Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30470 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30470 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37329/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4016/2019 depositata il 17/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto un contratto di compravendita immobiliare. Aspetti centrali ne sono il difetto di autonomo
approvvigionamento idrico del compendio immobiliare oggetto del contratto, nonché la mancata vendita della fascia di terreno su cui insiste il cancello principale di ingresso della villa. Nel 2003 gli acquirenti COGNOME convengono dinanzi al Tribunale di Velletri (Frascati) la venditrice Banca Monte dei Paschi per la condanna alla restituzione di circa € 377.013 a titolo di riduzione dei 2/3 del prezzo per vizi del bene, per la condanna al pagamento di € 10.000 per spese di allestimento di contenitori di acqua, di € 75.000 per il riacquisto di una fascia di terreno sottostante il cancello d’ingresso, di € 4.000 quale rimborso spese sostenute nel tentativo di realizzare un pozzo, oltre che per la condanna al risarcimento dei danni morali da determinarsi in via equitativa. Il Tribunale accoglie le domande, ma la Corte di appello le rigetta e condanna gli acquirenti alla restituzione in favore della venditrice della somma di circa € 78.461.
Ricorrono in cassazione gli acquirenti con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste la venditrice con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Il primo motivo (p. 11) fa valere l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, cioè il fatto che al momento dell’acquisto il compendio immobiliare non godeva di approvvigionamento idrico autonomo. I ricorrenti censurano la mancata considerazione di una serie di circostanze accertate dal c.t.u. che avrebbero dovuto indurre ad una diversa decisione, tra cui le condizioni dell’immobile al momento dell’acquisto , che hanno inciso negativamente sulla sua fruibilità e sul suo valore di mercato. Gli acquirenti non hanno mai dato atto che l’immobile fosse dotato di allaccio idrico autonomo, ma si sono limitati ad affermare che esso appariva dotato di fornitura idrica. Solo in un secondo momento si sono resi conto che la fornitura non derivava da un allaccio idrico autonomo, bensì da un rapporto di cortesia con vicini di casa. Interrotto quest’ultimo, si è interrotta anche la fornitura. In particolare, l’intero complesso immobiliare era fornito di un unico
allaccio alla rete idrica, intestato, a far data dal 5 settembre 2000, a Wi. Li. e, attraverso tubazioni, poteva soddisfare l’esigenza idrica dell’intero appezzamento originario, comprese le attuali proprietà attoree. Successivamente a seguito del frazionamento delle particelle appartenenti allo stesso proprietario, prodromico alla st ipula dell’atto di compravendita di cui è causa, il bene acquistato risultava fornito di acqua per via della rete idrica sul fondo di Wi. Li. Si fa valere che nel momento in cu i la causa è stata instaurata l’allaccio alla rete idrica non poteva essere concesso, cosicché gli acquirenti si sono visti costretti alla costruzione di un pozzo, poi non riuscita per una frana, e quindi a ricorrere ad un disagevole sistema di cisterne.
Il secondo motivo (p. 19) fa valere che la mancanza di approvvigionamento idrico autonomo è un vizio occulto al compratore, ma conoscibile dal venditore, che quindi è investito di uno dovere specifico di informazione, la cui inosservanza è fonte di responsabilità. Si deduce violazione degli artt. 1490 e 1492 c.c. sulla garanzia per i vizi della cosa venduta.
1.2. – I primi due motivi, da valutarsi unitariamente atteso che ambedue attengono alla pretesa garanzia per vizi, presentano profili di inammissibilità ed infondatezza.
La parte censurata della sentenza (p. 9) argomenta nei termini seguenti: «al momento dell’acquisto da parte degli attori in data 30 novembre 2001, l’immobile era collegato alla rete idrica attraverso una conduttura il cui contatore era intestato Wi. Li. Pertanto, non è corretto sostenere che al momento dell’acquisto l’immobile fosse privo di approvvigionamento idrico, risultando invece la diversa situazione, di un approvvigionamento idrico facente capo ad un contatore relativo ad un diverso proprietario, confinante con gli attori.
Risulta del tutto irrilevante che successivamente alla vendita, per decisione dell’intestatario del contatore, confinante degli attori, e non certo per responsabilità della banca venditrice, sia venuta meno l’erogazione dell’acqua. Invero gli attori non hanno spiegato la
ragione per cui sino all’introduzione della causa sarebbe stato impossibile ottenere l’allaccio autonomo, mentre al momento dell’accertamento peritale detto allaccio risulta evidentemente conseguito. Ritiene, pertanto, la Corte che, essendo risolvibile , ed in effetti risolto, il problema della mancanza di un allaccio autonomo al servizio idrico, e risultando escluso che al momento della vendita l’immobile non godesse dell’erogazione dell’acqua, non possa accogliersi la domanda di riduzione del prezzo, l a quale presuppone l’esistenza di un vizio che diminuisca di per sé e stabilmente il valore dell’immobile rispetto al prezzo pattuito, circostanza che non ricorre, quando il preteso vizio risulti eliminabile ed in effetti sia stato eliminato con la semplice apposizione di un autonomo contatore».
In sostanza, la Corte di appello non ha affatto ignorato il fatto che al momento dell’acquisto il compendio immobiliare fosse privo di approvvigionamento idrico autonomo, ma ha considerato ciò come un vizio eliminabile e in effetti eliminato, per cui – aggiunge la Corte tutt’al più la Banca poteva essere chiamata a rispondere del costo necessario per dotarsi di un allaccio autonomo (la Corte parla di ‘contatore’ ma nomina evidentemente «una parte per il tutto» dell’allaccio, come si desume dall’argomen tazione precedente) e dei danni conseguenti alla mancanza di erogazione dell’acqua per il tempo necessario ad avere l’allaccio autonomo al servizio idrico. Però il primo profilo non è stato dedotto né provato mentre sul secondo la Corte territoriale conclude nel senso che il Tribunale aveva rilevato la mancanza di prova delle deduzioni e gli appellati non avevano formulato specifica censura sul punto. E tale specifico rilievo non è stato oggetto di impugnazione da parte dei sigg. COGNOME.
Alla luce di ciò, non sussiste l’omesso esame censurato dal primo motivo, né risultano violati gli artt.1490 e 1492 c.c., atteso che la Corte del merito ha motivato proprio ritenendo, in tesi, sussistente il vizio occulto, rigettando la domanda di riduzione del prezzo e risarcitoria, come sopra sintetizzato.
2.1. – Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1490, 1492, 1175 e 1226 c.c. per non avere la Corte di appello ritenuto lesivo della normativa sulla garanzia della cosa venduta e del generale obbligo di diligenza proprio della fase precedente alla conclusione del contratto il comportamento della Banca, relativo alla mancata vendita della particella su cui insisteva il cancello di ingresso principale alla villa. Tale particella è in parte di proprietà di vicini, in parte fuori commercio trattandosi del tracciato della INDIRIZZO Sacra. Lamentano in proposito i ricorrenti il fatto che nelle fasi precontrattuali i loro danti causa erano stati accompagnati dagli incaricati dalla Banca proprio attraverso quel varco per accedere al bene oggetto di compravendita, lasciandosi così intendere che anch’esso fosse oggetto della futura alienazione. Lamentano infine la mancata applicazione della liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., che può disporsi anche senza un’istanza di parte.
La parte censurata della sentenza (p. 11) argomenta nei termini seguenti: il cancello ricade parzialmente in area demaniale, per cui non può configurarsi un pregiudizio in capo agli attori derivante dalla necessità di riacquistare il terreno di proprietà dei vicini, poiché è inutile un acquisto parziale che non garantisce la disponibilità integrale dell’area su cui ricade il cancello. Inoltre, gli attori non hanno dedotto che non possono utilizzare il cancello a causa del divieto dei proprietari confinanti. Anzi, costoro hanno di fatto a disposizione due cancelli: quello di cui è causa e un altro, sebbene quest’ultimo non sia dotato di videocitofono e di apertura automatica e sia servito da una strada meno comoda. Poi, la Corte di appello osserva che gli attori non hanno chiesto la riduzione del prezzo, bensì esclusivamente il risarcimento del danno derivante dalla necessità di riacquistare la porzione di terreno e ritiene che la domanda debba essere rigettata, perché è impossibile ancorare la liquidazione del danno all’acquisto di una porzione di terreno che non comprende
integralmente l’area su cui insiste il cancello; non essendo neppure possibile, ove anche risultassero sussistenti i presupposti, procedere ad una liquidazione equitativa, richiesta in primo grado solo con riferimento ai danni morali per la mancata fruizione dell’acqua corrente. Inoltre, argomenta la Corte di appello, è dubbia l’esistenza di un diritto al risarcimento in una situazione in cui una semplice verifica catastale avrebbe permesso agli attori di accertare che l’area in discussione non era compresa nelle porzioni oggetto della compravendita (in quanto, in parte l’area era demaniale). Infine – conclude la Corte di appello – non risulta che nel corso degli anni sia stato impedito agli attori l’accesso attraverso il suddetto cancello.
2.2. – Il terzo motivo è inammissibile.
Esso esibisce la stessa struttura logica del secondo motivo. In altre parole, il ricorrente sovrappone il suo apprezzamento della situazione di fatto rilevante all’accertamento che il giudice di merito ha espresso in una motivazione che, essendo del tutto sensata, non si espone a censure in sede di giudizio legittimità. Poiché la Corte di appello ha escluso il pregiudizio, non vi è da pronunciarsi sul profilo relativo alla mancata liquidazione in via equitativa d’ufficio d ei danni.
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 8.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 02/10/2024.