Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33660 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33660 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CANE NOME NOME a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso con le conseguenti statuizioni; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata – previa riunione dei procedimenti nn. 23559/13 RGNR – 3147/19 R.G. C. App. e nn. 5834/14 RGNR – 339/21 RG C. App – la Corte di appello di Torino, per quanto qui interessa, in parziale riforma delle due sentenze di condanna di primo grado rese all’esito di giudizio abbreviato, ha confermato la condanna di COGNOME per numerose condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale, da operazioni dolose, e per reati fiscali a
lui ascritti nella veste di amministratore di fatto delle società “RAGIONE_SOCIALE” srl (fallita il 15 gennaio 2013), RAGIONE_SOCIALE (fallita il 20 giugno 2017), RAGIONE_SOCIALE (fallita il 24 aprile 2018), RAGIONE_SOCIALE (pe quest’ultima anche nella veste di amministratore di diritto dal 20 febbraio 2017 al 15 giungo 2017, data del fallimento); mentre ha dichiarato estinti i delitti di cui ai capi B), 4) e 9), procedendo alla conseguente rideterminazione della pena e alla riduzione dell’ammontare del valore dei beni sottoposti a confisca ex art. 12 bis d. Igs. n. 74 del 2000.
Avverso l’indicata pronuncia ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando sette motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Con il primo, il secondo e il sesto motivo si contesta che la responsabilità dell’imputato, quale amministratore di fatto, possa “sommarsi” a quella, pacificamente sussistente, di altri amministratori di fatto e di diritto.
In particolare:
in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE: la Corte di appello sarebbe incorsa in contraddizione vuoi laddove riconosce che COGNOME, nomiNOME amministratore di diritto, non fosse un mero prestanome; vuoi laddove avrebbe omesso di analizzare le “posizioni stralciate” di COGNOME, COGNOME ed COGNOME “che sono stati ritenuti anche loro responsabili di reati fallimentari e che si sommano, quali amministratori di fatto e di diritto, alle figure qui in esame” (primo motivo);
in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE: la Corte di appello non avrebbe adeguatamente valutato la posizione di COGNOME che, dopo essere uscito formalmente dalla società con la cessione delle quote e le dimissioni dalla carica di amministratore, avrebbe continuato a gestirla di fatto, proseguendo anche a operare sui conti correnti in virtù di una delega che si era appositamente fatto rilasciare (secondo motivo);
in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE: la responsabilità del ricorrente viene aggiunta a quella degli amministratori di diritto COGNOME e COGNOME, succedutisi nella carica; non si tiene conto che il collegamento di COGNOME con due bonifici non supererebbe il dato, rappresentato dalla difesa, che la quasi totalità dei proventi ricavati dalle operazioni contabili, di acquisto e di vendita, furono distratti a favore di COGNOME, COGNOME, COGNOME vale a dire proprio di coloro che avevano attribuito al ricorrente la gestione della società (sesto motivo);
in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE: il ricorrente ha sempre negato di aver assunto il ruolo di amministratore di diritto; la scheda reperita presso la camera di commercio recherebbe una firma apocrifa, disconosciuta dal COGNOME, dimostrando,
piuttosto, come l’imputato sia rimasto vittima di una “regia occulta” diretta a riversare su di lui ogni responsabilità; l’analisi dei flussi finanziari dimostra come i beneficiari delle distrazioni siano sempre stati COGNOME, COGNOME, COGNOME; COGNOME NOME. Quest’ultimo, legale rappresentante della società, ha negato di aver gestito effettivamente la società e ha escluso di conoscere la situazione delle scritture contabili, ma sarebbe stato smentito dagli accertamenti successivi (sesto motivo).
2.2. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia inosservanza dell’art. 15 cod. pen. con riguardo al delitto di cui all’art. 10 d. Igs. n. 74 del 2000 e a quello di bancarotta fraudolenta documentale rispettivamente contestati ai capi 13) e 14) della rubrica in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE.
Si sostiene che, in difetto di prova della tenuta della contabilità, il reato fiscale sarebbe insussistente.
Si evidenzia, inoltre, che viene in rilievo il medesimo fatto storico e che, quindi, in ragione della clausola di sussidiarietà presente nell’art. 10 d. Igs. n. 74 del 2000, tale fattispecie sarebbe assorbita da quella di bancarotta fraudolenta documentale.
