SENTENZA TRIBUNALE DI FIRENZE N. 2683 2025 – N. R.G. 00011436 2018 DEPOSITO MINUTA 31 07 2025 PUBBLICAZIONE 31 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Firenze III sezione civile in composizione monocratica, in persona del dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 11436/2018 R.G.A.C. (a cui è stata riunita la causa n. 12057/2018 RG), avente ad oggetto: pagamento corrispettivo e risarcimento danni , vertente
TRA
in persona del l.RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Firenze presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di mandati in atti;
ATTORE (CONVENUTO NEL GIUDIZIO RIUNITO)
E
, in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in Lucca presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da mandati allegati in atti;
CONVENUTO (ATTORE NEL GIUDIZIO RIUNITO)
CONCLUSIONI
in ogni caso, per entrambi i giudizi riuniti, condannare a pagare ad € 322.185,44, oltre interessi moratori dalla data di scadenza di ogni fattura al saldo, ovvero la maggior o minor somma di giustizia, oltre al risarcimento del danno, da valutarsi anche in via equitativa, per i motivi di cui al punto 5) in citazione ed al punto 3) in memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, rigettando tutte le domande di perché infondate in fatto ed in diritto, decadute e comunque prescritte, con vittoria di spese e competenze del giudizio. Nello specifico per il giudizio al n. 11436/18 R.G.: in via pregiudiziale e/o preliminare: – dichiarare la giurisdizione del giudice italiano e la competenza del Tribunale adito per le domande formulate da -dichiarare inammissibile e tardiva l’eccezione riconvenzionale svolta da al punto 3 della comparsa di costituzione vista la relativa contumacia dichiarata all’udienza del 20.03.19; -confermare l’istanza ex art. 186 ter c.p.c. per € 129.563,29 provvisoriamente esecutiva, per la merce non ‘segnalata’ oltre interessi moratori dalla data di scadenza in fattura al saldo, oltre le spese; nel merito ed in tesi: condannare a pagare ad € 322.185,44, oltre interessi moratori dalla data di scadenza di ogni fattura al saldo, ovvero la maggior o minor somma di giustizia, oltre al risarcimento del danno, da valutarsi anche in via equitativa per i motivi indicati al punto 5) in citazione ed al punto 3) in Contro Contro
memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1), rigettando tutte le domande di perché infondate in fatto ed in diritto, decadute e comunque prescritte. Nel merito ed in ipotesi: condannare a pagare in favore di € 265.339,78, oltre interessi moratori dalla data di scadenza di ogni fattura al saldo, ovvero la maggiore o minor somma di giustizia, oltre al risarcimento del danno, da valutarsi anche in via equitativa, per i motivi di cui al punto 5) in citazione ed al punto 3) in memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1), rigettando tutte le domande di perché infondate in fatto ed in diritto, decadute e comunque prescritte. Per il procedimento n. 12057/18 R.G.: in via pregiudiziale e/o preliminare: – dichiarare la nullità dell’atto di citazione di per carenza, nullità e/o inesistenza del mandato alle liti disponendone per l’effetto la cancellazione dal ruolo; – dichiarare la carenza di giurisdizione italiana e/o l’incompetenza del Tribunale adito per tutte le domande formulate da ; nel merito: in tesi ed in via riconvenzionale, respingere tutte le domande di perché infondate in fatto ed in diritto, decadute e comunque prescritte, condannandola a pagare ad € 322.185,44, oltre interessi moratori dalla data di scadenza di ogni fattura al saldo, ovvero la maggior o minor somma di giustizia, oltre al danno da valutarsi anche in via equitativa, per i motivi di cui al punto 5) in comparsa di costituzione ed al punto 3) in memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1); in ipotesi e quale eccezione via riconvenzionale, nella non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande di , compensare quanto fosse condannata a pagare con quanto dovuto da per la fornitura, pari ad € 322.185,44, oltre interessi moratori dalla data di scadenza di ogni fattura al saldo, ovvero la maggiore o minor somma di giustizia, condannando al pagamento dell’importo eccedente la compensazione. Contro Cont Contro
: accertare e dichiarare l’esistenza dei vizi occulti descritti in narrativa ovvero l’utilizzo di prodotti adesivi non idonei per l’incollaggio della suola ai sandali e la conseguente inidoneità della calzature oggetto di causa a superare i test di trazione dinamometrica per misurare la forza di resistenza alla separazione delle due superfici assemblate, costituite dalla suola in gomma microporosa e dal fondo in materiale agglomerato;- conseguentemente, ex art. 1668 comma 1 c.c., disporre la riduzione del prezzo complessivo pattuito fra le parti, in misura non inferiore all’80% del valore dell’intera fornitura viziata effettuata da in relazione al modello su base TARGA_VEICOLO. Conseguentemente condannare alla restituzione delle somme in eccesso già ricevute in pagamento;- in ogni caso, accertato il grave pregiudizio alla reputazione ed alla immagine commerciale causato da condannare quest’ultima al pagamento di un risarcimento danni da liquidarsi in via equitativa dal Giudice, non inferiore ad euro 100.000,00. Quanto al danno da lucro cessante: a) in tesi, condannare a pagare a un risarcimento non inferiore ad euro 320.005,00 o quella diversa somma determinata in corso di causa e/o di giustizia; b) nella denegata ipotesi in cui, all’esito del giudizio, non fosse considerato provato il quantum del danno da lucro cessante, emettere sentenza di condanna generica al risarcimento di tale voce di danno, da liquidarsi nel quantum in un separato successivo giudizio.- in ogni caso, respingere tutte le domande di pagamento e di risarcimento danni avanzate da Con vittoria di spese e competenze di lite. Cont Contro Contro Contro Cont […
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato MG. esponeva di aver effettuato in favore di forniture di scarpe (circa n. 40.000,00 paia), come da fatture prodotte in giudizio, senza aver ricevuto tuttavia il pagamento del relativo corrispettivo, pari ad USD 322.185,44 corrispondenti ad € 265.339,78 (ma la società attrice chiedeva, comunque, il pagamento dell’importo di € 322.185,44, essendo invalsa tra le parti la prassi con il cambio cd. ‘1/1’).
In particolare, il pagamento del corrispettivo era stato negato sulla scorta di un’unica segnalazione relativa ad una suola difettosa di una scarpa modello ‘TARGA_VEICOLO, e ad una generica lamentazione circa conseguenti danni subiti, dunque ingiustificatamente, tanto più che non aveva provveduto al pagamento neppure del corrispettivo dovuto per i modelli non oggetto di segnalazione. Con
Si è costituita in giudizio deducendo che nella stagione 2017/2018 RAGIONE_SOCIALE le aveva fornito un quantitativo pari a 82.328 paia su fondo TARGA_VEICOLO, oltre a 75.877 paia di altre scarpe su fondi diversi, forniture in parte pagate. Tuttavia si era verificato un evidente problema, consistente nel distaccamento della suola nei modelli su fondo TARGA_VEICOLO, di cui si era avuta contezza anche dopo aver ricevuto talune segnalazioni da parte dei clienti. L’esistenza della problematica lamentata era stata tra l’altro riconosciuta dalla società attrice con la sottoscrizione di una scrittura privata in data 1 marzo 2018, con la quale era stato tra l’altro concordato un successivo esame congiunto dell’intera fornitura di scarpe. [… Co
Tale esame congiunto non era poi stato effettuato stante la mancata collaborazione della società attrice, per cui si era deciso di far accertare la non conformità’ della merce ad un istituto privato specializzato nella valutazione della qualità’ e conformità’ dei prodotti, ed i relativi test avevano confermato l’esistenza del lamentato difetto, con riferimento a tutte le paia esaminate.
Concludeva dunque chiedendo accertare l’esistenza dei vizi indicati e, conseguentemente, rigettare le domande di pagamento, in subordine disporre la riduzione del prezzo pattuito nella misura del 80% del valore dell’intera fornitura viziata.
Con separato atto di citazione, introduttivo del giudizio n. 12057/2018 RG, conveniva in giudizio lamentando, in senso inverso, i medesimi vizi occulti in relazione alle medesime forniture di calzature chiedendo, oltre alla riduzione del corrispettivo come sopra già indicata, altresì il risarcimento del danno assunto come subito, indicato nelle seguenti voci: 1) danno patrimoniale da lucro cessante, in relazione al fatto che le scarpe prodotte non sarebbero state più acquistate dagli abituali fornitori, con un mancato guadagno quantificato in USD 105.554; 2) danno da lesione della reputazione e immagine commerciale, quantificato in € 100.000,00. Contro
si costituiva quindi in giudizio eccependo la nullità/inesistenza della procura alle liti conferita al difensore della controparte; l’insussistenza della giurisdizione italiana e della competenza del giudice adito in relazione alla domanda risarcitoria; la decadenza/prescrizione dalla corrispondente azione. Chiedeva in ogni caso, nel merito, il rigetto delle domande risarcitorie formulate dalla controparte e specularmente, in via riconvenzionale, il pagamento del corrispettivo delle forniture.
I due giudizi, stante la quasi identità a parti inverse, sono stati quindi riuniti.
Nel corso del giudizio veniva emessa ordinanza ingiunzione di pagamento ai danni di
per l’importo di € 77.737,97, oltre interessi. Quindi, ammessa ed espletata prova testimoniale e CTU, all’udienza del 24.4.2025 la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusionali e repliche.
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Le eccezioni in rito.
È del tutto infondata l’eccezione di inesistenza delle procure alle liti relative ai giudizi riuniti, formulata da Queste ultime sono state, infatti, pacificamente regolarizzate da , con conseguente sanatoria del vizio.
Sussiste inoltre, come pacifico tra le parti, la giurisdizione del giudice italiano in merito alla domanda di pagamento del corrispettivo introdotta da ma anche con riferimento alla domanda di risarcimento del danno formulata da , in virtù dell’art. 3 L. n. 218 del 1995, che indica quale criterio generale dell’applicazione della giurisdizione italiana quello del domicilio o della residenza in Italia del convenuto. Tale criterio vale inoltre a radicare la competenza in capo al Tribunale di Firenze.
Quanto alla dedotta tardività della ‘eccezione riconvenzionale svolta da al punto 3 della comparsa di costituzione’ (richiesta di riduzione del prezzo) la questione risulta in ogni caso superata dal fatto che la medesima richiesta è stata formulata in termini di domanda nell’atto di citazione del giudizio n. 12057/2018 RG, e dunque senz’altro tempestivamente.
Non vi è infine da ‘confermare l’istanza ex art. 186 ter c.p.c. per € 129.563,29’, tra l’altro non emessa per tale importo, atteso il carattere per sua natura interinale del relativo provvedimento emesso in corso di causa, destinato in ogni caso ad essere sostituito dalla presente pronuncia.
La qualificazione del contratto e le eccezioni preliminari.
Venendo all’esame del merito va innanzitutto individuata la tipologia di contratto intercorsa tra le parti avente ad oggetto la fornitura di scarpe, ed esso va qualificato in termini di prestazione di servizi e dunque di appalto, dovendosi invece escludersi la configurabilità di un contratto di vendita, propugnata da
Al fine della distinzione deve aversi infatti riguardo come noto, in linea generale, alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, con riguardo alla volontà dei contraenti oltre che al senso oggettivo del negozio, al fine di accertare se la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell’opera ed il lavoro lo scopo del contratto, oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento della cosa l’effettiva finalità del contratto (Cass. 22 agosto 2022 n. 25093, tra le tante). Assume rilievo poi, nel caso di specie, l’art. 6 n. 2 della convenzione delle Nazioni Unite del 14.6.74 in materia di vendita internazionale di merci, la quale prevede che siano assimilati alla vendita i contratti di fornitura di beni mobili materiali da fabbricare o produrre, a meno che la parte che ordina il bene abbia fornito una parte essenziale degli elementi necessari a tale fabbricazione o produzione. Tali elementi, a parere del Tribunale, non sono soltanto quelli materiali, dunque nel caso di specie assume rilievo la circostanza, pacifica tra le
parti, che ha integralmente ideato e progettato le calzature, la cui materiale esecuzione soltanto è stata poi rimessa a con la conseguenza che rispondendo il produttore soltanto della correttezza dell’esecuzione secondo le direttive dell’acquirente, il rapporto appare assimilabile più alla prestazione di servizi che alla vendita.
Da tale qualificazione consegue, già di per sé, l’infondatezza delle eccezioni di decadenza e prescrizione sollevate nell’ambito del giudizio n. 12057/2018 RG, ma con riferimento alla garanzia per vizi nella vendita (art. 1495 c.c.). Tali eccezioni sono state formulate, invero, anche per l’ipotesi in cui il rapporto fosse stato qualificabile in termini di appalto, ma la le ragioni poste a fondamento dell’eccezione (‘perché lo standard oggi richiesto non fu mai convenuto dal 2013, sia perché ed E fu un mero esecutore e si limitò al rispetto delle direttive impartite, sia perché la merce fu accettata dall’attrice e venduta a terzi’) non rendono comprensibile l’eccezione, in relazione al rispetto o meno dei termini ivi indicati. L’unico elemento di rilievo tra quelli indicati è infatti quello dell’accettazione delle calzature la quale tuttavia, come noto, comporta ai sensi dell’art. 1667 c.c.,la non operatività della garanzia per vizi soltanto nell’ipotesi in cui essi fossero riconoscibili, mentre nel caso di specie essi non erano tali, manifestandosi il lamentato difetto soltanto con l’uso delle calzature. Cont
La domanda di pagamento del corrispettivo delle forniture.
Va innanzitutto rilevato che non sono mai stati oggetto di contestazione tra le parti l’esistenza del contratto ed i relativi termini, anche con riferimento alla misura del corrispettivo delle forniture di scarpe, nonché l’avvenuta esecuzione della principale obbligazione in capo a (consegna delle scarpe).
Il corrispettivo pattuito, pari ad USD 322.185,44, è dunque senz’altro dovuto avendo l’eccezione ex art. 1460 c.c., in sostanza formulata dal compratore, effetto soltanto sospensivo in relazione al pagamento delle somme dovute, e non liberatorio dal relativo obbligo (Cass. n. 36295 del 2023, tra le tante), e non essendo stata formulata una domanda di risoluzione contrattuale. Ciò fatto salvo, ovviamente, l’esame della domanda di riduzione del prezzo formulata da , che verrà effettuato in seguito. Tale riduzione non potrà, in ogni caso, riguardare la fornitura di scarpe differenti rispetto a quelle modello TARGA_VEICOLO, non oggetto di segnalazione di vizi e/o di contestazioni di sorta da parte del compratore. In quel caso, dunque, la sospensione dell’esecuzione del pagamento del corrispettivo non era certamente giustificata, secondo buona fede, ed infatti è già stata emessa al riguardo in corso di causa ordinanza ingiunzione di pagamento ex art. 186 ter c.p.c..
Va soltanto precisato, quanto alla questione del cambio, che va accolta la richiesta formulata da di ottenere il pagamento delle forniture al cambio cd. ‘1/1’ tra euro e dollaro, in virtù della prassi (o meglio accordo commerciale) esistente tra le parti al riguardo, con riferimento cioè alle modalità di pagamento delle forniture. Negli atti di causa, infatti, ed anche dopo l’emissione del provvedimento ex art. 186 ter c.p.c. che aveva posto questo specifico problema sospendendo il giudizio sul punto, non ha mai contestato l’esistenza ed operatività tra le parti, anche per le forniture oggetto di causa, dell’accordo sul cambio indicato da accordo che tale società ha dimostrato (doc. 25 e 26; v. inoltre deposizione testi e essere stato applicato per precedenti forniture.
I vizi lamentati con riferimento al modello TARGA_VEICOLO.
Ritiene il Tribunale, sulla scorta della complessiva attività istruttoria espletata, che una parte delle complessive forniture delle scarpe modello TARGA_VEICOLO presentasse il difetto di distaccamento della suola lamentato dall’acquirente.
E ciò anche a prescindere dagli esiti della CTU espletata nel presente giudizio, la quale non è dirimente atteso che ha concluso che non sia possibile determinare con certezza l’esistenza dei difetti e individuare le cause del presunto distaccamento delle suole sulle merci prodotte. Tutte le calzature esaminate in quella sede, infatti (che tra l’altro non erano di numero significativamente rilevante, soltanto 59 paia) presentavano certo ‘la suola distaccata sia al tallone che alla punta’, come rilevato dal perito. Ma tale distaccamento, ha rilevato il CTU, ‘è totalmente inverosimile che sia accaduto senza l’ausilio di nessuna sollecitazione e probabilmente frutto di una manipolazione precedente di addetti al QC per testarne la tenuta’.
Questo non vuol dire, come parrebbe aver adombrato che sia stato artatamente provocato il distacco delle suole al fine di dimostrare l’esistenza dei difetti ma che, come rilevato dal perito, ha effettuato per proprio conto delle prove di tenuta, senza effettuarle in contraddittorio con la controparte. Ciò è stato, del resto, ammesso dalla stessa parte, la quale ha affermato di aver tentato di coinvolgere nelle verifiche senza riuscirvi. L’aver effettuato delle prove di tenuta sulle calzature per proprio conto, senza l’esperimento di un ATP, ha in ogni caso oggettivamente privato di buona parte della valenza l’accertamento peritale espletato nell’ambito del presente giudizio.
Nonostante quanto detto sussistono, come si è accennato, plurimi elementi dai quali poter desumere che una parte delle forniture presentasse il citato difetto: basti pensare agli esiti dell’accertamento tecnico espletato nel giudizio dinanzi al Tribunale di Lucca (doc. 12), che ha accertato la presenza del citato difetto sulle -sempre poche -calzature esaminate, e la cui rilevanza non può essere esclusa per il fatto che riguardasse altre forniture, effettuate stavolta da in favore della controllata visto che si trattava del medesimo tipo di scarpe, prodotte e fornite indifferentemente per le due società; le plurime segnalazioni della presenza del difetto in questione; talune recensioni negative da parte di clienti finali (doc. da 21 a 29). Lo stesso accertamento peritale espletato nel presente giudizio, nonostante le considerazioni poco sopra effettuate, ha potuto verificare da un lato che le parti estreme del tomaio ed in entrambi i modelli, ripiegate all’interno e disposte sotto il fondo non appaiono cardati (raschiati) cosi da eliminare le superfici instabili a decorazione che come si può non notare si sono staccate e rimaste sulla suola; e dall’altro che su alcuni campioni (significativamente non tutti, nonostante le calzature da sottoporre all ‘ esame del CTU fossero state in sostanza ‘ scelte ‘ da INC) il primer applicato risultava insufficiente (‘minime tracce’).
ha invero più volte adombrato nel corso del giudizio che le scarpe esaminate dal CTU non fossero, o quanto meno non fossero tutte, quelle oggetto delle proprie forniture a e che gli elementi di prova forniti in punto di segnalazioni, reclami, etc. non fosse certo riguardassero proprio le calzature oggetto delle proprie forniture.
Tale contestazione appare tuttavia del tutto generica e, dunque, non caratterizzata da buona fede e correttezza nei confronti della controparte contrattuale. Trattandosi delle scarpe oggetto di forniture da essa stessa effettuate, non poteva infatti non sapere esattamente se le scarpe fossero o
meno quelle che aveva fornito a tanto più che, come affermato da quest’ultima e mai contestato da la prima non aveva altri fornitori di quel particolare modello . aveva dunque l’onere di effettuare una contestazione specifica, del tutto mancante nel caso di specie, assumendo una precisa posizione in merito al fatto che quelle di volta in volta sottopostele fossero o meno le calzature fornite a
Quello che non risulta, invece, in alcun modo dimostrato da è che tutte le scarpe fornite sarebbero state affette dal citato difetto, essendo emerso piuttosto il contrario.
Quasi certamente, dunque, ha colto nel segno il CTU nominato in corso di causa allorquando ha ipotizzato che ‘un subfabbricante, incaricato di produrre i modelli di cui è causa, abbia omesso erroneamente ed involontariamente, sulla specifica partita con il fondo BK 109 o parte di essa, di applicare il primer o lo abbia applicato in modo marginale oppure non abbia rispettato le indicazioni tecniche fornite dal produttore del collante e riportate sulla scheda tecnica che richiedono che i fondi interessati all’incollaggio siano cardati o trattati con specifici solventi prima di procedere alla stesura dei mastici oltre ad altre info per tempi di asciugatura e pressione’.
Nel caso di specie assume rilievo, infatti, la circostanza che non è il produttore delle scarpe ma si affidava ad una pluralità di subfornitori, i quali realizzavano materialmente le singole partite di calzature. Ciò è stato rilevato del resto anche dal CTU: ‘visti i volumi rilevanti in produzione del periodo, è palese che le commesse dei vari modelli, oltre 158000, passate dalla INC/ISI ad E nella stagione 2017/2018 siano state poi distribuite dalla stessa e suddivise tra diversi subfabbricanti’ , per cui ben può essere che il difetto sia stato causato da uno di tali subfornitori nel corso della produzione di una specifica partita di scarpe. Cont
La conferma plastica della corrispondenza al vero di tale assunto è data proprio dal fatto che le verifiche congiunte effettuate su talune partite di calzature (su 5.674 paia di scarpe) a seguito della stipulazione della scrittura privata del 1.03.18 avevano evidenziato l’assenza di difetti di sorta.
Dunque il fatto che alcune calzature presentassero il citato difetto non vuole affatto dire che tutte lo presentassero, né comunque a dimostrato tale assunto.
All’opposto, il fatto che le rimostranze per le difettosità delle calzature dimostrate dall’acquirente sono state numericamente poche, a fronte di decine di migliaia di paia oggetto delle forniture, conferma chiaramente quanto ora detto e cioè che soltanto una partita di scarpe, o una parte di esse, fosse gravata dal citato difetto. Ciò è stato del resto affermato anche dal CTU, soggetto particolarmente esperto dello specifico campo: ‘pare inverosimile a questo CTU che nessun distributore di , una volta appurato il presunto distaccamento della suola del abbia ritornato la merce al mittente come difettosa chiedendone rimborso e quindi poter verificare su larga scala l’effettivo presunto difetto di produzione’.
Quanto affermato da , e cioè che le segnalazioni fossero numericamente esigue poiché il difetto si sarebbe manifestato col tempo, non regge più oggi a distanza di anni, laddove la parte non ha dimostrato essere sopravvenute ulteriori richieste di rimborso, segnalazioni, recensioni negative etc., rispetto a quelle inizialmente indicate.
L’affermazione, invece, secondo cui trattandosi di scarpe di non rilevante valore economico gli acquirenti le avrebbero gettate via senza prendersi la briga di segnalare il difetto e/o richiedere rimborsi, pur se logicamente ragionevole e pur se certamente è possibile che ciò sia in taluni casi avvenuto, non giustifica comunque un numero così esiguo di segnalazioni, recensioni negative e richieste di rimborso da parte dei clienti finali e dei fornitori intermedi, rispetto alle notevoli quantità delle forniture effettuate.
Può dunque concludersi che una parte, non precisata né esattamente precisabile, ma comunque di non rilevante entità rispetto al complesso delle forniture di scarpe modello TARGA_VEICOLO effettuata da presentasse in effetti il lamentato difetto del facile e comunque anomalo distacco delle suole.
La domanda di riduzione del prezzo.
ha formulato innanzitutto una domanda di riduzione del corrispettivo, in ragione della presenza dei suddetti difetti, ai sensi dell’art. 1668 c.c.. Tale domanda non può ovviamente, come già accennato, riguardare le forniture diverse rispetto al modello TARGA_VEICOLO (per € 129.563,29) mai oggetto di segnalazioni e/o contestazioni, il cui corrispettivo è dunque dovuto per intero.
Quanto invece alle forniture ‘incriminate’ (per i restanti € 192.622,15) può ragionevolmente presumersi, sulla scorta di tutto quanto sopra affermato ed in particolare effettuando la valutazione sulla base del dato della scarsità delle segnalazioni e reclami, aumentata di una quota per considerare gli articoli difettati ma non oggetto di reclami e/o segnalazioni), che il difetto fosse presente nel 20% delle scarpe fornite, e dunque su tale parte può essere disposta una riduzione del corrispettivo. Quanto alla misura della riduzione, tenuto conto del prezzo pattuito tra le parti e della obiettiva rilevanza del vizio esistente, essa può venire stimata nella misura del 50%, per cui va disposta una riduzione per € 19.262,15 (€ 38.524,43×50%), ampiamente sufficiente tra l’altro a compensare l’unica richiesta di rimborso pervenuta (per € 10.000,00) ed eventuali altre che dovessero pervenire, pur se ormai davvero improbabili a distanza di molti anni dalle forniture. Occorre tener conto, infatti, che le calzature, come affermato da e mai contestato dalla controparte, sono state tutte vendute e ha regolarmente incassato il relativo corrispettivo, per cui l’esistenza del difetto su una partita di merce ha provocato in concreto scarse ripercussioni sulla parte, salvo quanto si dirà di seguito in merito alla domanda risarcitoria.
La domanda di risarcimento del danno.
ha formulato due distinte domande risarcitorie, la prima in relazione al mancato guadagno che assume subito in relazione al calo degli ordinativi di calzature modello TARGA_VEICOLO negli anni successivi a quello oggetto delle forniture in discussione; la seconda per il risarcimento del danno all’immagine e reputazione commerciale, che assume aver subito in conseguenza della vicenda.
La prima domanda è infondata, in quanto non sufficientemente provata.
La documentazione prodotta infatti (doc. 32, 38, 42) è in sostanza auto-prodotta dalla parte, senza alcun crisma di ufficialità, e lo stesso vale per i bilanci (doc. 39, 40) senza contare che, per
effettuare un utile raffronto, la parte avrebbe dovuto produrre quelli relativi agli anni precedenti e successivi.
Non è dato conoscere dunque, esattamente, la misura del calo degli ordinativi dello specifico modello ma soprattutto la parte danneggiata, sulla quale incombe il relativo onere probatorio, non ha compiutamente provato quali siano state le cause di tale calo, e cioè che esso fosse causalmente riconducibile al difetto oggetto del presente giudizio. L’unico elemento fornito in tal senso è infatti costituito dalle generiche e non motivate dichiarazioni rese dai testimoni e tra l’altro non certo disinteressati all’esito della controversia. Ma, in senso opposto, dalla comunicazione del fornitore si evince che gli ordinativi degli ultimi 5 anni per il modello TARGA_VEICOLO erano in calo già dal 2015 al 2017 (doc. 34).
Manca, dunque, una sufficiente prova dell’esistenza del calo degli ordini negli anni successivi, della sua misura e delle relative cause, il che impedisce ogni quantificazione dell’eventuale danno subito. Tale prova sarebbe stata, tra l’altro, agevolmente raggiungibile tramite da un lato l’integrale produzione delle scritture contabili ufficiali relative agli anni precedenti e successivi ai fatti (oggetto invero di richiesta di esibizione da parte di che non è tuttavia la parte gravata del relativo onere di produzione in giudizio) e dall’altro assumendo le dichiarazioni, in ipotesi anche testimoniali, dei fornitori che non avrebbero a suo dire più acquistato le calzature, in modo che potessero confermare le ragioni dei mancati ordinativi.
Vale solo precisare che la parte non può proporre in via principale una domanda di risarcimento del danno estesa all’ an ed al quantum e poi, in via subordinata, una domanda di condanna generica per l’ipotesi in cui non fosse raggiunta la prova del quantum (v. specificamente, in tal senso, Cass. n. 7847 del 1998), con l’inammissibile intento di conservare una seconda chance di prova del danno in un secondo giudizio, in violazione tra l’altro del principio del ne bis in idem , nel caso di mancato raggiungimento della prova nel primo giudizio.
Va invece accolta la domanda di risarcimento all’immagine e reputazione commerciale. Non trattandosi di un mero danno-evento, esso non può essere considerato in re ipsa ma deve essere oggetto di allegazione e di prova, quest’ultima tuttavia raggiungibile anche tramite presunzioni semplici (Cass. n. 19551 del 2023, da ultimo).
Orbene nel caso di specie deve ritenersi provato, come si è detto, che una partita di merce, poi messa in vendita e distribuita nel mercato USA e asiatico, fosse affetta dal più volte citato difetto di distaccamento della suola. E deve in effetti conseguentemente ritenersi che un simile difetto, all’evidenza grave per una calzatura da poco acquistata, abbia provocato un serio danno all’immagine commerciale della ditta venditrice, sia nei confronti dei consumatori finali (basti pensare alle segnalazioni e alle recensioni negative) che nei confronti dei fornitori intermedi, la cui fiducia nella qualità dei prodotti è risultata certamente minata.
In questo caso il danno può essere in effetti liquidato in via equitativa, essendo esso certamente esistente ma oggettivamente impossibile, o quanto meno estremamente difficile per il danneggiato, provare nel suo esatto ammontare (Cass. n. 4310 del 2018, tra le tante). Tale danno può essere liquidato nella misura richiesta da di € 100.000,00, calcolata all’attualità. L’importo in questione, che potrebbe in prima battuta apparire esoso, può tuttavia essere ritenuto congruo tenuto conto dei notevoli volumi delle vendite effettuate dalla società, in un ampio
mercato, e della concreta possibilità che la lesione all’immagine possa non essersi limitata allo specifico modello di scarpa, ma alla generalità della produzione e dunque alla affidabilità stessa di In questo senso l’importo liquidato va considerato in qualche modo compensativo anche dei possibili cali di ordinativi che, a causa del lamentato danno all immagine ‘ commerciale, possa aver subito in conseguenza della vicenda, danno che come si è detto la parte non è stata in grado di provare in modo puntuale, ai fini della domanda di risarcimento del danno patrimoniale. Con
Conclusioni.
va quindi condannata al pagamento della somma di € 302.923,29 per le forniture eseguite, una volta operata la riduzione di prezzo come indicato nella parte motiva. Per converso va condannata al risarcimento del danno nella citata misura di € 100.000,00.
Come da richiesta formulata dalle parti, va operata una compensazione impropria nei rapporti di dare avere, con la conseguenza per cui resta creditrice dell’importo residuo di € 202.923,29, oltre interessi moratori ex d.lgs. 231/02 (trattandosi di transazione commerciale) dal 1.5.18 (data il cui il credito era divenuto nuovamente esigibile dopo la scrittura privata del 1.3.18), sino al saldo.
Le spese di lite.
Attesa la parziale soccombenza reciproca, sussistono i presupposti per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite nella misura della metà. Per la restante parte le spese vanno poste a carico di , comunque soccombente in modo prevalente, e si liquidano come da dispositivo. Sulla scorta del medesimo criterio le spese di CTU, liquidate come in atti, vanno poste in via definitiva a carico di nella misura dei 2/3, e di MGE per la restante parte. Con
P.Q.M.
Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, così provvede:
-In parziale accoglimento della domanda di pagamento proposta da e delle domande proposte da nel giudizio n. 12057/2018 RG, operate le debite compensazioni nei rapporti di dare/avere, condanna al pagamento in favore di della somma di euro € 202.923,29, oltre interessi moratori ex d.lgs. 231/02, dal 1.5.18 al saldo;
-Compensa tra le parti le spese del giudizio nella misura della metà e condanna al pagamento della restante parte, che liquida in € 11.600,00 (di cui € 620,00 per esborsi), oltre RSG, IVA e CPA come per legge;
-Pone in via definitiva le spese di CTU a carico di nella misura dei 2/3, e di per la restante parte.
Firenze, il 30.7.25
Il giudice