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Art. 131-bis c.p.: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per guida in stato di ebbrezza. L’imputato lamentava la mancata applicazione d’ufficio della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (Art. 131-bis c.p.) da parte della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha chiarito che, sebbene il giudice possa valutare tale causa d’ufficio, il ricorso deve essere specifico e indicare tutti i presupposti di fatto e di diritto che ne giustificherebbero l’applicazione, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Art. 131-bis c.p.: l’onere di specificità del ricorso anche per la valutazione d’ufficio

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 30473/2024 offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi che lamentano la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La pronuncia sottolinea come, anche quando si sollecita una valutazione ex officio da parte del giudice d’appello sull’Art. 131-bis c.p., il motivo di gravame debba essere specifico e dettagliatamente argomentato, pena l’inammissibilità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza, ai sensi dell’art. 186, lett. c), co. 7 del Codice della Strada. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado concedendo il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, confermava nel resto la pena inflitta.

L’imputato, tramite il proprio difensore, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di legge. Il fulcro della doglianza risiedeva nel fatto che la Corte territoriale avesse erroneamente dichiarato inammissibile il motivo d’appello relativo alla mancata applicazione della disciplina dell’Art. 131-bis c.p., sostenendo che tale causa di non punibilità potesse e dovesse essere rilevata d’ufficio dal giudice.

L’Applicabilità dell’Art. 131-bis c.p. e la Valutazione Ex Officio

Il ricorrente basava la propria tesi sulla possibilità per il giudice di appello di rilevare ex officio, ovvero di propria iniziativa, la sussistenza di una causa di non punibilità, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe dovuto, a prescindere dalla specificità del motivo, verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della particolare tenuità del fatto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, dichiarandolo inammissibile. Gli Ermellini, pur confermando in linea di principio che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere rilevata d’ufficio dal giudice d’appello, hanno precisato i limiti e le condizioni di tale potere.

Richiamando un precedente orientamento (Sent. n. 5922/2023), la Corte ha ribadito un principio fondamentale: la doglianza relativa alla mancata rilevazione ex officio deve essere “adeguatamente argomentata”. Questo significa che l’appellante non può limitarsi a menzionare la possibile applicazione dell’Art. 131-bis c.p., ma deve:

1. Indicare specificamente i presupposti che legittimano la pretesa applicazione della causa di proscioglimento.
2. Evidenziare gli elementi di fatto presenti agli atti che il giudice avrebbe dovuto considerare.
3. Dimostrare la rilevanza decisiva della lacuna motivazionale denunciata.

Nel caso specifico, il ricorso è risultato del tutto generico. L’imputato non ha indicato “neppure l’esistenza dei relativi presupposti legali e degli elementi di fatto” che avrebbero dovuto guidare la valutazione d’ufficio del giudice d’appello. Di conseguenza, il motivo di ricorso è stato giudicato privo della specificità richiesta dalla legge, conducendo inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa pronuncia consolida un importante principio di procedura penale: il potere del giudice di rilevare d’ufficio una causa di non punibilità non esonera la parte che la invoca da un preciso onere di allegazione e argomentazione. Un ricorso che si limiti a un generico richiamo all’Art. 131-bis c.p., senza fornire al giudice gli elementi concreti su cui fondare la propria valutazione, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Per gli operatori del diritto, ciò si traduce nella necessità di costruire motivi di appello e di ricorso sempre autosufficienti e dettagliati, anche quando si sollecita un potere officioso del giudice, al fine di evitare una pronuncia che chiuda le porte a un esame nel merito.

È possibile per un giudice d’appello applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) di propria iniziativa?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che il giudice d’appello può rilevare “ex officio” la sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., alla stregua di quanto previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Quali requisiti deve avere un ricorso per sollecitare la valutazione “ex officio” della particolare tenuità del fatto?
Il ricorso deve essere adeguatamente argomentato, con la specifica indicazione delle ragioni che legittimano la pretesa applicazione di tale causa di non punibilità e degli elementi di fatto su cui si basa, in modo da poter evincere la decisiva rilevanza della lacuna motivazionale denunciata.

Perché il ricorso in questo specifico caso è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente non ha indicato nel suo atto neppure l’esistenza dei presupposti legali e degli elementi di fatto che il giudice d’appello avrebbe dovuto prendere in considerazione per rilevare d’ufficio la causa di non punibilità, rendendo il motivo di ricorso generico e non specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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