2.3. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati di cui agli artt. “1-2-8 d. Igs. n. 74/2000 contestati ai capi da 3) a 7) dell’imputazione e in riferimento alla società RAGIONE_SOCIALE“.
La Corte di appello non avrebbe fornito sufficiente risposta al rilievo difensivo che poneva in risalto l’assenza di prova sulla “evasione del tributo a monte delle operazioni di compravendita avvenute con le società fornitrici” e la mancata indicazione del “passaggio che si riteneva simulato” o “delle operazioni in entrata e in uscita alle quali si riferissero le varie fatture in contestazione (peraltro neanche elencate nei vari capi di imputazione).
Si afferma che il capo 5) della rubrica neppure indicherebbe le società utilizzatrici delle fatture emesse nell’anno 2013 e che il capo 6) sarebbe una duplicazione della contestazione di cui al capo precedente.
2.4. Il quinto motivo deduce la mancata risposta alla censura formulata in sede di gravame con la quale, in relazione al capo 3), si era contestato che fossero “oggettivamente inesistenti” le operazioni oggetto delle due fatture emesse da “RAGIONE_SOCIALE” e da “RAGIONE_SOCIALE“.
2.5. Il settimo motivo si appunta sul trattamento sanzioNOMErio e contesta:
l’applicazione di un doppio aumento per la continuazione in ordine ai capi 5) e 6), che però integrano un solo reato in quanto riguardano l’emissione di fatture per operazioni inesistenti relative al medesimo anno, il 2013;
la determinazione in anni cinque di reclusione della pena base per il reato più grave di cui al capo 8, in misura decisamente superiore al minimo edittale, che risulterebbe eccessivamente severa e soprattutto sproporzionata se raffrontata con la pena di anni tre e mesi due applicata al coimputato COGNOME, il quale non era un mero prestanome, come riconosce la Corte di appello, e avrebbe beneficiato di ingenti somme di denaro sottratte dai conti correnti delle società fallite.
Si è proceduto a discussione orale su richiesta del difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato; sono inammissibili, però, i motivi attinenti ai reati tributari (con l’eccezione del capo 13).
Il primo, il secondo e il sesto motivo, che contestano la responsabilità del ricorrente quale amministratore di fatto, sono per un verso generici e per altro verso manifestamente infondati.
2.1. Va premesso che le censure formalmente si appuntano anche sulla mancata valutazione dei documenti indicati e allegati nei motivi di gravame; ma nel relativo RAGIONE_SOCIALE, spesso, non si indicano specificamente i documenti evocati, né se ne illustra la decisività, né, in violazione del principio di autosufficienza, li allega al ricorso per cassazione.
2.2. I motivi sono generici nella parte in cui omettono di misurarsi con il puntuale scrutinio degli elementi concreti in forza dei quali il giudice di merito ha attribuito al ricorrente la veste di amministratore di fatto delle società fallite e h confutato, in maniera analitica, le contrarie deduzioni difesive (cfr. pag.34 per RAGIONE_SOCIALE, pagg. 48-51 per RAGIONE_SOCIALE, pagg. 50-52 per RAGIONE_SOCIALE e pagg. 52-54 per RAGIONE_SOCIALE).
Le valutazioni della Corte sono pienamente rispondenti al principio secondo cui la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualific od alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive – in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali
sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare – il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (per tutte Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Tarantino, Rv. 256534).
2.3. Tutte le critiche difensive postulano l’asserita impossibilità di cumulare la responsabilità del ricorrente a quelle di altri amministratori di diritto (non relegati al ruolo di meri prestanome) e di fatto.
Si tratta di tesi manifestamente infondata che si pone in contrasto con i consolidati arresti della giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di reati fallimentari, la previsione di cui all’art. 2639 cod. civ. non esclude che l’esercizio dei poteri o delle funzioni dell’amministratore di fatto possa verificarsi in concomitanza con l’esplicazione dell’attività di altri soggetti di diritto, i quali tempi successivi o anche contemporaneamente – esercitino in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione (Sez. 5, n. 4696 del 22/11/2007, COGNOME, Rv. 238893; Sez. 5, n. 12912 del 06/02/2020, COGNOME, Rv. 279040 – 01).
Il terzo motivo – afferente alla sussistenza del delitto di cui all’art. 10 d. Igs. n. 74 del 2000 (capo 13) e ai rapporti con quello di bancarotta fraudolenta documentale (capo 14) in relazione alla società – RAGIONE_SOCIALE è, nel complesso, infondato
3.1. L’assunto circa la mancata dimostrazione della effettiva tenuta della contabilità (il cui occultamento integra il delitto di cui all’art. 10 d. Igs. n. 74 2000) è generico, poiché non si confronta con la risposta già ottenuta dalla Corte di appello: le fatture relative agli anni 2012, 2013, 2014 risultano emesse (e quindi “esistevano”), ma non sono state rinvenute negli accessi effettuati dagli organi verificatori presso la società (pag. 58 sentenza impugnata).
3.2. Il medesimo motivo è infondato nella parte in cui invoca l’assorbimento del reato fiscale previsto dall’art. 10 del d.lgs 74/2000 nell’illecito di bancarotta fraudolenta documentale, configurato, nella specie, come bancarotta c.d. “specifica” (art. 216, comma comma primo, n. 2, legge fall.) consistente nella sottrazione o distruzione o falsificazione (cui è equiparata l’omessa tenuta) dei libri e delle altre scritture contabili allo scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
3.2.1. La risposta è già contenuta nella sentenza di appello che ha riprodotto testualmente le motivazioni della sentenza Sez. 5, n. 35591 del 20/06/2017, COGNOME, da questo collegio pienamente condivisa.
3.2.2. In sostanza, l’unico criterio idoneo a dirimere i casi di concorso apparente di norme è da rinvenirsi nel principio di specialità ex art. 15 cod. pen. (Sez. U, n. 41588 del 22/06/2017, COGNOME, Rv. 270902; Sez. U, n. 20664 del 23/02/2017, COGNOME, Rv. 269668; Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 248722; Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 248865; Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, COGNOME, Rv. 235962; Sez. U, n. 47164 del 20/12/2005, Marino, Rv. 232302).
Detto principio consente alla legge speciale di derogare a quella AVV_NOTAIO nel caso in cui le diverse disposizioni penali regolino la “stessa materia”. Deve definirsi norma speciale quella che contiene tutti gli elementi costitutivi della norma AVV_NOTAIO e che presenta uno o più requisiti propri e caratteristici, in funzione specializzante, sicché l’ipotesi di cui alla norma speciale, qualora la stessa mancasse, ricadrebbe nell’ambito operativo della norma AVV_NOTAIO (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, COGNOME, cit.). Il criterio di specialità deve intendersi e applicarsi in senso logico-formale. Il presupposto della convergenza di norme risulta integrato solo in presenza di un rapporto di continenza tra fattispecie, alla cui verifica deve procedersi attraverso il confronto strutturale tra le norme incriminatrici astrattamente configurate, mediante la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definire le fattispecie di reato (Sezioni Unite La COGNOME, cit.).
3.2.3. Nella specie sussiste il concorso di reati tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, poiché la comparazione degli elementi costitutivi dei delitti dimostra l’insussistenza di un rapporto di continenza, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.
Ove si escluda il concorso apparente è possibile derogare alla regola del concorso di reati solo quando la legge contenga l’espressione delle cd. clausole di riserva, le quali, inserite nella singola disposizione, testualmente impongono l’applicazione di una sola norma incriminatrice prevalente che si individua seguendo una logica diversa da quella di specialità (Sez. U, n. 20664 del 23/02/2017, COGNOME in motivazione).
Al riguardo va precisato che la clausola di riserva “salvo che il fatto costituisce più grave reato” contenuta nell’art. 10 d. igs. n. 74 del 2000 opera solo in relazione a fattispecie poste a tutela RAGIONE_SOCIALE stesso bene giuridico (ex multis Sez. 2, n. 25363 del 15 maggio 2015, Belleri, Rv. 265045), il che non accade nel caso del reato
fiscale e di quello di bancarotta (cfr. in motivazione Sez. 5, n. 35591 del 20/06/2017, COGNOME).
Sono generici e manifestamente infondati il quarto e il quinto motivo che attengono ai reati fiscali riferiti alla società RAGIONE_SOCIALE.
4.1. È necessario ricordare che la decisione di appello non può essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, dal momento che la motivazione di entrambe sostanzialmente si dispiega come articolazione unitaria di sequenze logicogiuridiche pienamente convergenti.
