LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta: l’amministratore risponde

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta a carico dell’amministratore di diritto e di fatto di una società. La sentenza chiarisce che l’amministratore formale (o ‘testa di legno’) risponde del reato in concorso se, con la sua omissione, non impedisce gli illeciti gestori dell’amministratore di fatto, essendo sufficiente la consapevolezza generica delle condotte distrattive. Il reato sussiste anche se i prelievi avvengono quando la società è ancora formalmente ‘in bonis’.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: la Cassazione sulla Responsabilità dell’Amministratore

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28543 del 2025, affronta un caso complesso di bancarotta fraudolenta, definendo con chiarezza i contorni della responsabilità penale dell’amministratore di diritto (la cosiddetta ‘testa di legno’) e di quello di fatto. La pronuncia ribadisce principi fondamentali in materia, sottolineando come la carica formale non sia uno scudo contro le conseguenze di una gestione illecita altrui, quando vi sia consapevolezza e omissione di controllo.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda il fallimento di una società a responsabilità limitata operante nel settore edile. Due figure principali sono al centro del processo: un soggetto, considerato amministratore di fatto, che gestiva l’impresa pur non avendo cariche formali, e un secondo soggetto, che assumeva la carica di amministratore di diritto in un momento successivo. Entrambi vengono condannati in primo grado e in appello per aver commesso atti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Le accuse riguardavano la distrazione di ingenti risorse dalle casse sociali attraverso prelievi, assegni e operazioni extra-conto, nonché la tenuta irregolare delle scritture contabili, finalizzata a occultare tali operazioni e a impedire la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione basandosi su diverse argomentazioni.

L’amministratore di diritto sosteneva di aver avuto un ruolo puramente marginale, una ‘testa di legno’, e che la maggior parte delle distrazioni erano state commesse prima della sua nomina o non erano a lui materialmente riconducibili. Contestava inoltre la condanna per bancarotta documentale, affermando di non avere avuto contezza delle irregolarità contabili.

L’amministratore di fatto, invece, eccepiva che i prelievi effettuati in un determinato periodo non potevano considerarsi distrattivi, in quanto la società era ancora ‘in bonis’ (solvibile). Contestava anche le accuse relative alla tenuta della contabilità, sostenendo che questa era stata regolarmente aggiornata e i bilanci approvati.
Entrambi, infine, lamentavano il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

L’Analisi della Corte: la responsabilità per bancarotta fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, ritenendoli infondati, e ha fornito importanti chiarimenti sui principi che regolano la materia.

Responsabilità dell’Amministratore di Diritto

La Corte ha smontato la difesa della ‘testa di legno’. Ha ribadito un principio consolidato: l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta in concorso con l’amministratore di fatto non solo per la sua posizione formale, ma per la sua condotta omissiva. Egli ha l’obbligo giuridico di vigilare sulla gestione e di impedire la commissione di illeciti. Per la sussistenza del concorso è sufficiente la ‘generica consapevolezza’ da parte dell’amministratore di diritto che l’amministratore di fatto stia compiendo atti illeciti, senza che sia necessaria la conoscenza di ogni singolo episodio. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto provato che l’amministratore formale non avesse un ruolo meramente passivo, ma partecipasse attivamente alla vita aziendale, avallando le condotte distrattive.

La Natura della Bancarotta Fraudolenta Patrimoniale

Rispondendo alle doglianze dell’amministratore di fatto, la Cassazione ha ricordato che la bancarotta fraudolenta è un reato di pericolo concreto. Questo significa che per la sua configurazione non è necessario dimostrare un nesso di causalità diretto tra la condotta distrattiva e il successivo fallimento. È sufficiente che l’atto di distrazione abbia causato un depauperamento del patrimonio sociale, mettendo così in pericolo gli interessi dei creditori. Di conseguenza, l’argomento secondo cui la società era ‘in bonis’ al momento dei prelievi è stato giudicato irrilevante.

La Bancarotta Documentale

Anche la condanna per bancarotta documentale è stata confermata. La Corte ha osservato che la tenuta irregolare delle scritture contabili (ad esempio, registrando i prelievi in voci generiche come ‘crediti diversi’ o ‘costi non deducibili’) aveva di fatto ostacolato il lavoro degli organi fallimentari, rendendo difficoltosa la ricostruzione del patrimonio. Questa condotta integra pienamente il reato, poiché l’interesse tutelato dalla norma è garantire una conoscenza chiara e veritiera delle vicende patrimoniali dell’impresa.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha concluso che i giudici di merito avevano correttamente motivato la condanna di entrambi gli imputati. Le prove raccolte dimostravano sia la gestione di fatto di uno, sia il contributo consapevole, quantomeno a titolo di dolo eventuale e di omissione, dell’altro. Le argomentazioni dei ricorrenti sono state giudicate come tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità. Infine, anche il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto legittimo, in quanto motivato non solo dall’incensuratezza (ritenuta insufficiente da sola), ma anche dalla gravità dei fatti e dall’atteggiamento processuale degli imputati, che avevano costantemente negato ogni responsabilità.

Conclusioni

Questa sentenza è un monito importante per chi accetta di ricoprire cariche sociali. Il ruolo di amministratore di diritto non è mai puramente formale. Esso comporta doveri di vigilanza e controllo la cui violazione può portare a una grave responsabilità penale per bancarotta fraudolenta. La pronuncia conferma inoltre la natura di reato di pericolo della bancarotta, che sanziona la messa a rischio del patrimonio a prescindere dal fatto che questa sia la causa unica e diretta del dissesto. Per le imprese e i loro consulenti, emerge la necessità di una gestione trasparente e di un controllo rigoroso, poiché le scorciatoie contabili e le gestioni occulte possono avere conseguenze penali devastanti.

Un amministratore che è solo una ‘testa di legno’ può essere ritenuto responsabile per bancarotta fraudolenta?
Sì. Secondo la Corte, l’amministratore di diritto risponde in concorso con l’amministratore di fatto se, pur essendo a conoscenza delle condotte illecite di quest’ultimo, omette di esercitare i propri poteri di controllo e di impedire tali atti. La sua responsabilità non deriva dalla sola carica, ma dalla condotta omissiva colpevole.

È necessario provare che gli atti di distrazione abbiano causato il fallimento per configurare la bancarotta fraudolenta?
No. La bancarotta fraudolenta patrimoniale è un reato di pericolo concreto. Non è necessario dimostrare un nesso causale diretto tra la distrazione e il fallimento. È sufficiente che l’atto abbia provocato una diminuzione del patrimonio sociale, creando un pericolo effettivo per gli interessi dei creditori.

Un atteggiamento processuale di totale negazione delle proprie responsabilità può giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
Sì. La Corte ha confermato che, sebbene l’imputato abbia diritto a difendersi, un atteggiamento processuale ‘negatorio di ogni responsabilità’ può essere legittimamente valutato dal giudice, insieme ad altri elementi come la gravità del fatto, per negare la concessione delle attenuanti generiche, in quanto contrario al principio di lealtà processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati