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Chat criptate all’estero: la validità delle prove

Un individuo, accusato di far parte di un’associazione internazionale per il traffico di stupefacenti, ha impugnato un’ordinanza di custodia cautelare, contestando sia la prova della sua partecipazione all’associazione sia la legittimità delle prove raccolte all’estero, incluse chat criptate. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la validità delle prove acquisite tramite una Squadra Investigativa Comune (JIT) e l’Ordine Europeo di Indagine, in linea con i recenti orientamenti delle Sezioni Unite, sottolineando l’efficacia degli strumenti di cooperazione giudiziaria europea.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Chat criptate dall’estero: la Cassazione ne conferma la piena validità

Nel contesto della lotta alla criminalità organizzata transnazionale, l’acquisizione di prove digitali come le chat criptate rappresenta una sfida cruciale per gli inquirenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sulla legittimità di tali prove quando ottenute attraverso la cooperazione giudiziaria europea, consolidando un orientamento ormai prevalente. La decisione analizza il caso di un soggetto accusato di far parte di una vasta rete di narcotraffico, le cui responsabilità sono state delineate anche grazie a dati investigativi provenienti da altri Paesi europei.

I Fatti: Un’Operazione Internazionale di Traffico di Stupefacenti

L’indagine ha svelato l’esistenza di un’associazione criminale dedita all’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America, destinati a essere smistati attraverso i porti di Gioia Tauro, Anversa e Rotterdam. L’imputato, operativo nella cellula tedesca dell’organizzazione, era accusato di coadiuvare gli altri membri nella commercializzazione dello stupefacente, mettendo a disposizione la propria auto e svolgendo un ruolo logistico. In particolare, gli veniva contestato di aver agito come autista per esponenti di spicco del sodalizio, di essere stato presente ad Anversa in coincidenza con l’arrivo di un carico di 930 kg di cocaina e di essere stato incaricato di reperire acquirenti per partite di hashish in Germania.

I Motivi del Ricorso: Partecipazione e Utilizzabilità delle Prove

La difesa ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su due argomenti principali.

In primo luogo, si contestava la sussistenza dell’elemento costitutivo dell’associazione, la cosiddetta affectio societatis. Secondo il ricorrente, il suo ruolo si sarebbe limitato a quello di mero accompagnatore, senza una reale partecipazione alle decisioni e agli scopi del sodalizio criminoso.

In secondo luogo, e con maggiore enfasi, la difesa ha eccepito l’inutilizzabilità delle prove raccolte all’estero, in particolare le intercettazioni e i dati delle chat criptate ottenuti in Belgio. Si sosteneva che l’acquisizione di tali elementi non avesse seguito le corrette procedure di cooperazione giudiziaria internazionale, rendendo i dati probatori nulli.

Le Motivazioni della Corte sulla validità delle chat criptate

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, offrendo motivazioni dettagliate su entrambi i punti.

Per quanto riguarda la partecipazione all’associazione, i giudici hanno ritenuto che il Tribunale del riesame avesse correttamente valutato i gravi indizi di colpevolezza. Il ruolo dell’imputato non era quello di un semplice autista, ma di una persona di “estrema fiducia” del sodalizio. La sua presenza in momenti chiave, l’incarico di trovare acquirenti e la partecipazione a una trasferta per ritirare un telefono criptato da usare per le comunicazioni con il Sud America sono stati considerati elementi sufficienti a dimostrare una piena e consapevole adesione al gruppo criminale.

Il nucleo della sentenza riguarda però la legittimità delle prove estere. La Corte ha chiarito che le indagini erano state condotte nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune (Joint Investigation Team – JIT), uno strumento di cooperazione che consente alle autorità di diversi Stati di operare congiuntamente. In questo contesto, vige il principio della lex loci, secondo cui gli atti di indagine sono regolati dalla legge del luogo in cui vengono compiuti. Ciò supera la necessità di ricorrere a complesse procedure rogatoriali. Correttamente, quindi, le intercettazioni su telefoni tedeschi erano state acquisite senza un Ordine Europeo di Indagine (OEI).

Inoltre, la Corte ha richiamato le recenti sentenze delle Sezioni Unite (note come sentenze Giorgi e Gjuzi), le quali hanno stabilito la piena legittimità dell’acquisizione, tramite OEI, di dati di chat criptate già nella disponibilità di un’autorità giudiziaria straniera. La procedura seguita è stata ritenuta del tutto legittima, e il ricorrente non ha fornito alcuna prova di specifiche violazioni dei diritti fondamentali che potessero invalidare la prova acquisita.

Conclusioni: L’Importanza della Cooperazione Giudiziaria Europea

Questa sentenza ribadisce la solidità e l’efficacia degli strumenti di cooperazione giudiziaria europea come le Squadre Investigative Comuni e l’Ordine Europeo di Indagine. La decisione conferma che le prove digitali, incluse le comunicazioni su piattaforme criptate, ottenute nel rispetto delle normative europee e del principio del reciproco riconoscimento, sono pienamente utilizzabili nei procedimenti penali italiani. La criminalità organizzata opera senza confini, e questa pronuncia dimostra che anche gli strumenti di contrasto sono sempre più integrati ed efficaci a livello transnazionale, garantendo che elementi probatori cruciali possano essere legittimamente utilizzati per accertare le responsabilità penali.

Le prove come le chat criptate ottenute all’estero tramite una Squadra Investigativa Comune (JIT) sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che quando le indagini sono svolte da una JIT, si applica il principio della lex loci, ovvero la legge del luogo dove l’atto viene compiuto. Questa forma di cooperazione diretta non richiede procedure di assistenza giudiziaria tradizionali, rendendo le prove acquisite pienamente utilizzabili.

Un individuo può essere considerato parte di un’associazione criminale anche se svolge solo compiti apparentemente secondari come fare da autista?
Sì. La sentenza chiarisce che la partecipazione all’associazione (affectio societatis) non dipende dalla gerarchia del ruolo, ma dalla consapevolezza e dalla stabilità del contributo. Se l’individuo agisce come persona di fiducia del sodalizio, partecipa a momenti cruciali e svolge compiti specifici (come trovare acquirenti o gestire la logistica), questi sono gravi indizi di colpevolezza, a prescindere dal fatto che compia anche mansioni di autista.

L’acquisizione di chat criptate da un’autorità giudiziaria straniera tramite Ordine Europeo di Indagine (OEI) è legittima?
Sì. Conformandosi a recenti decisioni delle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che l’acquisizione tramite OEI di dati di chat già in possesso di un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro è una procedura legittima. Spetta alla difesa dimostrare specifiche e concrete violazioni dei diritti fondamentali per contestarne la validità, non essendo sufficiente una generica contestazione della procedura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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