Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30367 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30367 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
Oggetto:
associazione RAGIONE_SOCIALE partecipazione
AC – 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23983/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione e all’indirizzo pec EMAIL, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
Contro
NOME NOME , domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione e all’indirizzo pec EMAIL, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 709/2022, pubblicata il 28 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal AVV_NOTAIOigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un motivo, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Piacenza che aveva accertato il proprio diritto a pretendere da NOME COGNOME il pagamento della somma di euro 75.000,00, oltre accessori, a titolo di utili spettanti in relazione a due contratti di cointeressenza stipulati tra le parti in riferimento alla realizzazione di un progetto edificatorio a opera del COGNOME, imprenditore, su alcuni terreni di proprietà del RAGIONE_SOCIALE, poi invece alienati da quest’ultimo unilateralmente a terzi.
NOME NOME ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che al COGNOME andava riconosciuto il corrispettivo previsto dall’art. 1 del contratto, previsto nella misura corrispondente al 50% dell’utile sulla plusvalenza derivante dalla vendita dei terreni, atteso che tale criterio trovava espressa applicazione anche per l’ ipotesi, poi verificatasi nel caso di specie, in cui il progetto edilizio non fosse nemmeno iniziato; corrispettivo che non poteva, invece, riconoscersi secondo il criterio previsto dall’art. 5 del contratto, ovvero in misura pari al 50% degli utili ipoteticamente realizzabili con l’ alienazione dei beni ancora in proprietà del NOME, eventualità che letteralmente ricorreva solo qualora si fosse verificato un recesso dopo un quinquennio dalla sottoscrizione dell’ accordo; circostanza,
quest’ultima, estranea al caso di specie, ove il contratto di associazione in partecipazione, nella forma della cointeressenza impropria di cui all’art . 2554 cod. civ., si era risolto non già per recesso di una delle parti, bensì per l’ avverarsi di una delle condizioni espressamente pattuite dal medesimo contratto (al punto b2), ove si contemplava per l’appunto l’ipotesi che l’ affare potesse concludersi anche con la sola vendita dei terreni, anziché con la realizzazione del complesso edilizio; b) che, pertanto, non si verteva in ipotesi di recesso dal contratto, bensì in ipotesi di avvenuta realizzazione dell’affare, secondo una delle modalità alternative contemplate nel negozio; c) che, dunque, il criterio di liquidazione adottato dal Tribunale era corretto.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso lamenta: « motivo unico: violazione dell’art. 360, 1c, n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», deducendo che la Corte di appello avrebbe omesso di esaminare il fatto previsto dall’art. 5 del contratto , secondo cui i compensi sarebbero spettati al COGNOME anche se al momento del recesso gli utili non fossero stati maturati, in tutto o in parte.
Il motivo è inammissibile.
Alla presente controversia si applica l’art. 360 , primo comma, n. 5, cod. proc. civ. nella formulazione introdotta a seguito dell’entrata in vigore della legge 7 agosto 2012, n. 134. Ciò comporta che il citato vizio è denunciabile in cassazione, ai sensi del suddetto articolo, solo per anomalia motivazionale, che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti
r.g. n. 23983/2022
AVV_NOTAIO. estAVV_NOTAIO NOME COGNOME
dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). L’irrilevanza delle risultanze processuali ai fini dell’applicazione del sindacato sulla motivazione è stata ulteriormente precisata nel senso che il vizio denunciabile è limitato all’omesso esame di un fatto storico -da intendere quale specifico accadimento in senso storico-naturalistico (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; id. sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; id. Sez. 2, Ordinanza n. 20610 del 09/07/2021), principale o secondario, rilevante ai fini del decidere e oggetto di discussione tra le parti (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018).
L’ applicazione di tali principi al caso di specie conduce a rilevare che ciò che il ricorrente qualifica come ‘fatto’ non è un fatto storico-naturalistico, ma è un giudizio valutativo effettuato dalla Corte territoriale in sede di esegesi del contratto stipulato tra le parti, finalizzato a individuare quale articolo del contratto fosse applicabile alla fattispecie concreta, come tale non criticabile nell’al veo del vizio motivazionale nei termini generali sopra rammentati.
Sotto diverso e concorrente profilo, l’ inammissibilità si manifesta anche in relazione alla circostanza che il ricorso non appare nemmeno confrontarsi efficacemente con la ratio decidendi della sentenza impugnata , giacché continua a discettare di ‘recesso’ del
NOME dal contratto, allorquando la sentenza ha accertato che non già di recesso si sia trattato , bensì di esecuzione dell’affare in una delle forme alternativamente previste (alienazione dei terreni ancora inedificati): accertamento minimamente contestato nel presente giudizio.
La soccombenza regola le spese, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna COGNOME NOME a rifondere a COGNOME NOME le spese della presente fase di legittimità, che liquida in euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre