Causa di non punibilità: quando la quantità di droga la esclude? L’analisi della Cassazione
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per il principio di proporzionalità della pena. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta di tutte le circostanze del caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 44429/2024) offre un chiaro esempio di come alcuni elementi, come la quantità di stupefacente e le modalità dell’azione, possano precludere l’accesso a questo beneficio, anche in ipotesi di reato considerate di lieve entità.
I fatti del caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso presentato da un imputato, condannato in Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/1990, ovvero la detenzione e il traffico di sostanze stupefacenti in una forma attenuata. La difesa del ricorrente sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel negare l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo che le circostanze specifiche del reato lo consentissero.
La decisione sulla causa di non punibilità
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno qualificato i motivi presentati come “generici e manifestamente infondati”. La decisione si fonda sulla condivisione del ragionamento già espresso dalla Corte d’Appello, che aveva individuato elementi concreti ostativi alla concessione del beneficio.
In particolare, sono stati considerati decisivi due fattori:
1. Le modalità del reato: il fatto contestato consisteva in un’operazione di importazione di sostanza stupefacente.
2. La quantità della sostanza: l’imputato era stato trovato in possesso di 386,93 grammi di droga.
Secondo la Corte, la combinazione di questi elementi impedisce di formulare un giudizio di “minore offensività” del fatto, requisito essenziale per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
Nel motivare la propria decisione, la Suprema Corte ha sottolineato che la valutazione della particolare tenuità del fatto deve essere condotta in modo globale, considerando sia le modalità della condotta che l’entità del danno o del pericolo. L’importazione di stupefacenti è, di per sé, una modalità che denota una maggiore pericolosità e organizzazione rispetto a una semplice detenzione. Se a questo si aggiunge un quantitativo non irrilevante come quello in esame, il quadro complessivo del reato non può essere ricondotto a un’offesa minima. Il ricorso, non riuscendo a contestare efficacemente questa logica, è stato quindi ritenuto palesemente infondato e, di conseguenza, inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
Questa pronuncia ribadisce un principio consolidato: l’applicazione della causa di non punibilità non dipende solo dalla qualificazione giuridica del reato, ma da un’analisi fattuale approfondita. Anche per reati attenuati, come quelli previsti dal comma 4 dell’art. 73, la tenuità del fatto può essere esclusa in presenza di indicatori di una certa gravità. La quantità della sostanza e le modalità operative, come l’importazione, sono elementi che il giudice deve attentamente ponderare. La decisione serve da monito: non si può invocare l’art. 131-bis c.p. in modo generico, ma è necessario dimostrare che l’intero episodio delittuoso, nel suo complesso, presenti un’offensività minima, tale da non giustificare l’irrogazione di una sanzione penale.
È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto al reato di spaccio di stupefacenti?
Sì, in linea di principio è possibile, ma la sua applicazione non è automatica. Come chiarisce questa ordinanza, la valutazione dipende dalle circostanze concrete del caso. Elementi come una rilevante quantità di droga o modalità operative gravi come l’importazione possono escludere il beneficio, poiché indicano una significativa offensività del fatto.
Quali elementi ha considerato la Corte per escludere la minore offensività del fatto in questo caso?
La Corte ha ritenuto decisivi due elementi: le concrete modalità di procacciamento dello stupefacente, trattandosi di un’operazione di importazione, e la quantità della sostanza, pari a 386,93 grammi. Questi fattori, considerati insieme, sono stati giudicati ostativi alla formulazione di un giudizio di minore offensività.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta che la sentenza di condanna impugnata diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro (euro 3.000) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44429 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44429 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FELICI NOME NOME a PERUGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti avverso la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 309/1990 non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché generici e manifestamente infondati sul diniego di applicazione della causa di non punibilità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., fondato su argomenti (le concrete modalità di procacciamento dello stupefacente, oggetto di un’operazione di importazione e la quantità dello stesso, gr. 386,93), ritenuti in concreto ostativi alla formulazione di un giudizio di minore offensività del fatto.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 ottobre 2024
Il P9rdpte