Siffatta integrazione si verifica non solo allorché i giudici di secondo grado abbiano esamiNOME le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, limitandosi a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (tra le altre Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929 – 01).
Ne consegue che sono inammissibili le censure rivolte alla sentenza di secondo grado, quando le stesse denuncino una mancata risposta rispetto a questioni già esaurientemente risolte dalla sentenza di primo grado.
4.2. Nella specie già la sentenza di primo grado dava ampiamente conto del ruolo di “mero soggetto interposto” svolto dalla RAGIONE_SOCIALE nelle operazioni commerciali, oggetto di fatturazione, intervenute tra il fornitore comunitario e il beneficiario finale (pagg. 26 e 27 della sentenza di primo grado).
La Corte di appello, da parte sua, confuta il motivo di appello, replicato con il ricorso, evidenziando come siano state specificamente individuate le società coinvolte e le operazioni incriminate (pag. 56); precisi rilievi con i quali il ricorren manca, ancora una volta, di confrontarsi.
4.3. Quanto alla inesistenza oggettiva delle prestazioni relative alle fatture emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (capi 3 e 5), il ricorso si limita a lamentare una omessa risposta al motivo di appello, senza nulla specificare.
In realtà la questione era già stata risolta dal Tribunale che aveva ritenuto inesistenti le operazioni fatturate facendo leva su: caratteristiche delle società emittenti, assenza di contratti e di documentazione, dichiarazioni di COGNOME (pag. 27 sentenza di primo grado).
4.4. Il ricorrente non considera che il capo 5) riguarda il delitto di utilizzo d fatture per operazioni inesistenti relative all’anno 2013 (art. 2 d. Igs. n. 74 del 2000); mentre il capo 6) concerne il diverso reato di emissione di fatture per
operazioni inesistenti (art. 8 d. Igs. n. 74 del 2000); pertanto non ricorre alcuna duplicazione: il capo 5) riportato a pag. 5 della sentenza di appello reca un mero refuso nella indicazione dell’articolo di legge violato (art. 8 invece di art. 2) -così come nella data del commesso reato (29 settembre 2014 e non 9 settembre 2014) – che certamente non può inficiare la contestazione, del resto riferita all’utilizzo delle fatture e non alla loro emissione (cfr. il corretto capo di imputazione trascritto a pag. 3 della sentenza di primo grado resa nel proc. nn. 5834/14 RGNR – 339/21 RG C. App.).
Il settimo motivo, incentrato sul trattamento sanzioNOMErio, è manifestamente infondato.
5.1. I fatti contestati ai capi 5 e 6 – posti in continuazione, quali reati satellit a quello più grave di cui al capo 8 -riguardano, come già detto (cfr. paragrafo 4.4.), condotte diverse per ciascuna delle quali viene correttamente applicato un aumento a titolo di continuazione.
5.2. L’entità della pena risulta sorretta da congrui argomenti (pagg. 58 e 59).
Non può essere considerato come indice di vizio di motivazione il diverso trattamento sanzioNOMErio riservato nel medesimo processo al coimputato, data la diversità di posizioni che la Corte di appello ha espressamente valutato esprimendo considerazioni non irragionevoli né paradossali (cfr. Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012, Giovane, Rv. 252880; Sez. 3, n. 27115 del 19/02/2015, COGNOME, Rv. 264020; Sez. 3, n. 9450 del 24/02/2022, COGNOME, Rv. 282839).
Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Ai fini del termine prescrizionale va ricordato che in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con l conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966 – 01).
Nella specie tutti i motivi sono risultati inammissibili tranne quello (ritenuto “solo” infondato) che ha posto il tema del concorso apparente di norme in relazione ai capi 13) e 14).
Per detti capi non risulta ancora decorso il termine massimo di prescrizione:
I
– reato di cui al capo 13) – art. 10 d. Igs. n. 74 del 2000, commesso in data 1 febbraio 2016 (il ricorrente non ha posto il tema, in fatto, della data di commissione del reato): termine massimo di prescrizione pari a 10 anni ex art. 17 comma 1 bis d. Igs. n. 74 del 2000 = 1 febbraio 2026;
– reato di cui al capo 14) art. 216, comma primo, n. 2, legge fall. commesso il 24 aprile 2018: termine massimo di prescrizione pari a dodici anni e sei mesi = 24 ottobre 2030.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/05/2024