conto dei precedenti specifici in capo al ricorrente, nonché dei numerosi procedimenti penali pendenti indicati dal giudice distrettuale e del fatto che, in relazione ad uno di essi il COGNOME risultava, al momento dei fatti, sottoposto al regime cautelare della presentazione alla polizia giudiziaria.
Del tutto logicamente poi il giudice ha escluso, nell’ambito del potere discrezionale riconosciuto dall’art.58 L.689/81, l’applicazione di misure alternative in considerazione della pena inflitta (anni treinnesi sei di reclusione) che non consente l’applicazione di sanzioni sostitutive diverse dalla semilibertà e della detenzione domiciliare, in ragione di tutti gli indici sopra evidenziati, costituiti da una abitual attività delittuosa nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti e di una personalità fortemente trasgressiva/anche con riferimento al rispetto degli obblighi imposti dall’autorità giudiziaria, mediante l’adozione di misure cautelari non detentive, tenuto altresì conto del fatto che il COGNOME risulta sprovvisto di una stabile dimora.
Fondato è invece il motivo di ricorso che investe la statuizione della confisca della somma di denaro rinvenuta nella disponibilità dell’imputato.
Invero, in relazione al denaro in sequestro il giudice non ha fornito conto delle ragioni per cui lo stesso sia stato ritenuto, per la sua interezza, provento o profitto del reato, trattandosi di ipotesi di detenzione di stupefacente e di singoli atti di cessione di modiche quantità.
. Invero in relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti previsto dall’art.73 comma 5 d.P.R. 309/90, può procedersi alla confisca del denaro trovato in possesso dell’imputato soltanto quando sussista un nesso di pertinenzialità fra questo e l’attività illecita contestata. È stato affermato dal giudice di legittimità che non sono confiscabili le somme che costituiscono il ricavato di precedenti diverse cessioni di droga o sono destinate ad ulteriori acquisti della medesima sostanza, non potendo le stesse qualificarsi né come “strumento”, né quale “prodotto”, “profitto” o “prezzo” del reato (Rv. Sez.6, n.55852 del 17/10/2017, Landi, Rv.272204) e in ogni caso il giudice di appello non ha dato conto delle ragioni per cui dette somme confiscate siano in qualche modo collegate allo specifico reato per cui si procede. In relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, il denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato può essere sottoposto a confisca solo nel caso in cui ricorrano le condizioni previste all’art. 240-bis cod. pen., applicabile in ragione del rinvio operato dall’art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. (In motivazione, la Corte ha chiarito che in relazione a tale reato non è consentita la confisca del denaro nè ai sensi dell’art. 240 cod. pen., né ai sensi dell’art. 73, comma 7-bis, d.P.R. cit., applicabili invece all’ipotesi di cessione di sostanza stupefacente, non sussistendo il necessario nesso tra il denaro oggetto di ablazione e il reato di mera detenzione per cui è affermata la responsabilità sez.4, n.20130 del 19/04/2022, Donato, Rv.283248). Nella specie peraltro neppure risulta ipotizzabile la confisca obbligatoria ai sensi dell’art.240 bis cod.pen.
come richiamato dall’art.85 bis d.P.R. 309/90 in presenza di detenzione di stupefacente qualificata ai sensi del comma 5 dell’art.73 d.P.R. 209/90, essendo prevista una specifica esclusione nella suddetta disposizione.
5.1 Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente la confisca della somma di denaro, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze onde accertare, in relazione al numero di atti di cessione di cui alla statuizione di condanna e al corrispettivo economico degli stessi, quale sia stato il profitto economico suscettibile di confisca in via diretta ai sensi dell’art.240 comma 2 cod.pen.
Segue da dispositivo la dichiarazione di irrevocabilità della sentenza impugnata, limitatamente all’affermazione della penale responsabilità del ricorrente, ai sensi dell’art.624 comma 2 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca della somma di denaro in sequestro e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso. Dichiara la irrevocabilità della declaratoria di responsabilità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, del 22 marzo 2024