Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22918 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 22918 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
Dott. NOME COGNOME
Presidente
VENDITA
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 23/05/2025
Dott. NOME COGNOME
Rel. Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 36009/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO SC. A, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
nonchè contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE NOME
– intimati –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 1298/2019 depositata il 22/08/2019.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Udito il P.G., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale dei venditori e per l’ accoglimento del solo quarto motivo del ricorso incidentale del progettista COGNOME con rigetto dei restanti motivi
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, l’Ing. NOME COGNOME i sigg.ri COGNOME NOME e COGNOME NOME chiedendo il risarcimento
Ric. 2019 n.36009 sez. S2 – ud. 23/05/2025
dei danni “in via solidale fra loro ovvero in ragione dei propri rispettivi inadempimenti” in relazione ai vizi emersi nell’immobile acquistato dagli alienanti COGNOME NOME e COGNOME NOME e da loro occultati e in parte causati dal progetto dell’ing. COGNOME e dalla realizzazione dell’impresa appaltatrice RAGIONE_SOCIALE
S i costituivano in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, l’Ing. NOME COGNOME, il sig. COGNOME NOMECOGNOME nonché Allianz Lloyd RAGIONE_SOCIALEaRAGIONE_SOCIALE terza chiamata a manleva dall’Ing. NOME COGNOME tutti contestando le richieste attoree.
Il Tribunale disponeva la riunione con il giudizio recante R.G.2381/2010 avente ad oggetto l'”oppos izione a decreto ingiuntivo” instaurato dalla opponente COGNOME NOME avverso l’ingiunzione azionata dalla RAGIONE_SOCIALE per il pagamento dei lavori (di cui al Progetto dell’Ing. COGNOME) eseguiti dalla odierna appaltatrice sull’immobile oggetto di giudizio: lavori solo parzialmente pagati dalla committente COGNOME NOME;
Il Tribunale di Pesaro accoglieva la domanda attorea e condannava COGNOME NOME e COGNOME NOME al risarcimento del danno in favore di COGNOME NOME pari a € 166.080,00, dichiarava tenuti NOME e la ditta RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE, in via solidale tra loro, di € 41.520,00 e per l’effetto condannava NOME al pagamento di € 41.520,00 in favore di COGNOME NOME; in parziale accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo, revocava il decreto ingiuntivo 556/2010 e condannava NOME COGNOME al pagamento in favore della ditta RAGIONE_SOCIALE di € 45.024,47 oltre interessi come per legge, già operata la compensazione con l’importo di €
41.520,00 cui era tenuta la ditta; condannava Allianz Lloyd Adriatico s.p.a. a manlevare NOME in relazione alla condanna in favore di COGNOME NOME, salva la franchigia del 10 % come da polizza.
COGNOME NOME proponeva appello principale avverso detta sentenza.
Si costituivano gli appellati COGNOME, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE COGNOME, quest’ultima proponendo anche appello incidentale), RAGIONE_SOCIALE.
A sua volta COGNOME NOME proponeva altro appello principale.
Si costituivano in tale giudizio COGNOME, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima svolgendo appello incidentale.
La Corte di Appello di Ancona, previa riunione dei due distinti appelli di cui ai procedimenti R. G. n. 1054/2014 e R. G. n. 1130/2014, in riforma della decisione impugnata, accoglieva l’appello di COGNOME NOME e per l’effetto dichiarava prescritta l’azione di garanzia per vizi intentata da COGNOME NOME; rigettava l’appello dell’ing. NOME COGNOME accoglieva l’appello incidentale della impresa RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto revocava la condanna della medesima al risarcimento dei danni in favore di COGNOME NOME come pronunciata in primo grado; rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 556/2010 del Tribunale di Pesaro, che confermava.
9.1 La Corte territoriale esaminava preliminarmente l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la decisione impugnata in quanto riteneva fondata l’eccezione di prescrizione dall’azione di
garanzia per vizi della cosa venduta ex artt. 1490 e segg.ti c.c. intrapresa dall’attrice appellata COGNOME NOME
Tale azione avrebbe dovuto essere introdotta al più tardi entro l’anno dalla scoperta, definitiva e completa (con il rinvenimento delle gravi lesioni strutturali dolosamente occultate), della condizione di viziosità dell’immobile acquistato. Per completezz a di indagine sul punto, il giudice del gravame osservava che – al contrario di quanto contestato dall’appellante – la circostanza del doloso occultamento delle lesioni ad opera dei venditori dell’immobile risultava ampiamente e condivisibilmente motivata dalla decisione di prime cure. Ciò premesso doveva precisarsi che i venditori dell’immobile non erano stati convenuti nel procedimento di ATP, cui erano rimasti del tutto estranei, e in mancanza di successivi atti di interruzione del periodo prescrizionale, l’introduzione dell’azione n ei confronti degli stessi era avvenuta nel giugno 2010 a distanza di oltre un anno dalla ribadita completa scoperta dei vizi, con conseguente prescrizione della medesima e revoca della condanna.
