Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43632 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43632 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LOCRI il 29/12/1983
avverso l’ordinanza del 28/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di sorveglianza di Torino, accogliendo il reclamo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (da ora DAP), ha annullato il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza di Torino, in data 11 dicembre 2023, ha accolto il reclamo del detenuto in regime differenziato, NOME COGNOME avverso il diniego dell’Amministrazione a svolgere, eccezionalmente, un unico colloquio in presenza, senza vetro divisorio, con la madre.
Avverso il provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME denunciando inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 125, comma 2, cod. proc. pen. e 41-bis Ord. pen., con vizio di motivazione.
Si richiama sentenza della Corte costituzionale n. 87 nel 2019 che, nella motivazione, con riferimento al vetro divisorio, ha specificato che l’utilità di tale strumento potrebbe essere assicurata con l’uso di tecnologia più attuale tenuto conto, peraltro, che il colloquio può essere interrotto in qualsiasi momento in caso di eventuali elementi di criticità. Si richiama nello stesso senso la sentenza n. 46719 del 2021 e Sez. 1, n. 196 del 25 ottobre del 2023.
È ammissibile, dunque, il colloquio senza vetro divisorio in base ad una interpretazione della norma, conforme alla giurisprudenza costituzionale, secondo la quale è fattibile il colloquio senza vetro, con strumenti sostitutivi come telecamere e registratori, effettuando un bilanciamento tra circostanze positive e quelle sfavorevoli, ex art. 41-bis comma 2-quater, Ord. pen.
COGNOME non ha contatti con la madre da diciassette anni e quest’ultima è in condizioni fisiche precarie e di età vicino alla fine della vita, il colloquio verrebb registrato e, quindi, ogni passaggio di oggetti sarebbe facilmente evitato.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta, con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1.Secondo la condivisibile giurisprudenza di legittimità, i colloqui visivi costituiscono un fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare e al mantenimento di relazioni con i più stretti congiunti, riconosciuto da numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario, quali gli artt. 28 Ord. pen., secondo cui «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni
dei detenuti e degli internati con le famiglie»; 18, comma 3, che riconosce «particolare favore (…) ai colloqui con i familiari»; 1, comma 6, e 15 Ord. pen. (i quali collocano i colloqui nel trattamento, attribuendo loro rilevanza anche ai fini dell’attività di recupero e rieducazione del condannato); 61, comma 1, lett. a), e 73, comma 3, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, il quale contempla il mantenimento del diritto ai colloqui con i familiari anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell’isolamento con esclusione dalle attività in comune (tra le altre, Sez. 1, n. 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, in motivazione; Sez. 1, n. 47326 del 29/11/2011, Panaro, Rv. 251419; Sez. 1, n. 33032 del 18/4/2011, COGNOME, Rv. 250819; Sez. 1, n. 27344 del 28/5/2003, COGNOME, Rv. 225011; Sez. 1, n. 22573 del 15/5/2002, Valenti, Rv, 221623).
Un diritto, quello ai colloqui, che, peraltro, presenta un saldo radicamento sul piano costituzionale (cfr. gli artt. 29, 30 e 31 Cost. posti a tutela della famiglia e dei suoi componenti) e convenzionale (l’art. 8, CEDU stabilisce che «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare …»), sicché l limitazioni all’esercizio di tale diritto devono essere previste dalla legge e devono essere giustificate da esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, di protezione della salute, dei diritti e delle libertà altr (così Sez. 1, n. 23819 del 22/6/2020, Madonia, in motivazione).
1.2. Consegue alle considerazioni che precedono che il diritto ai colloqui è pacificamente riconosciuto anche ai ristretti sottoposti al regime differenziato dell’art. 41-bis Ord. pen., ai quali, nondimeno, si applicano disposizioni restrittive in relazione al numero dei colloqui e alle relative modalità di svolgimento, senza che, però, possa impedirsi al detenuto di accedervi.
Infatti, ai sensi dell’art. 41-bis, comma 1-quater, lett. b), Ord. pen., il detenuto sottoposto al regime differenziato ha diritto a un colloquio al mese, con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti (con vetro divisorio), con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell’Autorità giudiziaria competente.
Inoltre, per chi non effettua colloqui è prevista, solo dopo i primi sei mesi di applicazione del regime differenziato, l’effettuazione di un colloquio telefonico mensile, con i medesimi soggetti, della durata massima di dieci minuti, sottoposto anch’esso a registrazione e “comunque” a videoregistrazione.
Si tratta di limitazioni, peraltro, che devono essere giustificate da esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza sottese al regime differenziato. Diversamente, come più volte ricordato dalla Corte costituzionale, dette limitazioni non possono ammettersi, siccome in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost. (cfr. Corte cost., sent. n. 97 del 2020 e 351 del 1996; nonché Sez. 1, n. 43436 del 29/5/2019, Gallucci, in motivazione).
In particolare, nel caso qui in rilievo, di colloquio senza vetro divisorio, in via eccezionale, con la madre del detenuto, va osservato che l’art. 16 della Circolare del DAP del 2 ottobre 2017, che disciplina l’organizzazione del particolare regime previsto dall’art. 41-bis Ord. pen., stabilisce, da un lato, che il colloquio abbia luogo senza vetro divisorio soltanto nel caso in cui esso avvenga con i figli e i nipoti in linea retta, che siano minori di dodici anni; e, dall’altro lato, che colloqui visivi siano circoscritti ai “familiari”, ovvero, secondo l’indicazione contenuta nella stessa circolare, ai parenti e affini entro il terzo grado.
Tale scelta organizzativa da parte dell’Amministrazione penitenziaria risponde, a parere di questo Collegio, a un esercizio non irragionevole della discrezionalità alla stessa riconosciuta, riconducibile alla necessità di non pregiudicare le esigenze di controllo, a fronte di un’eccessiva dilatazione della platea dei soggetti autorizzabili al colloquio con modalità derogatorie rispetto alle cautele ordinarie previste dalla richiamata disposizione legislativa (ovvero in locali muniti di vetro divisorio).
Del resto, se l’Amministrazione penitenziaria e, comunque, il giudice del merito, non ravvisano situazioni eccezionali che la circolare DAP, comunque, evoca, dandone congruo riscontro, non può essere devoluto a questa Corte un intervento diretto a censurare il provvedimento adottato per violazione di legge, a fronte di un esercizio non irragionevole della discrezionalità amministrativa nell’attuazione delle cautele richieste dall’art. 41-bis, comma 1-quater, lett. b), Ord. pen., riconducibile alla necessità di non pregiudicare le esigenze di controllo per effetto di una eccessiva dilatazione della platea dei soggetti autorizzabili al colloquio, ovvero al suo espletamento con modalità derogatorie rispetto alle cautele ordinarie (cioè in locali muniti di vetro divisorio, cfr. Sez. 1, n. 28260 del 09/04/2021, COGNOME, Rv. 281754 – 01; Sez. 1, n. 46719 del 03/11/2021, Pesce, Rv. 282319 – 01; conf. n. 5446 del 2020, Rv. 278180 – 01).
Tale indirizzo interpretativo è costante nella giurisprudenza di legittimità e non vi sono ragioni di discostarsene (in questo senso, Sez. 7, ord. n. 37923 23 del 13/07/2023, Pagano, non mass.) anche a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 105 del 2023, secondo la quale una disciplina che escluda, totalmente, la possibilità di mantenere, durante i colloqui visivi, un contatto fisico con i familiari, inclusi quelli in età più giovane, si porrebbe in contrasto con il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, stabilito dall’art. 27 Cost. anche per i detenuti in regime speciale e con i parametri costituzionali e internazionali che tutelano il preminente interesse del minore. Si tratta di pronuncia che ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale – sollevate dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, 31 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo e all’art.
CEDU – dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b, Ord. pen., nella parte in cui, nel prevedere che il colloquio visivo mensile del detenuto in regime differenziato avvenga in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, imporrebbe l’uso del vetro divisorio a tutta altezza, anche quando si svolga con i figli e i nipoti in linea retta minori di quattordici anni. Il Giudice delle leggi affermato contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, che la disposizione censurata può essere interpretata in modo da garantire un trattamento penitenziario non contrastante con il senso di umanità, anche a tutela del preminente interesse dei minori, nel senso che il regime previsto dall’art. 41-bis non impone sempre l’impiego del vetro divisorio durante i colloqui con i familiari minori di età. Nel richiedere che i locali siano «attrezzati» in maniera da impedire il passaggio di oggetti, il legislatore indica solo l’obiettivo da raggiungere, senza specificare le possibili soluzioni tecniche, che vanno invece necessariamente adeguate alla situazione concreta, al fine di garantire il risultato indicato dalla legge e al contempo evitare che la restrizione assuma connotazioni puramente afflittive per il detenuto, sacrificando inoltre l’interesse del minore. A sua volta la circolare DAP del 2 ottobre 2017, che consente il colloquio senza vetro nel caso di figli o nipoti minori di dodici anni, contiene una direttiva che è solo orientativa e per ciò stesso derogabile: l’amministrazione penitenziaria ben potrà quindi disporre un colloquio senza vetro anche con minori ultradodicenni quando sia possibile escludere che questi siano strumentalizzabili per trasmettere o ricevere informazioni, ordini o direttive e, al contrario, potrà rifiutarlo anche nel caso di minore infradodicenne ove risultino elementi specifici, che rendano oggettivamente prevalente l’esigenza di contenimento del rischio di contatti con l’ambiente esterno. Così interpretata la disciplina risulta immune dai vizi denunciati, fermo restando che il legislatore è libero di disciplinare in fonte primaria le modalità dei colloqui con i familiari, in particolare con i minori, evitando scelte rigide che potrebbero risultare non adeguate, per eccesso o per difetto, alle specifiche esigenze del caso singolo). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per il diverso caso al vaglio, non implicante autorizzazione a colloquio senza vetro divisorio con familiare minore, va, quindi, reputata, a fronte delle ragioni affettive che hanno spinto il detenuto a formulare l’istanza di colloquio senza vetro divisorio, ragionevole e ineccepibile, nonché immune da violazione di legge, la scelta del Tribunale di sorveglianza che non ha individuato, nella specie, alcun caso eccezionale, con ragionamento, comunque, di puro merito reso con motivazione adeguata e, quindi, incensurabile in sede di legittimità.
Infine, va riscontrato che, come notato dal Tribunale con ragionamento ineccepibile, la situazione eccezionale dedotta è stata, comunque, valutata dai giudici di sorveglianza, fornendo, sul punto, motivazione immune da vizi, pur rimettendo alla discrezionalità dell’Amministrazione penitenziaria l’eventualità di
consentire all’ergastolano, a fine colloquio, di abbracciare la madre di settantotto anni in assenza di situazioni di pericolo per la sicurezza.
2.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 13 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente