Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26179 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26179 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5260/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (EMAIL)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (EMAIL) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (EMAIL), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3599/2020 depositata il 22/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 11/02/2021, illustrato da successiva memoria, i sigg. NOME COGNOME NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione in relazione alla sentenza della Corte d ‘A ppello di Napoli n. 3599/2020, notificata il 14.12.2020, con la quale, in base a una fideiussione prestata dai medesimi a copertura delle esposizioni debitorie del sig. NOME COGNOME, è stata confermata la sentenza di primo grado pronunciata tra i medesimi e la società RAGIONE_SOCIALE (quale procuratore di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, cessionaria di RAGIONE_SOCIALE) in seguito a opposizione a decreto ingiuntivo.
L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dai ricorrenti si fondava sulla non debenza di quanto ingiunto in ragione della revoca delle fideiussioni dai medesimi prestate, intervenuta in data anteriore rispetto a due estratti conto prodotti dalla banca quale prova del credito, per l’accertamento della quale si era svolto separato giudizio che aveva determinato la sospensione del presente giudizio. Riassunto il giudizio, il giudice di prime cure aveva ritenuto che, alla data della revoca delle fideiussioni, lo scoperto afferente al debito principale corrispondesse alla sommatoria dei due conti correnti allegati in sede di richiesta di emissione del decreto ingiuntivo (conto corrente e conto anticipo fatture), anche se riferiti a una data successiva alla intervenuta revoca. In particolare, la Corte di merito, riteneva infondato l’assunto degli appellanti secondo cui il giudice di prime cure
avesse tardivamente consentito, in sede di riassunzione del giudizio, una modifica della iniziale domanda, mai chiesta dall’istituto creditore, ritenendo invece che, anche tenendo conto della revoca della fideiussione intervenuta in epoca anteriore rispetto ai due estratti conto prodotti dalla banca a riprova della esposizione debitoria inclusa nella garanzia rilasciata, l’importo ingiunto corrispondesse a quanto complessivamente indicato dal creditore come esposizione del debitore principale verso la banca che i fideiussori erano tenuti a garantire sino alla intervenuta revoca.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
Motivi della decisione
In via pregiudiziale, nella memoria illustrativa i ricorrenti eccepiscono la carenza di legittimazione attiva della mandante RAGIONE_SOCIALE e della mandataria RAGIONE_SOCIALE costituitesi in giudizio il 21.5.2024 con nuovo difensore, evidenziando che nel costituirsi in giudizio la RAGIONE_SOCIALE non ha depositato l’atto di cessione cui si fa riferimento nella procura del 2006 per la identificazione dei crediti per i quali sarebbe stata conferita la procura, con conseguente difetto di legittimazione attiva.
La procura senza la integrazione della predetta cessione sarebbe nulla per indeterminatezza ed indeterminabilità del suo oggetto ai sensi e per gli effetti degli artt 1346 e 1418 c.c., in quanto vi sarebbe solo un riferimento ai crediti identificabili in base ai criteri di cui all’atto di cessione ed all’avviso di cessione, senza altro specificare, né allegare, crediti che, oltretutto, non comprenderebbero il credito oggetto di causa.
L’eccezione è infondata.
La nomina di nuovo difensore in sede di giudizio di legittimità, dominato dall’impulso d’ufficio a seguito della sua instaurazione con la notifica e il deposito del ricorso, non è soggetta agli
eventi di cui agli artt. 299 e seguenti cod. proc. civ.: pertanto, in tale sede processuale non rileva il deposito di un atto redatto da un nuovo difensore (nella specie denominato “atto di costituzione”) su cui è apposta nuova procura speciale (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13329 del 30/06/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23816 del 24/11/2010).
Con il primo motivo ex articolo 360 1 comma, n. 3 cod. proc. civ. ex artt. 360, I comma, n. 4, c.p.c. i ricorrenti denunciano violazione della disposizione di cui agli articoli 99, 112, 167, 183, 633, 638, 645 c.p.c. -poiché in ultra-petita la Corte d’Appello avrebbe confermato la sentenza del Tribunale di S.M.C.V., in ordine al rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo, perché alla data del recesso dell’8.7.1994 dei fideiussori il ‘saldo’ del conto corrente portava un debito di Lire 416.217.722, sul solo conto corrente n. 1333546/01/16 -anche se il ricorso per decreto ingiuntivo riguardava la posizione debitoria di £. 152.060.800 per uno scoperto bancario sul conto corrente n. 1333546/01/16 e di £. 300.000.000 per uno scoperto bancario sul conto anticipo fatture n. 1333546/51/66 -non avendo considerato che tale importo a debito gravasse, alla data dell’8.07.1994, sul solo conto corrente n. 1333546/01/16, avendo di contro ritenuto sufficiente il richiamo alle complessive risultanze degli estratti conto relativi ad entrambi i rapporti di conto corrente, così come anche precisato dalla Banca in sede di memoria di riassunzione del 21.1.2012, sul presupposto che il credito portato nel decreto ingiuntivo facesse riferimento ad un’unica posizione debitoria. Assumono i ricorrenti che tali e diversi presupposti, rispetto alla domanda principale, necessitavano, qualora ammissibili e non ritenuti ‘nuovi’, almeno di una precisazione della domanda, già in sede di comparsa in opposizione a decreto ingiuntivo, mai avvenuta in
corso di causa, e, in ogni caso, tardivamente, in sede di memoria di riassunzione dopo la sospensione del giudizio.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ex articolo 360 numero 3 cod. proc.civ. la violazione degli artt. 2697 e 2698 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 1418 c.c. e ss e lettera g) del contratto di fideiussione del 26.6.1992, nonché ex art. 360 n. 5 c.p.c. con riferimento alla omessa valutazione delle prove in ordine al saldo contabile per determinare l’esatta posizione debitoria, in quanto la Corte d’appello avrebbe ritenuto provata la posizione debitoria coperta dalla garanzia in base ai conti correnti alla data dell’8/7/1994, sulla base di estratti conto. Deducono inoltre la nullità della clausola fideiussoria che farebbe riferimento alle sole scritture contabili.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ex art. 360 n. 3 c.p.c violazione dell’art. 1941 c.c. e, in subordine, ex articolo 360 numero 5 cod.proc.civ., violazione degli artt. 1938,1941,2729 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. , nella parte della motivazione con cui è stata ritenuta provata la somma richiesta, quando , invece, alla data della revoca della fideiussione l’esposizione debitoria era di lire 234.949.477, mentre i fideiussori sono stati condannati a pagare la somma massima garantita di £ 300.000.000 su un importo di £450.000.000, e ciò in riferimento al saldo del conto corrente n. 1333546/01/16.
I motivi sono inammissibili e, vertendo sulla medesima questione vista sotto diversi profili di nullità della sentenza, vengono trattati congiuntamente.
La Corte d’appello, nella sentenza impugnata riporta che, con un unico motivo, gli appellanti hanno lamentato che il giudice di prime cure si sia pronunciato extra petitum . In relazione a questo specifico punto in contestazione ha ritenuto corretta la valutazione operata dal primo giudice sul petitum dedotto in
base alla complessiva esposizione debitoria del debitore principale oggetto della garanzia, pari a £ 452.060.800, risultante dalla somma dello scoperto di due conti correnti (conto corrente del debitore e conto anticipi su fatture, quest’ultimo con scoperto £ 300.000.000 alla data successiva alla revoca delle fideiussioni). Ferma la data della revoca della fideiussione accertata con successiva sentenza passata in giudicato, la Corte di merito ha infatti ritenuto di dovere riportare a debito, sul conto corrente de quo , la somma di £ 300.000.00 accreditata dalla banca su altro conto corrente in base all’operazione di sconto di anticipi su fatture, avvenuta successivamente alla revoca della fideiussione. Non ha ritenuto quindi rilevante che l’estratto del conto corrente, alla data dell’ingiunzione, riportasse una cifra inferiore, poiché l’esposizione debitoria del debitore garantito era collegata anche al conto anticipi 111546/51/66, pure indicato nel ricorso monitorio, essendo detta cifra confortata, sul piano probatorio, dagli estratti conto relativi ad entrambi i rapporti di conto corrente, relativi ad esposizioni anteriori alla data di revoca della fideiussione. Ha poi indicato che, a seguito della riassunzione del giudizio di primo grado, conseguente al passaggio in giudicato della citata sentenza della Corte d’Appello, nelle memorie difensive del 26.1.2012 la banca aveva precisato che il proprio credito, alla data della revoca delle fideiussioni (alla quale bisognava far riferimento secondo la statuizione della Corte d’Appello) era di lire 416.217.720, non rilevando la mancata specificazione che tale importo a debito gravava, alla data dell’8.07.1994, sul solo conto corrente n. 1333546/51/66, ed essendo ritenuto sufficiente il richiamo alle complessive risultanze degli estratti conto relativi ad entrambi i rapporti di conto corrente.
Osserva questo Collegio che il primo motivo, con il quale si deduce il vizio di extrapetizione, è manifestamente infondato. Va rammentato che il giudice di merito incorre nel vizio di extrapetizione quando attribuisce alla parte un bene non richiesto perché non compreso neppure implicitamente o virtualmente nelle deduzioni o allegazioni, e non quando ponga a fondamento della decisione esiti documentali che, relativi agli atti del giudizio di primo grado, naturalmente si offrono alla valutazione del giudice d’appello in quanto legittimamente acquisiti al preventivo e potenziale contraddittorio (Cass Sez. 1 , Sentenza n. 9002 del 11/04/2018; Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 8048 del 21/03/2019; Cass. Sez. 1 – , Sentenza n. 12014 del 07/05/2019). Nel caso di specie, l’importo portato nel decreto ingiuntivo, per quanto attestato da due distinti estratti di conti correnti successivi alla data di revoca delle fideiussioni, non differiva da quello complessivamente afferente alla posizione debitoria del debitore principale verso la banca, oggetto di garanzia fideiussoria, come argomentato dal giudice di secondo grado.
Quanto alle violazioni di legge in tema di valutazione delle prove, di cui al secondo motivo, deve ritenersi l’inammissibilità della censura attinente a fatti valutati discrezionalmente dal giudice in relazione alla loro rilevanza probatoria e alle allegazioni svolte, e ciò in base al principio per cui la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art.
116 c.p.c. (così, Sez. U. – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass., Sez. 6-3, ordinanza n. 26769 del 23/20/2018; Sez. 3, sentenza n. 20382 dell’11/10/2016; Cass. Sez. 3, sentenza n. 11892 del 10/6/2016). Il motivo inoltre si dimostra privo del requisito di autosufficienza là dove assume la inidoneità degli estratti di conto corrente ad attestare l’entità del debito, in assenza di ogni indicazione dell’atto da cui poter desumere la sussistenza di tale contestazione (cfr. Cass. SU Cass. 34469/2019).
Nella fattispecie in esame, inoltre, le ulteriori critiche mosse alla sentenza impugnata non sono sussumibili in alcuno dei vizi rilevanti ex art. 360 n. 5 c.p.c. a causa di un difetto di autosufficienza del motivo, perché in esso non è indicato dove il fatto, decisivo e controverso, che sarebbe stato omesso dal giudice, sia rinvenibile negli atti e nello svolgimento delle argomentazioni delle parti; per altro verso, nella narrativa del motivo non viene indicata la ragione per cui le argomentazioni poste a base della decisione della corte territoriale andrebbero ben oltre il ‘minimo costituzionale’ imposto dalla norma di riferimento, così come univocamente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità (SU Cass. 8053/2014).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento all’ufficio di merito competente, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, il 25/06/2024.