Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 553 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 553 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
R.G.N. 13117/20
C.C. 19/12/2023
Vendita – Corrispettivo – Vizi dell’impianto venduto
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13117/2020) proposto da: RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , elettivamente domiciliata in Marostica, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
Azienda agricola RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, nel cui studio in Bastia Umbra, INDIRIZZO ha eletto domicilio;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 3673/2019, pubblicata il 16 settembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 dicembre 2023 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 24 luglio 2011, l’RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Vicenza, la RAGIONE_SOCIALE proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1486/2012, depositato il 21 maggio 2012, per l’importo di euro 19.440,00, oltre interessi, al fine di sentire accertare l’esistenza di vizi e difetti dei nidi automatici RAGIONE_SOCIALE venduti dalla RAGIONE_SOCIALE e, conseguentemente, il diritto dell’acquirente alla riduzione del prezzo di vendita nella misura da accertare in corso di causa e comunque non inferiore ad euro 15.000,00, con la conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, nonché -in via riconvenzionale -al fine di sentire accertare e dichiarare la responsabilità di Ska in ragione dei vizi dedotti e, per l’effetto, condannarla al risarcimento dei danni.
Assumeva l’opponente che l’impianto era stato fornito in ritardo, che i nidi automatici forniti non erano idonei alla raccolta meccanizzata delle uova, in quanto le galline deponevano non già nei nidi ma sui posatoi e sulla lettiera, e che la catena di alimentazione fornita non si alzava meccanicamente come previsto in contratto, ma solo manualmente.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE la quale contestava la fondatezza, in fatto e in diritto, dell’opposizione proposta,
eccependo: che si era limitata a fornire l’attrezzatura per l’impianto, conforme all’ordine, poi montato dall’acquirente; – che era compito dell’imprenditore gestire correttamente l’impianto; -che la venditrice non poteva essere ritenuta responsabile per il comportamento delle galline.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2470/2016, emessa il 27 ottobre 2016, depositata il 12 gennaio 2017, in accoglimento della spiegata opposizione, riteneva fondata la domanda di riduzione del prezzo in ragione dei vizi dell’impianto fornito e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava l’opponente al pagamento, in favore dell’opposta, della minore somma di euro 3.240,00, oltre accessori, rigettando la domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni.
2. -Con atto di citazione dell’11 luglio 2017, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE, la quale lamentava: 1) la violazione del modello di pronuncia della sentenza all’esito della discussione orale, con lettura in udienza ex art. 281sexies c.p.c., con la conseguente nullità di tale pronuncia; 2) l’erronea affermazione sull’inidoneità dell’impianto fornito all’uso programmato di raccolta automatica delle uova deposte; 3) l’indebito rigetto dell’eccezione di decadenza dalla garanzia per i vizi, benché non fosse stato assolto l’onere di dimostrazione della tempestività della denuncia.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione l’RAGIONE_SOCIALE, la quale eccepiva l’inammissibilità dell’appello per il decorso del termine di impugnazione e, nel merito, contestava le ragioni addotte a fondamento del gravame.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello spiegato e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il verbale relativo alla pronuncia di primo grado era stato richiamato nel testo stesso della sentenza, senza però che fosse stato dichiarato che la pronuncia era stata emessa e soprattutto letta integralmente in udienza, cosicché la pronuncia doveva ritenersi valida, benché il termine lungo di impugnazione iniziasse a decorrere dal momento dell’effettiva pubblicazione, sicché l’appello era tempestivo; b ) che l’impianto venduto non era idoneo all’uso per il quale era stato acquistato, ossia a raccogliere in modo automatico le uova deposte dalle galline, in quanto la relativa attrezzatura non prevedeva dispositivi che inducessero le galline ad entrare nei nidi; c ) che la percentuale di uova deposte al di fuori dei nidi, variabile dal 10% al 30%, era anomala e integrava in sé un vizio redibitorio del macchinario, in quanto era pregiudicato il raggiungimento dello scopo di tale acquisto; d ) che il malfunzionamento dell’impianto non era affatto palese, in quanto presupponeva l’accertamento della sistematica deposizione delle uova fuori dai nidi e la verifica della relativa dinamica, sicché la piena consapevolezza della ricorrenza di detti vizi e della loro imputabilità alla ditta venditrice era stata raggiunta soltanto con l’acquisizione della perizia del veterinario, che aveva esaminato le diverse fasi della lavorazione e verificato i motivi della mancata deposizione delle uova nei nidi.
3. -Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso l’Azienda RAGIONE_SOCIALE
4. -La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, e 281sexies (vigente ratione temporis ) c.p.c., per avere la Corte di merito adottato una motivazione apparente e contraddittoria in relazione all’eccezione di nullità della sentenza di primo grado, pronunciata in violazione dello schema di cui alla norma richiamata.
Al riguardo, l’istante obietta che, con argomentazioni intrinsecamente e irriducibilmente inconciliabili, la Corte d’appello aveva sostenuto – per un verso – che non era stato dato atto che la pronuncia fosse stata letta in udienza, neanche relativamente al solo dispositivo, e – per altro verso – che comunque la pronuncia fosse valida, benché il termine di impugnazione decorresse dalla data di pubblicazione.
1.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché, come è dato desumere alle argomentazioni addotte nel corpo della pronuncia, la sentenza decisoria è stata emessa secondo il modello ordinario, all’esito della disposta discussione orale, senza alcuna lettura in udienza e con il successivo deposito in cancelleria.
Infatti, da un lato, il giudice d’appello ha sostenuto che, nel corpo della pronuncia di primo grado, era stato precisato che la sentenza fosse stata emessa ai sensi dell’art. 281 -sexies c.p.c., all’esito della discussione orale delle parti, senza però che tale pronuncia avesse dato atto della lettura integrale in udienza, mentre, dall’altro, ha rilevato che, benché nello storico del procedimento risultasse l’annotazione relativa all’esistenza della sentenza già nella data di udienza fissata per la discussione orale del 27 ottobre 2016, lettura che sarebbe stata idonea, quand’anche limitata al solo dispositivo, a far decorrere il termine lungo sin da tale momento, comunque la sentenza sarebbe stata valida, nonostante il termine lungo iniziasse a decorrere dal momento dell’effettiva pubblicazione, con il deposito in cancelleria del 12 gennaio 2017, con la conseguente tempestività del gravame.
Ed invero, solo la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281 -sexies c.p.c., integralmente letta in udienza e sottoscritta dal giudice con la sottoscrizione del verbale che la contiene, deve ritenersi pubblicata sin dalla data della lettura e non può essere dichiarata nulla nel caso in cui il cancelliere non abbia dato atto del deposito in cancelleria e non vi abbia apposto la data e la firma immediatamente dopo l’udienza. Invero, la previsione normativa dell’immediato deposito in cancelleria del provvedimento è finalizzata a consentire, da un lato, al cancelliere il suo inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze, con l’attribuzione del relativo numero identificativo, e, dall’altro, alle parti di chiederne il rilascio di copia, eventualmente, in forma esecutiva (Cass. Sez. 2, Ordinanza n.
20557 del 19/07/2021; Sez. 2, Sentenza n. 22519 del 24/09/2018; Sez. 3, Sentenza n. 11176 del 29/05/2015; Sez. 2, Sentenza n. 22659 del 08/11/2010; Sez. 3, Ordinanza n. 16304 del 24/07/2007).
D’altronde, solo la sentenza pronunciata a norma dell’art. 281sexies c.p.c., con lettura del dispositivo in udienza ma senza contestuale motivazione, benché viziata, in quanto non conforme al modello previsto dalla norma, conserva la sua natura di atto decisionale, dovendosi escludere la sua conversione in valida sentenza ordinaria, per essersi consumato il potere decisorio del giudice al momento della sua pubblicazione. Ne consegue che il termine lungo per l’impugnazione decorre dalla sottoscrizione del verbale di udienza, ex lege equiparato alla pubblicazione della sentenza, restando invece irrilevante, anche ai fini della tempestività dell’impugnazione, la successiva ed irrituale pubblicazione della motivazione, in quanto estranea alla struttura dell’atto processuale ormai compiuto (Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 19908 del 27/07/2018; Sez. 3, Sentenza n. 5689 del 23/03/2016; Sez. 3, Sentenza n. 17311 del 31/08/2015).
Ne discende che nella fattispecie il modello della pronuncia breve emessa in udienza, con contestuale lettura, non è stato affatto utilizzato, con l’effetto che, essendo stata la decisione emessa solo con il deposito del 12 gennaio 2017, per un verso, nessuna nullità si è determinata (non essendovi stata alcuna promiscuità tra modelli decisori) e, per altro verso, il termine per l’impugnazione decorreva dal momento del suo effettivo deposito in cancelleria.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione dell’art. 1490 c.c., per avere la Corte territoriale accolto l’istanza di riduzione del prezzo di vendita in ragione dell’integrazione di vizi o della mancanza di qualità essenziali, benché non si trattasse di carenze intrinseche alla cosa venduta, ma di dati estrinseci alla cosa stessa e segnatamente del comportamento delle galline che andavano a deporre fuori dai nidi.
Osserva l’istante che non era stato acclarato alcun vizio intrinseco dell’attrezzatura fornita, ossia una sua specifica imperfezione funzionale o strutturale.
2.1. -Il motivo è infondato.
Nella fattispecie il giudice del gravame ha accertato che l’impianto venduto non era idoneo all’uso per il quale era stato acquistato, ossia a raccogliere in modo automatico le uova deposte dalle galline, in quanto la relativa attrezzatura non prevedeva dispositivi che inducessero le galline ad entrare nei nidi. E ha motivato tale assunto avendo riguardo all’anomala percentuale di uova deposte al di fuori dei nidi, variabile dal 10% al 30%, tale da integrare in sé un vizio redibitorio del macchinario, in quanto era pregiudicato il raggiungimento dello scopo di tale acquisto.
Sicché -in base all’accertamento di fatto compiuto nel merito, insindacabile in questa sede -il vizio dedotto non poteva ritenersi estrinseco, appunto perché l’impianto avrebbe dovuto prevedere degli appositi dispositivi idonei ad indurre le galline ad entrare nei nidi.
Proprio il fatto che tali dispositivi costituissero componente dell’impianto fornito esclude che sia stata imputata al fornitore una responsabilità per vizi estranei alle qualità essenziali del bene compravenduto (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1522 del 29/03/1989; Sez. 2, Sentenza n. 1309 del 21/02/1983).
3. -Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE avesse proceduto al montaggio dell’attrezzatura oggetto del contratto, anziché alla sola vendita, senza fornire alcuna giustificazione di tale ulteriore prestazione relativa all’installazione dell’attrezzatura.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
E tanto perché, a fronte di una ‘doppia conforme’, con instaurazione del giudizio di gravame successivamente all’11 settembre 2012, come nella specie, ai sensi dell’art. 348 -ter , quinto comma, c.p.c., vigente ratione temporis , la doglianza di omesso esame di fatti decisivi, formulata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., è inammissibile (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 5, Sentenza n. 26860 del 18/12/2014).
E ciò non solo quando la decisione di secondo grado sia interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal
primo giudice (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022).
Né parte ricorrente si è onerata di specificare le ipotetiche differenze tra le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; Sez. 6-2, Ordinanza n. 8320 del 15/03/2022; Sez. L, Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016).
Ad ogni modo, non è stato neanche precisato in quali termini il riferimento al montaggio dell’impianto abbia inciso sull’esito decisorio, posto che i vizi rilevati sono stati identificati in difetti intrinseci all’impianto per la sua inidoneità allo scopo -e non già in difetti di installazione dell’attrezzatura.
4. -Con il quarto motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., per avere la Corte del gravame ritenuto che il termine per la denuncia dei vizi decorresse, non già dalla loro semplice manifestazione, ma dalla individuazione delle loro cause.
Deduce l’istante che, ove si fosse fatto riferimento alla sola manifestazione del vizio, l’Azienda agricola RAGIONE_SOCIALE COGNOME sarebbe decaduta dalla garanzia, tanto più che il comportamento delle galline -che non entravano nei nidi -sarebbe stato visibile sin dall’origine.
4.1. -Il motivo è infondato.
Sul punto la Corte di merito ha precisato che il malfunzionamento dell’impianto non era affatto palese, in quanto
presupponeva l’accertamento della sistematica deposizione delle uova fuori dai nidi e la verifica della relativa dinamica, sicché la piena consapevolezza della ricorrenza di detti vizi e della loro imputabilità alla ditta venditrice doveva ritenersi raggiunta soltanto con l’acquisizione della perizia del veterinario, che aveva esaminato le diverse fasi della lavorazione e verificato i motivi della mancata deposizione delle uova nei nidi.
Tale conclusione è conforme all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il termine di decadenza previsto dall’art. 1495 c.c. per l’azione di garanzia dei vizi della cosa venduta decorre dalla effettiva scoperta dei vizi, che si ha quando il compratore ne abbia acquistato certezza obiettiva e completa (e non dalla data in cui i vizi avrebbero potuto essere astrattamente conosciuti), con la conseguenza che, quando i vizi siano stati appresi dal compratore con la necessaria certezza solo attraverso la relazione di un consulente, il termine di denuncia a pena di decadenza decorre solo da tale momento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11046 del 27/05/2016; Sez. 2, Sentenza n. 6169 del 16/03/2011; Sez. 2, Sentenza n. 6735 del 23/05/2000; Sez. 2, Sentenza n. 7541 del 08/07/1995).
5. -In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda