Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5962 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5962 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nata a Roma il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 19 gennaio 2023 della Corte d’appello di Cagliari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata il 2 dicembre 2023 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse della curatela fallimentare, parte civile costituita, che ha chiesto i rigetto del ricorso, con vittoria di spese e competenze; letta la memoria depositata il 12 dicembre 2023 dall’AVV_NOTAIO, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Oggetto dell’impugnazione è la sentenza del 19 gennaio 2023, con la quale la Corte d’appello di Cagliari, in parziale riforma della condanna pronunciata in
primo grado, ha assolto NOME COGNOME e NOME COGNOME dalla concorrente contestazione di cui al capo C), relativa alla cessione di un ramo d’azienda, ma ne ha confermato la responsabilità, nella loro qualità di presidente e componente del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 25 ottob 2012), per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per aver distratto i macchinari analiticamente indicati nel capo d’imputazione).
Il ricorso è proposto dagli imputati e si articola in tre moti d’impugnazione.
2.1. Il primo deduce la violazione dell’art. 34 cod. proc. pen. nella parte in cui il giudice di primo grado (il Gup del Tribunale di Oristano) avrebbe deciso la posizione dei due ricorrenti (che avevano chiesto la definizione del giudizio allo stato degli atti) pur avendo, contestualmente, già trattato (e deciso), con rito diverso (giudizio abbreviato condizionato) anche le posizioni degli altri due coimputati (NOME e NOME).
2.2. Il secondo attiene alla bancarotta patrimoniale e deduce, sotto il profilo della violazione di legge (in relazione agli artt. 216 e 223 I. fall.), la mancanza d una condotta effettivamente distrattiva riferibile ai ricorrenti, non essendo emersa alcuna prova né che nell’arco temporale durante il quale i macchinari sarebbero stati sottratti i due ricorrenti fossero in Sardegna; né di come due persone, senza alcun mezzo adeguato, abbiano potuto asportare materiali di così notevoli dimensioni.
2.3. Il terzo, in ultimo, attiene alla bancarotta documentale e deduce, sempre sotto il profilo della violazione di legge (in relazione agli artt. 216 e 223 I fall.), la mancanza del dolo specifico richiesto dalla fattispecie incriminatrice Sostiene la difesa che la Corte non avrebbe considerato, da un canto, che la documentazione contabile era comunque stata allegata alla domanda di ammissione alla procedura concordataria e, dall’altro, che parte di essa era stata sequestrata dalla Guardia di Finanza e mai restituita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Preliminarmente, va ribadito che, ai fini della sussistenza della causa d’incompatibilità invocata dalla difesa, ciò che rileva non è la diversità di rito co il quale sono stati trattati i due giudizi (circostanza che imporrebbe solo di tenere rigorosamente distinti i regimi probatori rispettivamente previsti per ciascuno di essi: cfr. Sez. 3, n. 35476 del 12/04/2016, B., Rv. 268122, principio dettato in tema di coesistenza di rito abbreviato e patteggiamento), ma l’eventuale
valutazione, nel separato giudizio nei confronti di altro concorrente nel medesimo reato, sia pure incidentale, della responsabilità dell’imputato (Corte Cost., Sent. n. 371 del 1996; Corte Cost., Sent. n. 124 del 1992; Corte Cost., Sent. n. 186 del 1992; Corte Cost., Sent. n. 399 del 1992; Corte Cost., Sent. n. 439 del 1993), circostanza, questa, neanche allegata dalla difesa.
Nel merito, comunque, l’inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 34 cod. proc. pen. (ove pure fosse ipotizzabile) non è deducibile come motivo di nullità della decisione in sede di gravame, ma può costituire solo motivo di ricusazione del giudice, ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. (Sez. 1, n 35216 del 19/04/2018, Illiano, Rv. 273852); circostanza, anche questa, neanche allegata dalla difesa.
2. Ad identiche conclusioni anche con riferimento al secondo motivo. Il ricorrente, per come si è detto, deduce la mancanza di una condotta effettivamente distrattiva riferibile ai ricorrenti, non essendo emersa alcuna prova né che, nell’arco temporale durante il quale i macchinari sarebbero stati sottratti, i due ricorrenti fossero in Sardegna; né di come due persone, senza alcun mezzo adeguato, abbiano potuto asportare materiali di così notevoli dimensioni. Dimentica, tuttavia, da un canto, che l’imprenditore è posto dal nostro ordinamento in una posizione di garanzia nei confronti dei creditori, per cui è direttamente responsabile dell’integrità della garanzia; dall’altro che l’art. 87 comma 3 I. fall. (anche nella sua formulazione precedente alla sua riforma) assegna al fallito obbligo di verità circa la destinazione dei beni di impresa al momento dell’interpello formulato dal curatore al riguardo, con espresso richiamo alla sanzione penale. Da ciò Rapparente) inversione dell’onere della prova ascritta al fallito nel caso di mancato rinvenimento di cespiti da parte della procedura e di assenza di giustificazioni al proposito (ove l’atto distrattivo consist nell’occultamento di beni sociali dei quali l’imprenditore aveva la disponibilità, non rinvenuti dal curatore al momento della redazione dell’inventario, la prova della distrazione o dell’occultamento può essere desunta anche dalla mancata dimostrazione, da parte dell’imprenditore, della loro destinazione al soddisfacimento delle esigenze della società o al perseguimento dei relativi fini: Sez. 5, n. 8260 del 22/09/2015, dep. 2016, Rv. 267710; Sez. 5, n. 22894 del 17/04/2013, Rv. 255385), onere pacificamente non adempiuto dai ricorrenti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il terzo, in ultimo, è inammissibile in quanto eccentrico rispetto alle argomentazioni offerte dalla Corte territoriale, che, invece, dà atto di come la documentazione contabile sia rimasta comunque incompleta, in mancanza del deposito dei partitari e della totalità degli estratti conto e delle fatture (emesse
ricevute). E tale incompletezza ha reso impossibile la ricostruzione del patrimonio e dei movimenti degli affari. Ebbene, per tale ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale (c.d. generale), è sufficiente il dolo generico, ossia la piena consapevole volontà di tenere le scritture in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. E ciò, a prescindere dall’affermazione per cui si sarebbero perfezionate entrambe le ipotesi di bancarotta documentale (generale e specifica), rende irrilevante ogni censura sollevata dal ricorrente in ordine alla sussistenza del dolo specifico.
In ultimo, è solo il caso di precisare che l’omessa irrogazione delle pene accessorie fallimentari, pur obbligatorie, non può essere sanata, in quanto l’illegalità ab origine della pena inflitta, in senso favorevole all’imputato, può essere corretta dalla Corte di cassazione solo in presenza di specifico motivo di gravame da parte del pubblico ministero, essendo limitato il potere di intervento d’ufficio, in sede di legittimità, ai soli casi nei quali l’errore sia avvenuto in dan dell’imputato (Sez. 5, n. 44897 del 30/09/2015, Galizia Lima, Rv. 265529; Sez. 3, n. 30286 del 09/03/2022, Nardelli, Rv. 283650).
In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati, in solido, al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 3.167,00, oltre accessori di legge.
Così deciso 11 19 dicembre 2023
Il
Il Presidente