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Bancarotta Fraudolenta: la prova della distrazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5962/2024, ha rigettato il ricorso di due amministratori condannati per bancarotta fraudolenta. La Corte ha stabilito principi cruciali: in caso di bancarotta patrimoniale, l’onere di giustificare la destinazione dei beni mancanti ricade sull’imprenditore. Per la bancarotta documentale, è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di tenere le scritture contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: L’Onere della Prova Ricade sull’Imprenditore

Con la recente sentenza n. 5962 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul delicato tema della bancarotta fraudolenta, offrendo chiarimenti fondamentali sulla ripartizione dell’onere della prova e sulla natura del dolo. La decisione conferma un orientamento consolidato, ponendo l’accento sulla posizione di garanzia dell’imprenditore nei confronti dei creditori e sulla sua responsabilità nel giustificare la destinazione dei beni aziendali. Questo articolo analizza nel dettaglio la pronuncia, esaminando i fatti, i motivi del ricorso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda due amministratori di una società per azioni, dichiarata fallita, condannati in secondo grado dalla Corte d’Appello di Cagliari per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Nello specifico, agli amministratori veniva contestata la distrazione di macchinari aziendali e la tenuta irregolare delle scritture contabili, tale da non permettere la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e la Bancarotta Fraudolenta

La difesa ha articolato il ricorso su tre argomentazioni principali, volte a smontare l’impianto accusatorio confermato in appello.

La Presunta Incompatibilità del Giudice

Come primo motivo, i ricorrenti hanno sollevato una questione di natura procedurale, lamentando la violazione dell’art. 34 del codice di procedura penale. Sostenevano che il giudice di primo grado fosse incompatibile, avendo già deciso, seppur con un rito diverso (giudizio abbreviato), la posizione di altri coimputati nello stesso procedimento.

La Mancanza di Prova nella Bancarotta Fraudolenta Patrimoniale

Il secondo motivo atteneva al merito della condanna per bancarotta patrimoniale. La difesa deduceva la totale assenza di prove circa una condotta distrattiva. Si evidenziava come non fosse emersa alcuna prova né della loro presenza fisica nel luogo dove i macchinari sarebbero stati sottratti, né delle modalità con cui due persone avrebbero potuto asportare beni di così notevoli dimensioni senza mezzi adeguati.

L’Assenza di Dolo Specifico per la Bancarotta Documentale

Infine, per quanto riguarda la bancarotta documentale, i ricorrenti lamentavano la mancanza del dolo specifico richiesto dalla norma. A loro dire, la Corte d’Appello non avrebbe considerato che gran parte della documentazione contabile era stata allegata alla domanda di ammissione al concordato preventivo e che un’altra parte era stata sequestrata dalla Guardia di Finanza senza mai essere restituita.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una motivazione dettagliata per ciascuno dei punti sollevati dalla difesa.

Incompatibilità del Giudice: un Motivo Infondato

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che l’eventuale inosservanza delle norme sull’incompatibilità del giudice non costituisce un motivo di nullità della sentenza, ma può essere fatta valere solo attraverso l’istituto della ricusazione (art. 37 c.p.p.). Pertanto, la doglianza è stata ritenuta inammissibile.

Bancarotta Fraudolenta Patrimoniale e l’Onere della Prova

La Corte ha respinto anche il secondo motivo, ribadendo un principio cardine in materia di bancarotta fraudolenta. L’imprenditore è posto dall’ordinamento in una ‘posizione di garanzia’ verso i creditori, il che lo rende direttamente responsabile dell’integrità del patrimonio aziendale. Di conseguenza, in caso di mancato rinvenimento di beni che dovrebbero essere presenti nell’attivo fallimentare, si verifica una sorta di inversione dell’onere della prova. Non è l’accusa a dover provare la distrazione, ma è l’imprenditore a dover fornire una giustificazione attendibile sulla destinazione di tali beni. La mancata dimostrazione della loro destinazione a scopi aziendali o al soddisfacimento dei creditori consente di desumere la prova della distrazione o dell’occultamento.

Bancarotta Documentale: è Sufficiente il Dolo Generico

Anche il terzo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha sottolineato che, per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale cosiddetta ‘generale’ (ovvero la tenuta delle scritture in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio), è sufficiente il dolo generico. Questo consiste nella piena consapevolezza e volontà di tenere la contabilità in maniera irregolare e incompleta. Non è necessario, quindi, provare il dolo specifico di voler recare pregiudizio ai creditori. Poiché la Corte territoriale aveva accertato l’incompletezza della documentazione contabile (mancanza di partitari, estratti conto e fatture), la censura sul dolo specifico è stata considerata irrilevante.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida principi giurisprudenziali di fondamentale importanza pratica nel campo dei reati fallimentari. In primo luogo, riafferma la centralità della responsabilità dell’imprenditore nella gestione del patrimonio aziendale, ponendo a suo carico l’onere di spiegare eventuali ammanchi. In secondo luogo, chiarisce che per la configurabilità della bancarotta documentale ‘generale’ è sufficiente la consapevole volontà di creare disordine contabile, a prescindere da specifici intenti fraudolenti. Queste conclusioni rafforzano gli strumenti di tutela dei creditori e tracciano un perimetro netto delle responsabilità gestorie in situazioni di crisi d’impresa.

Chi deve provare la destinazione dei beni aziendali mancanti in un fallimento?
Secondo la Corte, l’imprenditore fallito ha l’obbligo di giustificare la destinazione dei beni mancanti. La prova della distrazione può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’imprenditore, che tali beni siano stati impiegati per soddisfare le esigenze dell’impresa o dei creditori.

Quale tipo di dolo è necessario per il reato di bancarotta fraudolenta documentale?
Per l’ipotesi di bancarotta documentale ‘generale’, ovvero quando le scritture sono tenute in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio, è sufficiente il dolo generico. Ciò significa che basta la consapevole volontà di tenere la contabilità in modo incompleto o irregolare, senza che sia necessario dimostrare il fine specifico di danneggiare i creditori.

L’aver giudicato un coimputato in un procedimento separato rende il giudice incompatibile?
No, la Corte ha stabilito che una tale circostanza non è deducibile come motivo di nullità della sentenza. L’eventuale incompatibilità del giudice deve essere fatta valere attraverso l’istituto della ricusazione, secondo le forme e i termini previsti dal codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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