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Circostanze attenuanti generiche: quando il giudice può negarle

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte ha ribadito che la decisione è un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, il quale può negare il beneficio anche sulla base di un solo elemento negativo, come la reiterazione della condotta illecita nello stesso giorno, senza che tale valutazione sia sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze attenuanti generiche: la discrezionalità del giudice e i limiti del ricorso in Cassazione

La concessione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno degli strumenti più significativi a disposizione del giudice per adeguare la pena alla specifica realtà del caso concreto. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e si basa su una valutazione ampiamente discrezionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che governano questa materia, chiarendo i limiti entro cui la decisione del giudice di merito può essere contestata in sede di legittimità.

Il caso in esame: un ricorso contro il diniego delle attenuanti

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per il reato previsto dall’art. 6 della legge n. 401 del 1989. L’imputato lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche da parte della Corte d’Appello, sostenendo che la motivazione fosse errata. La Corte territoriale aveva negato il beneficio basandosi sulla reiterazione della condotta criminosa avvenuta nel corso della stessa giornata, un elemento ritenuto sintomatico di una maggiore gravità del fatto e di una spiccata capacità a delinquere.

La decisione della Corte e i principi sulle circostanze attenuanti generiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e generico, confermando la decisione impugnata. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire la loro consolidata giurisprudenza in materia. Le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato, considerando situazioni che incidono positivamente sull’entità del reato e sulla capacità a delinquere.

Il loro riconoscimento, tuttavia, non è un diritto ma richiede la dimostrazione di elementi positivi concreti. La valutazione circa la loro sussistenza è un tipico giudizio di fatto, demandato alla piena discrezionalità del giudice di merito. Questo giudizio è sottratto al controllo della Corte di Cassazione, a condizione che sia supportato da una motivazione congrua e non palesemente illogica.

Le motivazioni: il potere discrezionale del giudice

Il fulcro della decisione risiede nel potere discrezionale del giudice. La Corte ha specificato che, nell’esaminare gli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole), il giudice può legittimamente limitarsi a considerare anche un solo elemento che ritenga prevalente e decisivo. Questo singolo elemento, sia esso relativo alla personalità del colpevole o alle modalità di esecuzione del reato, può essere sufficiente a giustificare sia la concessione che l’esclusione delle attenuanti.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente identificato nella ‘reiterazione della condotta’ un fattore negativo preponderante, idoneo a escludere il beneficio. Il ricorso dell’imputato, non confrontandosi specificamente con questa logica e ben motivata argomentazione, è stato quindi ritenuto generico e, di conseguenza, inammissibile.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza conferma un principio cruciale: per ottenere le circostanze attenuanti generiche, non basta l’assenza di elementi negativi, ma è necessaria la presenza di elementi di segno positivo meritevoli di considerazione. La decisione del giudice di merito, seppur discrezionale, deve essere motivata, ma tale motivazione può fondarsi anche su un unico aspetto ritenuto decisivo. Per la difesa, ciò significa che un eventuale ricorso in Cassazione non può limitarsi a contestare il merito della valutazione, ma deve individuare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione del provvedimento impugnato. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

Quando il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche basando la sua decisione anche su un solo elemento negativo che ritiene prevalente, come la personalità del colpevole, la gravità del reato o le modalità di esecuzione, ad esempio la reiterazione della condotta illecita.

La decisione del giudice sulle attenuanti generiche è sempre insindacabile in Cassazione?
No, non è sempre insindacabile. La valutazione sul merito è riservata al giudice di primo e secondo grado. Tuttavia, può essere contestata in Cassazione se la motivazione fornita dal giudice è mancante, palesemente illogica o contraddittoria, ma non semplicemente perché non si condivide la valutazione fatta.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione, il ricorrente è condannato a pagare le spese del procedimento e una somma di denaro, stabilita discrezionalmente dalla Corte, a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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