Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4890 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4890 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TERRAVECCHIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/12/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, la quale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 15.12.2022, il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha rigettato l’istanza di applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale
avanzata da NOME COGNOME condannato in via definitiva per il reato di peculato commesso dall’aprile al giugno del 2006, ammettendolo invece alla misura della detenzione domiciliare.
Avverso tale ordinanza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolando plurime censure.
Con la prima deduce la violazione dell’art. 111, comma sesto, Cost. in riferimento all’art. 125 cod. proc. pen. per difetto di motivazione. Il Tribunale avrebbe fondato il rigetto dell’istanza sulla mancanza di risarcimento del danno in favore dell’erario da parte del ricorrente, senza tuttavia accertare le concrete condizioni economiche del medesimo al momento della presentazione dell’istanza di affidamento in prova, e senza considerare che il risarcimento del danno non costituisce presupposto per il riconoscimento della misura.
Con il secondo motivo deduce la nullità dell’ordinanza impugnata in ragione del mancato deposito in cancelleria da parte dell’UEPE la proposta del programma trattamentale. Tale deposito sarebbe avvenuto solo dopo la chiusura del verbale di udienza, sicché il Tribunale avrebbe dovuto rinviare l’udienza per garantire il diritto al contraddittorio.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce, altresì, il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui ha ritenuto il programma trattamentale inconferente ai fini del decidere, in tal modo precludendo al COGNOME di valutare la proposta trattamentale fatta dall’UEPE.
Con il quarto motivo deduce la nullità dell’ordinanza impugnata, in quanto la mancata predisposizione del programma da parte dell’UEPE non potrebbe ripercuotersi negativamente sul ricorrente.
Con il quinto motivo deduce l’abnormità del procedimento seguito dal Tribunale di sorveglianza il quale, in un primo tempo, avrebbe chiesto all’UEPE un’integrazione del programma trattamentale già predisposto, ritenendo necessario ai fini dell’affidamento in prova un congruo risarcimento del danno, e poi rendendosi conto dello sbarramento costituito dall’orientamento giurisprudenziale, avrebbe fatto a meno di tale integrazione, con evidenti ripercussioni negative sul ricorrente.
Con il sesto motivo deduce il difetto di motivazione in ordine all’accertamento delle condizioni economiche del COGNOME al fine di valutare le concrete possibilità di risarcire il danno alle amministrazioni comunali.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito specificate.
Appare utile premettere che, attraverso la misura alternativa al carcere dell’affidamento in prova al servizio sociale, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa (Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 377).
Essa può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che la medesima, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla rieducazione del reo, prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato. Ciò che assume rilievo, è l’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001). Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, NOME, Rv. 202413).
In relazione alla peculiare finalità dell’affidamento, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura, non possono, di per sé soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna e i precedenti penali, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 771 del 6/2/1996, Tron, Rv. 203988 – 01; Sez. 1, 19/11/1995, COGNOME, Rv. 203154 – 01).
In particolare, è stato chiarito che, per il giudizio prognostico favorevole, la natura e la gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione deve costituire, unitamente ai precedenti (Sez. 1, n. 1812 del 4/3/1999, COGNOME, Rv. 213062 – 01), alle pendenze e alle informazioni di P.S. (Sez. 1, n. 1970 dell11/3/1997, COGNOME, Rv. 207998 – 01), il punto di partenza dell’analisi della
personalità del soggetto, la cui compiuta ed esauriente valutazione non può mai prescindere, tuttavia, dalla condotta tenuta successivamente dal condannato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 6783 del 13/12/1996, COGNOME, Rv. 206776 – 01; Sez. 1, n. 688 del 5/2/1998, COGNOME, Rv. 210389 – 01; Sez. 1, n. 371 del 15/11/2001, dep. 8/1/2002, COGNOME, Rv. 220473 – 01; Sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, COGNOME, Rv. 244322 – 01; Sez. 1, n. 31420 del 5/5/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01; Sez. 1, n. 16541 del 10/12/2018, dep. 2019, Rv. 276185 – 01 in motivazione:). Si è di recente precisato che, fra gli indicatori utilmente apprezzabili in tale ottica, possono essere annoverati l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle pregresse condotte devianti, l’adesione a valori socialmente condivisi, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna, l’attaccamento al contesto familiare e l’eventuale buona prospettiva di risocializzazione (Sez. 1, n. 44992 del 17/9/2018, S., Rv. 273985 – 01).
