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Autoriciclaggio: quando l’investimento è reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25348/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per autoriciclaggio. L’imputato, dopo aver commesso un’appropriazione indebita, aveva investito i proventi illeciti in attività finanziarie. La Corte ha stabilito che per configurare il reato di autoriciclaggio è sufficiente qualsiasi attività concretamente idonea a ostacolare, anche solo parzialmente, l’accertamento sull’origine delittuosa del denaro, a prescindere dalla piena tracciabilità delle operazioni bancarie.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Autoriciclaggio: Quando Anche Operazioni Tracciabili Costituiscono Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 25348/2025) ha ribadito i confini del delitto di autoriciclaggio, chiarendo che anche operazioni finanziarie completamente tracciabili possono integrare il reato. La decisione sottolinea come l’obiettivo della norma sia impedire la re-immissione di capitali illeciti nell’economia legale, punendo qualsiasi condotta che sia anche solo potenzialmente idonea a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un soggetto condannato sia in primo grado che in appello per il reato di autoriciclaggio, previsto dall’art. 648-ter.1 del codice penale. Il reato presupposto era quello di appropriazione indebita: l’imputato aveva sottratto una consistente somma di denaro a una società e, successivamente, aveva impiegato tali fondi in una serie di operazioni finanziarie. Nello specifico, il denaro era stato trasferito su conti correnti personali, utilizzato per acquistare titoli azionari e investito in un conto deposito titoli, con successivi trasferimenti tra diversi istituti di credito.

I Motivi del Ricorso e la Difesa dell’Imputato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diverse argomentazioni. In primo luogo, sosteneva che le operazioni effettuate non avessero una reale capacità dissimulatoria, poiché erano state realizzate tramite canali bancari ufficiali e pienamente tracciabili, intestati a lui stesso e alla moglie. A suo dire, queste movimentazioni non avrebbero reso più difficile l’identificazione della provenienza del denaro.

In secondo luogo, la difesa ha argomentato che le condotte erano finalizzate a un godimento personale e a un arricchimento, non a nascondere l’origine dei fondi. Si contestava, inoltre, la qualificazione delle attività come “speculative”, sostenendo che un investimento in un conto titoli non comportasse necessariamente un rischio di perdita.

Infine, il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento di circostanze attenuanti.

La Decisione della Cassazione e il reato di autoriciclaggio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno respinto tutte le argomentazioni difensive, fornendo importanti chiarimenti sulla natura e l’ambito di applicazione del reato di autoriciclaggio. La Corte ha stabilito che l’interesse a ricorrere deve essere concreto e non può basarsi su una mera pretesa teorica alla corretta applicazione della legge. Ha poi proceduto ad analizzare nel merito la configurabilità del reato, consolidando l’orientamento giurisprudenziale prevalente.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella definizione di condotta idonea a integrare il reato di autoriciclaggio. La Corte ha ribadito i seguenti principi fondamentali:

1. Irrilevanza della Piena Tracciabilità: Per la configurazione del reato, non è necessario che l’agente ponga in essere un impedimento assoluto all’identificazione della provenienza del denaro. È sufficiente una qualsiasi attività che, valutata ex ante (cioè al momento in cui viene compiuta), sia concretamente idonea anche solo a ostacolare gli accertamenti. Il fatto che gli inquirenti riescano successivamente a ricostruire i flussi finanziari non esclude la punibilità della condotta.

2. La Natura Trasformativa delle Operazioni: Anche il semplice deposito di denaro illecito su un conto corrente è considerato un’operazione rilevante. A causa della natura fungibile del denaro, esso viene automaticamente “sostituito” con denaro pulito, essendo l’istituto di credito obbligato a restituire solo il tantundem (la stessa quantità di cose dello stesso genere). Questo primo passo già avvia il processo di “pulitura”.

3. Distinzione tra Godimento Personale e Reimpiego: La clausola di non punibilità prevista dalla norma si applica solo quando l’agente “utilizzi o goda dei beni in modo diretto e senza compiere alcuna operazione atta ad ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. L’investimento dei proventi in attività economiche o finanziarie (come l’acquisto di titoli) non rientra nel mero godimento personale, ma costituisce una forma di reimpiego finalizzata a produrre un profitto e a reinserire il capitale nel circuito legale, attribuendogli una nuova veste giuridica.

4. Ampia Nozione di Attività Speculativa: La Corte ha chiarito che il termine “attività speculativa” non richiede una definizione rigida. Esso ricomprende un’ampia gamma di comportamenti accomunati dalla volontà di conseguire un profitto attraverso un’analisi delle variabili economiche. L’intento di ottenere un ritorno economico dall’impiego di capitali illeciti è sufficiente a qualificare l’attività come rilevante ai fini dell’autoriciclaggio.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un’interpretazione rigorosa del reato di autoriciclaggio, in linea con la ratio della norma, che è quella di contrastare efficacemente l’infiltrazione dell’economia criminale in quella legale. La pronuncia chiarisce che il discrimine tra la condotta lecita (mero godimento) e quella illecita (reimpiego) è netto: qualsiasi attività che vada oltre il semplice utilizzo diretto dei beni e che miri a trasformarli o a investirli per trarne profitto, assume rilevanza penale. Per gli operatori economici e finanziari, ciò significa che la soglia di attenzione deve rimanere altissima, poiché la piena tracciabilità di un’operazione non è di per sé una garanzia di liceità se il capitale impiegato ha un’origine delittuosa.

Il semplice deposito di denaro illecito in banca costituisce autoriciclaggio?
Sì. Secondo la Corte, a causa della natura fungibile del bene-denaro, il suo deposito in banca comporta un’automatica sostituzione con denaro “pulito”, integrando una condotta idonea a ostacolare l’accertamento della sua provenienza illecita.

Se le operazioni finanziarie sono tutte tracciabili, si può comunque essere condannati per autoriciclaggio?
Sì. La Cassazione ha chiarito che la piena tracciabilità delle operazioni non esclude il reato. È sufficiente che la condotta sia concretamente idonea, anche solo potenzialmente, a ostacolare l’identificazione dell’origine delittuosa del denaro, a prescindere dal fatto che le indagini successive riescano a ricostruire i flussi.

Qual è la differenza tra il godimento personale non punibile e l’investimento dei proventi illeciti?
Il godimento personale non punibile si riferisce all’uso o al godimento diretto dei beni (es. acquistare un’auto per uso proprio). L’investimento, invece, come l’acquisto di titoli o l’impiego in attività finanziarie per trarne un profitto, è considerato una condotta di reimpiego che mira a “ripulire” il capitale e a reinserirlo nel circuito economico legale, e come tale costituisce reato di autoriciclaggio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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