Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16748 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16748 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7076/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO presso il suo studio; -controricorrenti- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Palermo n. 2411/2019, depositata il 10 dicembre 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con atto di citazione ritualmente notificato, NOME e NOME COGNOME convenivano innanzi al Tribunale di Palermo, sez. distaccata di Partinico, AVV_NOTAIO, ritenendo di aver conferito a quest ‘ultimo l’ incarico di realizzare la copertura a spiovente di un edificio. Proponevano un’ azione per far dichiarare la totale difformità dei lavori realizzati rispetto al progetto e, comunque, non a regola d’arte; chiedevano l’accertamento con consulenza tecnica d’ufficio del risarcimento danni per l’inadempienza pari a euro 30.000,00.
Il convenuto si costituiva senza negare che il tetto realizzato fosse difforme dal progetto. Eccepiva, però, che tale difformità risalisse a una precisa volontà della committenza. Era stata quest’ultima, in corso d’opera, a pretendere le variazioni. Ciò facevano le committenti al fine di realizzare un vano abitabile nel locale, circostanza confortata dall’innalzamento del tetto e dall’apertura di lucernari sullo stesso. Il AVV_NOTAIO perveniva a sospendere i lavori, poiché pretendeva l’intervento del progettista/direttore dei lavori. Su tali difese, il convenuto chiedeva il rigetto della domanda delle attrici.
Istruito il processo con audizioni di testi e con l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio , il Tribunale di Palermo rigettava la domanda.
-Avverso detta sentenza, NOME e NOME COGNOME promuovevano appello.
Si costituiva NOME COGNOME, il quale chiedeva il rigetto dell’impugnazione.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza depositata il 10 dicembre 2019, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, ha condannato NOME COGNOME al pagamento in favore delle appellanti della somma di euro 27.297,02, oltre iva come per legge, e gli interessi legali dal giugno 2011 a ll’ effettivo soddisfo, compensando integralmente tra le parti le spese del grado di giudizio.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a tre motivi di impugnazione.
NOME e NOME COGNOME hanno resistito controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo del ricorso si deduce la violazione dell’art. 360 , primo comma, n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. Motivazione inesistente e/o apparente. Nullità della sentenza, per inesistenza e/o mancanza di motivazione. Parte ricorrente sostiene che la Corte di appello, nell’affermare la responsabilità di NOME COGNOME, ha posto a fondamento della sua decisione un elemento che ritiene di dedurre dalla consulenza tecnica d’ufficio , travisando le risultanze della stessa. Il giudice dell’appello ha ritenuto ‘che la consulenza tecnica d’ufficio svolta nel primo grado del giudizio ha accertato la responsabilità dell’appaltatore per i vizi strutturali dell’immobile realizzato.’ La Corte, peraltro, non riferisce in quale parte della consulenza tecnica d’ufficio si trovi tale asserzione, non indica una pagina, non indica alcunché al fine di poter individuare in quale parte del testo sia possibile rinvenire tale fondamentale affermazione di responsabilità dell’odierno ricorrente. Diversamente, quando richiama la constatazione del consulente inerente alle difformità strutturali che possono incidere sulle prestazioni statiche nel tempo, indica le pagg. 19/20. Ciò avrebbe determinato un difetto assoluto di motivazione della sentenza impugnata, sub specie di motivazione apparente.
1.1. -Il motivo è infondato.
La motivazione affetta da anomalia che la rende al di sotto del c.d. ‘minimo costituzionale’, così da integrare violazione di legge (artt. 111, sesto comma, Cost., 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.), è vizio -che attiene all’esistenza della motivazione in sé e deve
risultare dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali -che si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile t ra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione ( ex multis , Cass., Sez. III, 13 maggio 2024, n. 12971 del 2024).
In particolare, poi, la motivazione è solo ‘apparente’ quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, giacché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. IV, 25 ottobre 2018, n. 27112; Cass., Sez. IV, 23 agosto 2018, n. 21037).
D’altra parte, per quanto concerne la c.t.u., rappresenta ormai un principio consolidato (Cass. nn. 13845/07, 7392/94, 16368/14, 19475/05) quello secondo cui, ove il giudice di merito riconosca convincenti le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, poiché l’obbligo della motivazione è assolto già con l’indicazione delle fonti dell’apprezzamento espresso, dalle quali possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state implicitamente rigettate (Cass. n. 21504 del 2018).
Nella specie, la Corte d’appello dà conto del proprio ragionamento, richiamando gli esiti della consulenza tecnica d’uffici o. La motivazione della sentenza impugnata si mostra intelligibile nel suo sviluppo logico, privo di insanabili contraddizioni e, dunque, rispettosa del c.d. ‘minimo costituzionale’.
La sentenza della Corte di Palermo, infatti, dà atto che la c.t.u. ha consentito di verificare che l’opera appaltata presenta difformità
strutturali suscettibili di incidere sulle prestazioni statiche della copertura, sulla struttura nel tempo, poiché non conforme al progetto strutturale verificato in sede di preciso calcolo, autorizzato dall’unico ente preposto a tale approvazione.
2. -Con il secondo motivo del ricorso si prospetta la violazione dell’art. 606 , primo comma, n. 5 per mancata considerazione e valutazione di un elemento determinante richiesto al giudice di appello e di un documento prodotto in causa e oggetto del contraddittorio in fase di appello. Violazione della norma di cui all’art. 651 cod. proc. civ. Parte ricorrente contesta il fatto che la Corte di appello non abbia tenuto in considerazione la sentenza definitiva di condanna per falsa testimonianza del teste NOME COGNOME, pronuncia che, da sola, sarebbe particolarmente illuminante per rendere chiarezza sulla vicenda processuale in oggetto. In particolare, il COGNOME sarebbe stato condannato perché -in qualità di testimone del processo civile intercorrente tra il AVV_NOTAIO e le sorelle COGNOME -ha affermato falsamente e con coscienza di non aver assistito al colloquio in cui il COGNOME e l’Arculeo chiedevano al AVV_NOTAIO la realizzazione delle opere in parziale difformità del progetto, di non conoscere il geom. COGNOME e di non aver mai visto nessuno dei committenti in cantiere.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
Va innanzitutto chiarito che l’erroneo richiamo a una norma del codice di procedura penale non determina l’inammissibilità del motivo se è possibile individuare una norma del codice di procedura civile cui ricondurre la doglianza, nella specie l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.
Tuttavia, l’inammissibilità risiede altrove, poiché l’accertamento della sussistenza del reato di falsa testimonianza non rileva nel caso di specie in quanto la Corte di appello ha evidenziato che la domanda riguarda le variazioni strutturali dell’opera e non le variazioni
progettuali, su cui sarebbe intervenuta la testimonianza in questione di NOME COGNOME, non rilevando dunque la deposizione di quest’ultimo.
-Con il terzo motivo del ricorso si denuncia la violazione del principio di domande nuove in appello. Violazione dell’a rt. 360, primo comma, n . 3, in relazione all’art. 345 cod. proc. civ. Le appellanti hanno chiesto al giudice di appello, per la prima volta il risarcimento dei danni da responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore, in virtù della previsione legislativa di cui all’art. 1669 cod. civ. Tale domanda non era mai stata formulata in precedenza. In alcuna parte, in alcun atto, le attrici, in seguito appellanti, avevano formulato una richiesta di risarcimento danni per fatto illecito del AVV_NOTAIO. Ma tale domanda non doveva essere presa in considerazione, vista la novità della richiesta formulata per la prima volta in sede di appello.
3.1. -Il motivo è infondato.
Deve escludersi, nella specie, la presenza di una domanda nuova, perché sin dal primo grado di giudizio , con l’atto di citazione, le attrici hanno chiesto il risarcimento del danno lamentando che l’opera realizzata era affetta da vizi strutturali (assenza di alcune travi, sezione del ferro inferiore a quella prevista) tali da renderla inutilizzabile in quanto soggetta a cedimento.
-Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
-Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione