Bancarotta Semplice: il Ricorso è Inammissibile se si Chiede un Nuovo Esame dei Fatti
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso di bancarotta semplice, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso di legittimità. La Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un imprenditore, confermando che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito. Analizziamo insieme la vicenda e i principi espressi dalla Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Un imprenditore è stato condannato in secondo grado per il reato di bancarotta semplice. La Corte d’Appello, pur assolvendolo dall’accusa più grave di bancarotta preferenziale, ha confermato la sua responsabilità per aver aggravato lo stato di dissesto della propria azienda. In particolare, gli è stato contestato di non aver richiesto tempestivamente la dichiarazione di fallimento, nonostante la situazione finanziaria fosse già compromessa, come emergeva dal bilancio del 2010.
Inoltre, i giudici di merito hanno riconosciuto le attenuanti generiche, ma le hanno considerate solo equivalenti alla recidiva contestata, senza quindi applicare una significativa riduzione della pena. L’imprenditore ha quindi deciso di presentare ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: l’errata valutazione della sussistenza del reato e la mancata prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti.
La Decisione della Corte e la Bancarotta Semplice
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che il suo compito non è quello di stabilire se i fatti si siano svolti in un modo o nell’altro, ma solo di controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.
Le Motivazioni alla Base dell’Inammissibilità
La Corte ha smontato entrambi i motivi di ricorso presentati dalla difesa.
Sul primo punto, relativo alla sussistenza della bancarotta semplice, i giudici supremi hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione analitica e dettagliata. Era stato dimostrato che l’imputato, consapevole dello stato di dissesto, aveva continuato l’attività aggravando la situazione, integrando così l’elemento soggettivo del dolo richiesto dalla norma. Il ricorso, secondo la Cassazione, non sollevava censure di legittimità (cioè errori di diritto), ma si limitava a proporre una diversa interpretazione delle prove, un’operazione che non è consentita in sede di legittimità.
Anche il secondo motivo, riguardante le attenuanti generiche, è stato ritenuto infondato. La Corte d’Appello aveva correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, bilanciando le attenuanti con la gravità del fatto, l’intensità del dolo e i numerosi precedenti penali dell’imputato. La decisione di non concedere la prevalenza delle attenuanti era stata, quindi, adeguatamente motivata con argomenti congrui e logici. Anche in questo caso, il ricorrente si limitava a sollecitare un diverso apprezzamento, estraneo al giudizio della Cassazione.
Le Conclusioni: Quando un Ricorso non Supera il Vaglio di Legittimità
L’ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale: un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve denunciare vizi di legge o difetti di motivazione evidenti e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La manifesta infondatezza dei motivi ha portato non solo all’inammissibilità, ma anche alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione sottolinea la necessità di utilizzare lo strumento del ricorso in Cassazione solo per valide ragioni di diritto, evitando impugnazioni meramente dilatorie o basate su una personale rilettura delle prove.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché considerato manifestamente infondato. L’imputato non ha sollevato questioni sulla corretta applicazione della legge (vizi di legittimità), ma ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado e non alla Corte di Cassazione.
Cosa significa essere condannati per bancarotta semplice in questo caso?
Significa che l’imprenditore è stato ritenuto responsabile di aver peggiorato la situazione finanziaria già critica della sua azienda, astenendosi volontariamente (con dolo) dal richiedere il fallimento, come avrebbe dovuto fare almeno dopo l’approvazione del bilancio del 2010 che evidenziava lo stato di dissesto.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Oltre a vedersi confermata la condanna, chi presenta un ricorso giudicato inammissibile per colpa evidente, come in questo caso, viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questa vicenda, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33226 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33226 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CARATE BRIANZA il 20/02/1966
avverso la sentenza del 02/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ( r)
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che in riforma della sentenza di primo grado, lo ha assolto dall’imputazione di bancarotta preferenzia perché il fatto non sussiste, confermandone la responsabilità per bancarotta semplice e – riconosciut le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva – ha rideterminando il trattam sanzionatorio;
considerato che il primo motivo di ricorso – che denunciata la violazione della legge pena e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del delitto di bancarotta semplice – e il s motivo- che assume il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanz attenuanti generiche prevalenti su quelle aggravate – sono manifestamente infondati, versati in fat e privi della necessaria specificità, poiché la Corte di appello:
ha affermato la responsabilità dell’imputato per bancarotta semplice dando conto in maniera analitica degli elementi di prova (cfr. spec. pp. 13 e 14) da cui ha tratto che l’imputat a fronte della già situazione di dissesto, ne abbia determinato l’aggravamento astenendosi da richiedere il fallimento (almeno all’esito dell’approvazione del bilancio del 2010), con il pre elemento soggettivo (nella specie, il dolo); e il ricorso non ha mosso compiute censure di legitti ma ha prospettato, senza neppure denunciare compiutamente il travisamento della prova, un diverso apprezzamento (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01);
– ha escluso i presupposti per concedere le circostanze attenuanti generiche, valorizzando non solo la specifica gravità del fatto e l’intensità del dolo dell’imputato (indicando anche al ri i dati probatori che ha considerato significativi; cfr. pp. 17-18) ma anche i suoi numerosi pregi penali, così indicando – in maniera congrua e logica – gli elementi che ha considerato preponderan nell’esercizio del potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2 Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01); ricorso sollecita un diverso apprezzamento per il tramite di enunciati generici;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/07/2025.