Bilanciamento Circostanze e Prescrizione: La Cassazione Fa Chiarezza sulla Recidiva
L’interazione tra la recidiva, le attenuanti e il calcolo della prescrizione è un tema cruciale nel diritto penale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la recidiva, una volta accertata, incide sul termine di prescrizione del reato indipendentemente dall’esito del bilanciamento circostanze. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale di massima importanza per la difesa tecnica e per la corretta applicazione della legge.
Il Caso in Esame: Prescrizione e Recidiva “Subvalente”
Il caso sottoposto alla Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. I motivi di ricorso erano due:
1. Mancata declaratoria di prescrizione: La difesa sosteneva che il reato fosse ormai prescritto. L’argomentazione si basava sul fatto che la circostanza aggravante della recidiva era stata giudicata “subvalente” rispetto alle circostanze attenuanti concesse. Secondo il ricorrente, tale giudizio avrebbe dovuto neutralizzare l’effetto della recidiva anche ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere.
2. Mancata concessione di pene sostitutive: L’imputato lamentava inoltre la violazione di legge e il vizio di motivazione per il diniego, da parte dei giudici di merito, di una sanzione sostitutiva alla pena detentiva.
L’Impatto del Bilanciamento Circostanze sulla Prescrizione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il primo motivo di ricorso manifestamente infondato, richiamando un principio consolidato, già espresso dalle Sezioni Unite. Gli Ermellini hanno chiarito che, ai fini del computo del termine di prescrizione, si deve sempre tener conto della recidiva che è stata contestata e ritenuta sussistente in sentenza.
Il fatto che, nel successivo bilanciamento circostanze previsto dall’art. 69 del codice penale, la recidiva sia considerata subvalente o equivalente alle attenuanti non ha alcuna rilevanza su questo specifico punto. Il giudizio di bilanciamento, infatti, non cancella la circostanza aggravante, ma ne paralizza soltanto l’effetto più tipico, ovvero l’aumento della pena. La circostanza, come fatto giuridico accertato, continua a esistere e a produrre i suoi altri effetti, tra cui l’allungamento del termine di prescrizione.
La Decisione sulle Pene Sostitutive
Anche il secondo motivo di ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha ribadito che, anche alla luce delle recenti riforme, la valutazione sulla sussistenza delle condizioni per applicare una pena sostitutiva costituisce un accertamento di fatto. Tale valutazione è riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano adeguatamente spiegato le ragioni del diniego, facendo corretto riferimento agli elementi negativi desumibili dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo).
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Corte si fonda su una logica giuridica stringente. Il meccanismo del bilanciamento delle circostanze presuppone logicamente che entrambe le tipologie di circostanze (aggravanti e attenuanti) siano state riconosciute come esistenti. Se la recidiva non fosse stata riconosciuta, non ci sarebbe stato nulla da bilanciare. Pertanto, l’atto di “applicare la recidiva” si esaurisce nel momento del suo riconoscimento. Il bilanciamento è una fase successiva, che ne modula solo l’impatto sulla quantificazione della pena.
Come sottolineato dalle Sezioni Unite, l’esito del giudizio di bilanciamento non è la “dissolvenza” della circostanza subvalente, ma la “paralisi del suo effetto più tipico”. La circostanza, in quanto fatto compiuto, non può essere negata e continua a produrre gli altri effetti previsti dalla legge, come quello sulla prescrizione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione per gli operatori del diritto. Innanzitutto, conferma in modo netto che la strategia difensiva non può fare affidamento su un eventuale giudizio di subvalenza della recidiva per ottenere una declaratoria di prescrizione. Il calcolo va effettuato a monte, tenendo conto dell’aggravante se contestata e riconosciuta. In secondo luogo, la decisione evidenzia come l’accertamento della sussistenza delle condizioni per le sanzioni sostitutive sia saldamente ancorato alla valutazione discrezionale, seppur motivata, del giudice di merito, limitando i possibili motivi di ricorso in Cassazione alla sola manifesta illogicità del ragionamento.
Una circostanza aggravante come la recidiva incide sulla prescrizione anche se il giudice la ritiene meno importante delle attenuanti (subvalente)?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, ai fini del calcolo del termine di prescrizione, si deve sempre considerare la recidiva contestata e accertata in sentenza, a prescindere dal fatto che nel bilanciamento con le attenuanti sia stata giudicata subvalente o equivalente.
Perché il bilanciamento delle circostanze non annulla l’effetto della recidiva sulla prescrizione?
Perché il giudizio di bilanciamento non cancella l’esistenza della circostanza aggravante, ma si limita a neutralizzarne l’effetto sull’aumento della pena. La circostanza, una volta riconosciuta, continua a produrre tutti gli altri effetti previsti dalla legge, incluso l’allungamento dei termini di prescrizione.
È possibile contestare in Cassazione la decisione di un giudice di non concedere una pena sostitutiva?
No, a meno che la motivazione del giudice non sia manifestamente illogica. La valutazione delle condizioni per l’applicazione di sanzioni sostitutive è considerata un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito e non riesaminabile in sede di legittimità se la decisione è stata giustificata in modo congruo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27113 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27113 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SCAN DIANO il 16/10/1979
avverso la sentenza del 21/10/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che lamenta la mancata declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione sull’assunto che la circostanza aggravante di cui all’art. 99 cod. pen. poiché ritenuta subvalente nel giudizio di bilanciamento, non incide sul termine prescrizionale, è manifestamente infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui ai fini del computo del termine di prescrizione, occorre tener conto della recidiva contestata e ritenuta in sentenza, a nulla rilevando che, nel giudizio di comparazione con circostanze attenuanti, essa sia stata considerata subvalente o equivalente. In particolare le Sez. U. (sent. n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275319) in motivazione (par.11.2.) hanno precisato “il fatto stesso di aver operato il giudizio di bilanciamento presuppone il riconoscimento della recidiva;diversamente, mancando addirittura uno dei termini da comparare, non sussisterebbe quel concorso di circostanze eterogenee che è all’origine delle regole poste dall’art. 69 cod. pen. Come puntualizzato dalla stessa sentenza COGNOME, «…all’atto del giudizio di comparazione, l’azione dell’applicare la recidiva si è già esaurita, perché altrimenti il bilanciamento non sarebbe stato necessario». Ciò vale anche quando la circostanza aggravante non riesca ad annullare l’attenuante, risultando subvalente all’esito del giudizio di comparazione. L’art. 69 cod. pen., dal canto suo, chiaramente indica che esito del giudizio di bilanciamento non è la dissolvenza della circostanza subvalente che in quanto fatto compiuto non può più essere negato – ma la paralisi del suo effetto più tipico, quello di produrre una escursione della misura della pena”. considerato che il secondo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione della pena sostitutiva richiesta, è manifestamente infondato; Corte di Cassazione – copia non ufficiale che, invero, in tema di sanzioni sostitutive, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, l’accertamento della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive della pena detentiva breve costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico (cfr. Sez. 3, n. 9708 2 del 16/02/2024, Tornese, Rv. 286031; Sez 1, n. 35849 del 17/05/2019, Ahmetovic, Rv. 276716);
che, nella specie, i giudici del merito hanno congruamente esplicitato, facendo corretto riferimento agli elementi negativi di cui all’art. 133 cod. pen., le ragioni della mancata sostituzione (si veda pag. 5 della sentenza impugnata nella
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parte in cui il giudice di appello correttamente afferma l’inadeguatezza della pena sostitutiva tenuto conto della personalità e proclività a delinquere dell’odierna
ricorrente in ragione della frequenza di commissione di condotte truffaldine);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.