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Aumento pena per continuazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per rissa e lesioni. L’imputato lamentava una carenza di motivazione riguardo l’aumento di pena per continuazione. La Corte ha ritenuto l’aumento, stabilito in un mese e quindici giorni, pienamente giustificato e conforme alla legge, dato che la Corte d’Appello aveva correttamente considerato la gravità dei fatti, l’uso di un’arma e la specifica norma applicabile al recidivo reiterato, che impone un aumento non inferiore a un terzo della pena base.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Aumento pena per continuazione: quando la motivazione è sufficiente?

L’istituto della continuazione nel reato, disciplinato dall’art. 81 del codice penale, è uno strumento fondamentale per la determinazione della pena quando un soggetto commette più violazioni di legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma come si calcola l’aumento pena per continuazione e quali sono i criteri che il giudice deve seguire? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre importanti chiarimenti, dichiarando inammissibile un ricorso che lamentava proprio una carenza di motivazione su questo punto.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Firenze per i reati di rissa aggravata e lesioni personali. L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione da parte dei giudici di merito circa l’aumento di pena applicato per il reato di lesioni, considerato in continuazione con quello più grave di rissa.

Il Calcolo dell’aumento pena per continuazione secondo i Giudici

Il ricorrente contestava specificamente come la Corte d’Appello avesse determinato l’aumento della pena. La difesa sosteneva che la decisione non spiegasse adeguatamente le ragioni che avevano portato a un aumento di un mese e quindici giorni di reclusione rispetto alla pena base di tre mesi, fissata per il reato di rissa.

Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato completamente questa tesi, definendo il ricorso ‘manifestamente infondato’.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha chiarito che la motivazione della Corte d’Appello era non solo presente, ma anche pienamente congrua e rispettosa della legge. I giudici hanno sottolineato i seguenti punti chiave:

1. Conformità alla Legge: L’aumento è stato giudicato conforme al disposto dell’art. 81, comma 4, del codice penale. Questa norma stabilisce che, per i reati commessi da un recidivo reiterato (come nel caso di specie), l’aumento per la continuazione non può mai essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave. Nel caso concreto, un terzo di tre mesi è un mese, e l’aumento di un mese e quindici giorni era quindi superiore al minimo legale.

2. Riferimento alla Gravità del Fatto: La Corte di merito aveva esplicitamente motivato l’entità dell’aumento facendo riferimento alla ‘gravità delle condotte lesive’. Questo criterio è fondamentale per la discrezionalità del giudice nel quantificare la pena.

3. Considerazione delle Circostanze: La sentenza impugnata aveva dato conto anche del fatto che le lesioni erano state ‘cagionate con un’arma’, un elemento che evidentemente aggrava la condotta e giustifica un aumento di pena superiore al minimo.

Di conseguenza, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una giustificazione logica e legalmente corretta per la sua decisione, rendendo il ricorso privo di qualsiasi fondamento.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna Accessoria

L’esito del giudizio è stato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, due conseguenze automatiche per il ricorrente:

* La condanna al pagamento delle spese processuali.
* La condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la Corte ha stabilito una somma di 3.000 euro, ritenendola equa in ragione della ‘evidente inammissibilità dell’impugnazione’, che configura un profilo di colpa nel proporre un ricorso palesemente infondato.

Questa ordinanza ribadisce un principio importante: il giudice di merito ha un potere discrezionale nella determinazione della pena, ma tale potere deve essere esercitato con una motivazione che, seppur sintetica, dia conto dei criteri seguiti, come la gravità del fatto e le circostanze del reato, nel pieno rispetto dei limiti imposti dalla legge.

Come viene calcolato l’aumento di pena per continuazione nel caso di un recidivo reiterato?
Secondo l’art. 81, comma 4, del codice penale, per un soggetto recidivo reiterato, l’aumento di pena per i reati in continuazione non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata per l’aumento di pena, basandosi sulla gravità delle condotte lesive, sull’uso di un’arma e rispettando il minimo legale previsto per i recidivi reiterati.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) alla Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un’impugnazione evidentemente priva di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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