Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22339 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22339 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MESSINA il 22/01/1942
avverso la sentenza del 20/12/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione,
NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 20 dicembre 2024 la Corte di appello di Messina ha confermato la pronuncia del 6 febbraio 2024 del Tribunale cittadino con la quale l’imputato COGNOME COGNOME era stato condannato alla pena di giustizia per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale (capo a), nonché di bancarotta patrimoniale semplice (capo b) nella sua qualità di legale rappresentante della società “RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Messina in data 20 dicembre 2017.
Avverso la decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso l’imputato, attraverso il difensore di fiducia, articolando i motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge processuale in relazione alla omessa notifica del decreto di citazione in appello nei confronti dell’imputato.
Il difensore aveva nell’atto di nomina dichiarato di non accettare notificazioni ai sensi dell’art.157 comma 8bis cod. proc. pen.
Nonostante questa precisazione, a seguito dell’omessa notifica del decreto di citazione all’imputato presso il domicilio eletto, la notifica è stata effettuata presso il difensore ai sensi dell’art.161 comma 4 cod. proc. pen.
La risposta offerta dalla Corte secondo la quale la dichiarazione di non accettazione delle notifiche ai sensi dell’art. 157 comma 8bis cod. proc. pen. non produceva effetti perché contenuta nel mandato difensivo e dunque non proveniva dal difensore medesimo, risulta secondo la difesa superata: con comunicazione inviata via pec il difensore in data 5 novembre 2024 ribadiva personalmente di non accettare la notificazione effettuata ai sensi dell’art. 161 comma 4 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione tradottosi in travisamento della prova documentale e dichiarativa in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta documentale.
Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale non ha fornito risposta alla specifica censura relativa all’assenza dell’elemento psicologico del dolo.
L’imputato si era rivolto ad un commercialista – che peraltro ha opposto il segreto professionale rifiutandosi di testimoniare – proprio per le sue modeste capacità e conoscenze nel settore contabile.
Né risulta dimostrato il dolo specifico inteso come volontà di procurare un pregiudizio ai creditori. L’imputato si è adoperato a fornire alla curatela una parte consistente della documentazione contabile.
Dalla documentazione depositata si ricava l’esatta rispondenza dei prelievi bancari alle anticipazioni a titolo di prestito e non in conto capitale ai soci e successivamente la restituzione delle anticipazioni a titolo di mutuo ed il loro coincidente riversamento sul conto corrente della società.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione tradottosi in travisamento della prova quanto alla sussistenza della bancarotta distrattiva.
Occorreva riqualificare la condotta distrattiva in preferenziale sulla base della natura delle somme di danaro prelevate dallo stesso imputato quale rimborso delle anticipazioni a titolo di prestito all’amministratore ed al socio della società che poi è stata dichiarata fallita.
Non vi sono elementi che depongano per la qualificazione dei versamenti quali versamenti in conto capitale: dalla documentazione bancaria risultano prelievi dal conto corrente personale e versamenti nella società; dalla
documentazione societaria risultano anticipazioni in conto prestiti/mutui da parte dei soci.
Il consulente di parte della curatela ha chiarito che vi era un’appostazione per restituzione finanziamenti per complessivi euro 77.120,00 con una riduzione del credito dei soci postergato ai sensi dell’art.2467 cod. civ. per euro 523.723,00.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia travisamento della prova per omissione avuto riguardo al teste COGNOME
NOMECOGNOME il commercialista che si è occupato della tenuta delle scritture contabili, ha rifiutato la testimonianza opponendo il segreto laddove il suo contributo sarebbe stato chiarificatore, anche in relazione ad una possibile qualificazione dei conferimenti restituiti quale ipotesi di bancarotta preferenziale.
2.5 Con il quinto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Nell’escludere la concessione delle circostanze attenuanti generiche la Corte territoriale ha omesso di valutare una serie di elementi favorevoli all’imputato (titolo di studio, rifiuto del commercialista di deporre, deposizione della curatela, ecc.) che avrebbero consentito senz’ altro di concedere le invocate attenuanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
1.Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso relativo al rigetto dell’eccezione di nullità della notifica del decreto di citazione in appello all’imputato.
Dagli atti del fascicolo esaminati dal Collegio in considerazione del dedotto error in procedendo (Sez. U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092) risulta che:
il decreto di citazione è stato notificato al ricorrente presso il difensore in data 5 novembre 2024 ai sensi dell’art. 161 comma 4 cod. proc. pen., stante l’esito negativo della notifica effettuata presso il domicilio eletto nella procura in calce all’appello rilasciata in data 27 maggio 2024, dove però l’imputato appellante risultava sconosciuto, come risulta dalla relata dell’ufficiale giudiziario.
Va in primo luogo evidenziato che la disciplina dell’art. 157 comma 8bis cod. proc. pen., risulta essere stata abrogata a partire dal 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore del d. Igs. n. 150 del 2022, e dunque in epoca antecedente alla procura rilasciata per il giudizio di appello in data 27 maggio 2024, e alla notifica presso il difensore avvenuta in data 5 novembre 2024.
Pur volendo richiamare la disciplina della norma abrogata, il rifiuto “postumo” del difensore destinatario di accettazione della notifica trasmesso via PEC è privo di ogni possibile effetto.
La notifica è stata correttamente eseguita ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
Infatti, sebbene l’art. 157ter, comma 3, cod. proc. pen. tuttora vigente, nel prevedere che la notifica del decreto di citazione, in caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, debba essere eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 581, commi iter e 1quater cod. proc. pen., nulla disponga per il caso in cui tale notifica non sia possibile, la diversa collocazione della disciplina dell’elezione di domicilio rispetto alla procedura indicata al primo comma induce a escludere che si possano richiamare le regole ivi dettate, imponendo di fare riferimento alla regola di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 6273 del 15/01/2025, Citro, non mass.), peraltro oggi espressamente richiamata nello stesso primo comma a seguito della modifica di cui all’art. 2, comma 1, lett. e d. Igs. 19 marzo 2024, n. 31.
2.11 secondo e il quarto motivo, da trattarsi congiuntamente in quanto connessi, risultano manifestamente infondati.
Nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. (per tutte Sez.3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777).
La censura essenzialmente versata in fatto non si confronta con la motivazione immune da vizi della sentenza impugnata che ha evidenziato un deficit strutturale delle scritture e un difetto di attendibilità dei loro contenuti; escluso la decisività di una eventuale escussione del commercialista NOMECOGNOME ha ribadito la obbligatorietà del libro inventari, mancante, ai sensi dell’art.2214 comma 1 cod. civ.; ha valorizzato le macroscopiche violazioni in relazione alla tenuta e gestione delle scritture contabili societarie ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo (p.7/8 sent. imp.).
3. Infondato risulta il terzo motivo.
Corretta risulta la qualificazione giuridica della condotta quale bancarotta fraudolenta distrattiva piuttosto che preferenziale come invece sostenuto dal ricorrente in relazione alla somma di euro 80.000,00 prelevata dalle casse sociali.
La sentenza impugnata ha in primo luogo individuato le circostanze di fatto che consentono di ricondurre la condotta dell’imputato ad una ipotesi distrattiva (P.9 ).
In particolare, non è emerso dalle scritture contabili, come già evidenziato lacunose e incomplete, che vi siano stati pregressi conferimenti effettuati quali anticipazioni in conto mutuo e non piuttosto come anticipazioni in conto capitale per ripianare perdite di gestione.
È in realtà emerso che tale prelievo sia stato classificato quale “ammanco di cassa” senza alcuna correlata documentazione a sostegno e senza una corretta indicazione contabile di sopravvenienza passiva.
La sentenza ha poi valorizzato un ulteriore elemento, peraltro richiamato dallo stesso imputato nel ricorso (p.7) relativo alla verifica del consulente della curatela:
” nella verifica del conto cassa ha rilevato l’appostazione di numerose restituzioni di finanziamento soci in contanti(..) per complessivi 77.120,00 euro e con una riduzione del credito dei soci postergato ai sensi dell’art.2467 cod. civ. per un ammontare pari 523.723,00 euro”.
La Corte territoriale ha chiarito di conseguenza che il divieto di rimborso ai soci dei finanziamenti cd. anomali ex art.2467 cod. civ. prima dell’estinzione di tutte le altre passività sociali rivela l’intento appropriativo dell’amministratore socio per l’ammontare della somma indicata.
La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, la condotta dell’amministratore di una società che proceda al rimborso di finanziamenti da lui erogati in qualità di socio in violazione della regola della postergazione di cui all’art. 2467 cod. civ. (Sez. 5, n. 25773 del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 277577; Sez. 5, n. 50495 del 14/06/2018, Sestili, Rv. 274602; Sez. 5, n. 50188 del 10/05/2017, M., Rv. 271775; Sez. 5, n. 34505 del 06/06/2014, COGNOME, Rv. 264277).
La postergazione disposta dall’art. 2467 cod. civ. integra una condizione d’inesigibilità legale del diritto del socio alla restituzione con la conseguenza che, in tali casi, non può configurarsi la bancarotta preferenziale che presuppone la sussistenza non solo di un credito certo e liquido, ma anche esigibile. (per tutte, Sez. 5, n. 32930 del 21/06/2021, Provvisionato, Rv. 281872).
Generico risulta infine il quinto motivo.
A fronte della estrema genericità del motivo di appello (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep.2017, COGNOME, Rv. 268822) – limitato al richiamo di precedenti
risalenti e/o depenalizzati – la Corte territoriale ha con motivazione immune da vizi evidenziato che la concessione delle circostanze attenuanti generiche non
rappresenta un automatismo, ma deve essere collegata ad elementi concreti e positivi favorevoli all’imputato non riscontrati e non evidenziati dalla difesa.
5.AI rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 21 maggio 202
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