Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 98 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 98 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso
proposto da:
NOME COGNOME nato a ALEPPO( SIRIA) il 23/08/1967
avverso la sentenza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita ia relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta !a requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnatala la Corte di appello di Trieste – in parziale riforma della decision del Tribunale di quella stessa città, che aveva dichiarato NOME COGNOMEquale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE) colpevole dei reati di bancaro fraudolenta per distrazione della somma di 18.079,47, di aggravamento del dissesto per ritardo nella richiesta del fallimento, nonché di bancarotta documentale semplice, per l’irregolare tenut delle scritture contabili ( così riqualificato il capo B) – ha riconosciuto la circostanza atten di cui all’art. 219 co. 3 L.F., prevalente, unitamente alle già riconosciute attenuanti generic sulla aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, riducendo la pena principale a mesi o di reclusione, a cui ha commisurato anche la durata delle pene accessorie fallimentari.
Propone ricorso l’imputato, con il ministero del difensore di fiducia avvocato NOME COGNOME che articola due motivi, denunciando:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla bancarotta per distrazione, poic i prelievi, piuttosto modesti e dilazionati nel tempo, per circa 540 euro al mese, corrispondon al compenso per l’amministrazione della società, per cui, al più, può ritenersi integrata un ipotesi di bancarotta preferenziale;
2.2. carenza di motivazione in relazione alla bancarotta per aggravamento del dissesto per ritardo nella richiesta del fallimento, per difetto della colpa grave e perché non vi è s aggravamento del dissesto, che, nel 2015, era pari a quello del 2010.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.In primo luogo deve darsi atto che il ricorrente formula obiezioni esclusivamente nei confronti di una delle condotte distrattive accertate. Invero, la Corte territoriale – conformemente al contestazione contenuta nell’imputazione – ha ravvisato una duplice modalità distrattiva, costituita da prelevamenti dai conti correnti sociali di importi pari a euro 16.320, e dal manca rinvenimento dell’importo di almeno euro 1759,47 nel fondo cassa.
1.1. Ora, le doglianze del ricorrente, come premesso, si concentrano sul primo aspetto, dolendosi della qualificazione giuridica del fatto, da considerarsi, per l’entità dei prelievi, come destin compensare l’attività di amministrazione svolta per la società e, dunque, al più, come bancarotta preferenziale.
1.2. La tesi non è corretta, dal momento che la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione integra il delitto di bancarotta fraudolent per distrazione se tali compensi non risultino specificamente indicati nello statuto e non vi s stata determinazione di essi con delibera assembleare. Invero, l’art. 2389 cod. civ. stabilisce che la misura del compenso degli amministratori di società di capitali, qualora non sia stabilita nel statuto, sia determinata con delibera assembleare (sez. 5, n. 50836 del 03/11/2016, Rv. 268433), non essendo giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore. (Sez. 5, GLYPH n. 30105 del 05/06/2018 GLYPH Rv. 273767). Anche laddove
effettivamente dovuta, la retribuzione dell’amministratore deve essere certa non solo nell’an, ma altresì nel quantum, mentre la liquidazione della sua entità non è rimessa allo stesso percettore, bensì, per l’appunto, o allo statuto o all’organo assembleare. Condizioni che nel caso di specie non ricorrono, in assenza di deliberazione di quest’ultimo – né il ricorso ha sostenut che la stessa esista – e di espressa previsione nello statuto dell’ammontare del compenso, che, infatti, il ricorrente calcola in maniera del tutto astratta e sommaria, rivelando come, a t concedere, l’imputato avrebbe provveduto ad una indebita “autoliquidazione” dei suoi compensi, del tutto ingiustificabile, anche solo agli eventuali fini di una derubricazione del fatto nella me grave fattispecie di bancarotta preferenziale. E’, infatti, necessario ricordare come questa Corte abbia precisato che commette, per l’appunto, il reato di bancarotta pe distrazione, e non quello di bancarotta preferenziale, l’amministratore di una società di capitali che preleva dalle cass sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestat nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risult raggiunti (Sez. 5, n. 49509 del 19 luglio 2017, Alija, Rv. 271464), anche alla luce dell circostanza, di cui dà atto la sentenza impugnata, che lo stesso ricorrente ha dichiarato di non avere mai percepito compensi in qualità di amministratore.
1.3. Deve aggiungersi anche che la tesi che si trattasse di una società di persone o individuale, come affermato dal ricorrente nell’atto di appello, è del tutto congetturale, in assenza di alc accertamento in fatto, avendo, invece, la Corte di appello premesso che quella gestita dall’imputato era una società di capitali; e, comunque, pure a volere seguire detta tesi, anche in tal caso mancherebbe la previsione di un compenso per l’amministratore.
1.4. Come premesso, poi, il ricorrente non si misura con l’ulteriore circostanza – integrant l’ulteriore condotta distrattiva contestata -del mancato rinvenimento del fondo cassa, non riconducibile al compenso dell’amministratore. Per quanto osservato il primo motivo di doglianza non ha pregio.
Quanto invece al delitto di mancata tempestiva richiesta di dichiarazione di fallimento, motivo sollecita una rivalutazione di prove, non consentita in sede di legittimità. Dalla sentenz impugnata emerge che la società si trovava in stato di decozione fin dal 2010, poiché già a tale epoca si era registrata una grave situazione di sofferenza; che già nel 2014 l’imputato aveva difficoltà a pagare l’affitto per la sede della società; che egli aveva dovuto contr finanziamenti presso istituti di credito a tassi definiti dal consulente come usurari, peral incaricando un avvocato di trattare con le banche per comporre i contenziosi con le stesse.
2.1. Correttamente e logicamente la Corte di appello ha ritenuto che, da tali elementi, ricorrente avrebbe dovuto trarre la conseguenza della necessità di dare corso alla procedura fallimentare, piuttosto che ricorrere al credito bancario e, altrettanto razionalmente, ne desunto una provata e consapevole omissione integrante la colpa grave, richiesta per la sussistenza del reato (Sez. 5, n. 18108 del 12/03/2018, Rv. 272823).
3.AI rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2024 Il Con GLYPH liere estensore