In ogni caso, e da ultimo, questa Corte ha chiarito che, ai fini della concessione della misura, non può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 773 del 3.12.2013, dep. 10/1/2014, Naretto, Rv. 258402 – 01).
Venendo al caso in esame, le censure svolte da COGNOME possono essere esaminate congiuntamente in quanto tra loro srttamnte connesse.
1). Ritiene il Collegio che il Tribunale d€4-Fieseffle si sia attenuto ai principi sopra richiamati, operando una valutazione complessiva di tutti gli elementi rilevanti ai fini del giudizio prognostico necessario ai fini della concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova. In particolare, l’ordinanza impugnata ha valorizzato non solo la gravità dei reati per i quali COGNOME ha riportato la condanna in esecuzione, costituiti da plurime condotte di peculato ai danni di diverse amministrazioni, ma altresì i precedenti penali, nonché le condanne riportate successivamente, e la pendenza di altri procedimenti per reati anche recentissimi. Ha inoltre tenuto conto delle risultanze della consulenza psicologica dalla quale emerge che COGNOME non ha acquisito alcuna consapevolezza critica in ordine al reato, né ha avviato una revisione critica del proprio precedente operato, collegando la condanna alla mancanza di un’adeguata difesa. Nel corso dei 16 anni dai fatti, non ha dimostrato alcuna volontà di risarcire il danno subito dai Comuni, limitandosi a proporre, peraltro intempestivamente perché dopo la chiusura del
verbale dì udienza, il versamento di 200 euro mensili ad una associazione operante nel sociale.
Appare dunque evidente come, alla luce di tale molteplicità di elementi, tutti negativi, valutati dal Tribunale di sorveglianza la relazione dell’UEPE, recte l’integrazione della relazione già predisposta, richiesta dai giudici e finalizzata ad elaborare un programma di trattamento specifico che tenesse conto della peculiarità dei reati, è stata ritenuta inconferente. Ed invero il Tribunale ha specificamente motivato al riguardo, affermando appunto che tale integrazione doveva ritenersi irrilevante, in quanto gli elementi già raccolti deponevano in senso negativo rispetto alla concedibilità della misura per la impossibilità di concreta rieducazione del reo, mancando ogni profilo di revisione critica della condotta e in ragione della assenza di una volontà anche parziale di risarcimento del danno.
Inconferente è la giurisprudenza richiamata sul punto dal ricorrente.
Invero, questa Corte ha affermato che è illegittima l’ordinanza con la quale il tribunale di sorveglianza, nel concedere l’affidamento in prova al servizio sociale, prescriva al condannato l’obbligo di provvedere al risarcimento del danno in favore della vittima del reato, senza commisurarlo alle concrete condizioni economiche del reo, subordinando a tale adempimento l’esito positivo della decisione da assumere al termine dell’esperimento della misura. (Sez. 1, n. 11923 del 21/11/2018, dep. 2019, Nicastro, Rv. 275171 – 01
Ma nella specie nulla di tutto ciò si è verificato, non avendo il Tribunale di sorveglianza subordinato la concessione della misura al risarcimento del danno, né avendo posto a carico di COGNOME l’obbligo incondizionato di provvedere al risarcimento del danno in favore della vittima del reato, senza commisurare tale obbligo alle concrete condizioni economiche e prevedendo un’automatica revoca della misura alternativa in caso di mancato assolvimento della prescrizione (Sez. 5, n. 7476 del 21/01/2014, Rv. 258884).
Piuttosto, l’ordinanza impugnata ha valutato la condotta del ricorrente consistente nel mancato ristoro dei danni cagionati agli enti territoriali, come espressione dell’indifferenza rispetto alle persone offese, e soprattutto come indice della mancanza di revisione critica del proprio agito e pertanto come elemento negativo nel giudizio prognostico in ordine alla volontà di reinserimento sociale dell’interessato.
Ne discende il rigetto del ricorso e la condanna di COGNOME al pagamento delle spese del giudizio.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 novembre 2023.