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Affidamento in prova: valutazione pericolosità sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato a cui era stato negato l’affidamento in prova. La decisione si fonda sulla valutazione della sua elevata pericolosità sociale, dimostrata da un arresto per spaccio di stupefacenti avvenuto durante la detenzione domiciliare. Questo fattore negativo ha superato gli eventuali elementi positivi presentati, rendendo impossibile la concessione della misura alternativa.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Affidamento in Prova: Quando la Pericolosità Sociale Annulla i Segnali Positivi

L’affidamento in prova al servizio sociale rappresenta uno degli strumenti più importanti del nostro ordinamento per favorire il reinserimento sociale del condannato, offrendo un’alternativa concreta alla detenzione in carcere. Tuttavia, la sua concessione non è automatica, ma subordinata a una rigorosa valutazione da parte del giudice. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2639/2024) ha ribadito con forza un principio fondamentale: la presenza di un’insuperabile pericolosità sociale, dimostrata da fatti concreti, può neutralizzare qualsiasi elemento positivo presentato dal condannato.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un individuo condannato che aveva richiesto al Tribunale di Sorveglianza l’applicazione della misura alternativa dell’affidamento in prova. La richiesta era stata respinta, così come quella per la detenzione domiciliare. L’uomo ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse basato la sua decisione esclusivamente sui precedenti penali e sui procedimenti pendenti, senza considerare adeguatamente gli aspetti positivi della sua situazione.

L’elemento cruciale della vicenda, tuttavia, era un altro: dopo un periodo di detenzione in carcere, mentre si trovava in detenzione domiciliare, il soggetto era stato nuovamente arrestato. Era stato infatti trovato in possesso di cocaina, hashish, denaro contante e un bilancino di precisione, elementi che indicavano chiaramente un’attività di spaccio e non un semplice uso personale. Questo fatto ha pesantemente influenzato la valutazione dei giudici.

La Valutazione sull’Affidamento in Prova secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che il Tribunale di Sorveglianza non aveva ignorato gli elementi positivi, ma li aveva correttamente bilanciati con quelli negativi, giungendo a una conclusione logica e coerente. La Corte ha sottolineato che, ai fini della concessione dell’affidamento in prova, il giudice deve effettuare un giudizio prognostico completo.

Questo giudizio non può prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi e dai precedenti penali, ma deve anche includere la condotta tenuta dal condannato dopo la condanna. Elementi come l’assenza di nuove denunce, l’adesione a valori sociali condivisi, l’attaccamento al contesto familiare e una prospettiva di risocializzazione sono certamente importanti. Tuttavia, quando emerge un fatto di gravità tale da dimostrare un’elevata e attuale pericolosità sociale, questi elementi positivi vengono ridimensionati.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza si fonda sul principio che la condotta del soggetto ha dimostrato il suo persistente inserimento in contesti criminali legati al traffico di stupefacenti. L’arresto subito durante una misura restrittiva come la detenzione domiciliare è stato considerato una prova inconfutabile del concreto e fondato rischio di recidiva. Il Tribunale, pertanto, non ha errato nel ritenere che i segnali positivi fossero “minusvalenti”, ovvero di valore inferiore, rispetto al pericolo rappresentato dal ricorrente.

La Cassazione ha confermato che la decisione del Tribunale di Sorveglianza era immune da vizi, in quanto aveva adeguatamente considerato tutti i fattori, ritenendo quelli negativi come impeditivi alla concessione della misura alternativa. La valutazione non si è limitata a un mero esame del casellario giudiziale, ma ha tenuto conto di un comportamento specifico e recente che vanificava ogni prognosi favorevole sul buon esito della prova.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma che per ottenere un affidamento in prova, non basta presentare alcuni elementi positivi o dichiarare l’intenzione di cambiare vita. È necessario dimostrare con i fatti un reale e credibile percorso di allontanamento dal crimine. La commissione di un nuovo, grave reato, specialmente durante l’esecuzione di una pena o di una misura alternativa, costituisce la prova più evidente della persistenza della pericolosità sociale e, di fatto, preclude la possibilità di accedere a benefici come l’affidamento in prova. La decisione si chiude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza del ricorso presentato.

È sufficiente dimostrare alcuni elementi positivi per ottenere l’affidamento in prova?
No. La sentenza chiarisce che il giudice deve valutare tutti gli elementi, sia positivi che negativi. Elementi positivi possono essere considerati di minor valore (minusvalenti) se sono presenti fattori di grave pericolosità sociale, come la commissione di nuovi reati.

Un arresto avvenuto durante la detenzione domiciliare può precludere l’affidamento in prova?
Sì. Nel caso specifico, l’arresto per spaccio di stupefacenti durante la detenzione domiciliare è stato l’elemento decisivo per ritenere il soggetto ancora inserito in circuiti criminali e socialmente pericoloso, negando di conseguenza la misura alternativa.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito nella sentenza, alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, in quanto si presume una colpa nel proporre un ricorso palesemente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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