9.2 La Corte riteneva infondato l’appello dell’ing. COGNOME nei confronti dei capi della sentenza che avevano riconosciuto la sua responsabilità professionale nella causazione dei vizi all’immobile.
Doveva ribadirsi che pur in assenza di un formale incarico professionale, l’effettiva estensione dell’incarico affidato dalla committenza all’ing. COGNOME risultava in termini inequivoci dalla documentazione tecnica versata agli atti nonché dalle condivisibili e motivate valutazioni sul punto operate da entrambi i CTU.
L’incarico affidato all’ing. COGNOME non poteva certamente essere considerato alla stregua di una ristrutturazione totale dell’edificio, come in qualche modo suggeriva la sentenza gravata. L’incarico difatti aveva riguardato la realizzazione di una note vole serie di opere non strutturali nonché – come ammesso dallo stesso ingegnere nella propria lettera del 28.10.08, e come comunque indubbiamente risulta dalla documentazione tecnica e dalle perizie svolte -di alcune opere strutturali consistenti in nuove sottofondazioni pertinenti ai blocchi B, C e D del fabbricato in questione (come individuati dalla perizia dell’ing. COGNOME), resesi necessarie al fine di eliminare il quadro fessurativo generale da cui era coinvolto lo stesso.
Ciò chiarito circa la effettiva portata dell’incarico, la Corte osservava che sebbene da un lato l’oggettivo contenuto di quest’ultimo poteva esimere l’ing. COGNOME dall’approfondire la condizione statica del blocco A del fabbricato (dove erano presenti i gravi vizi strutturali occultati dai venditori), dall’altro tuttavia -come concordemente riconosciuto da entrambi i periti incaricati dal Tribunale di Pesaro con motivazioni argomentate e convincenti, dalle quali pertanto la Corte non riteneva di discostarsi – la perizia e la prudenza professionale comunque esigibili da un professionista qualificato nella realizzazione di un lavoro di alto valore tecnico, avrebbero imposto non solo di acquisire una preventiva indagine geologica completa del terreno di fondazione sottostante al fabbricato, ma anche di raccordare in qualche modo il nuovo sistema di fondazioni previsto dall’ing. COGNOME per una parte del fabbricato a quello preesistente nel blocco A del medesimo, in modo tale da individuare soluzioni alternative e ben più efficaci rispetto a
quella prescelta. Tale aspetto critico era evidente nelle valutazioni di entrambi i CTU che concordavano sulla significativa circostanza per cui, per poter risolvere definitivamente il problema delle crepe e fessurazioni presenti nel fabbricato, l’interven to da eseguirsi doveva essere globale (coinvolgendo cioè certamente anche il blocco A dell’edificio) e comunque tecnicamente diverso da quello posto in essere dall’ing. COGNOME
Risultava accertata pertanto la responsabilità professionale dell’ingegnere, consistente nella colpa, da valutarsi anche grave ai sensi dell’art. 2236 c.c., di aver consigliato e realizzato un intervento di carattere strutturale assolutamente inutile. La c ondanna pronunciata in primo grado nei confronti dell’ing. COGNOME andava dunque confermata, sebbene con la precisazione che il danno provocato dalla condotta dello stesso non consisteva – come invece ritenuto dal Tribunale di Pesaro – nelle somme necessarie al ripristino totale del fabbricato, bensì solo nei costi sopportati dalla committenza per l’ esecuzione delle opere strutturali rivelatesi inutili e inefficaci. La condizione generale di viziosità dell’immobile difatti, come ampiamente ribadito dall e perizie, era assolutamente precedente agli interventi tecnici predisposti dall’ingegnere, né questi ultimi avevano aggravato la situazione preesistente ma semplicemente non l’avevano risolta.
L’importo finale della condanna al risarcimento del danno doveva essere comunque ugualmente confermato posto che, da un lato, dalla documentazione agli atti (SAL predisposti dalla ditta e pagati dalla committenza), l’importo complessivo delle spese sostenute per le opere strutturali in questione era superiore a quello che l’ing. COGNOME era stato condannato a risarcire in
primo grado e che, dall’altro, non risultava proposto sul punto specifico appello incidentale dalla appellata COGNOME.
9.3 La Corte territoriale, infine, riteneva fondato l’appello incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in relazione a entrambe le censure relative al riconoscimento di una concorrente responsabilità dell’impresa nella causazione de i vizi dell’immobile, nonché – parallelamente – nella compensazione tra quanto da essa appellata richiesto con il decreto ingiuntivo di pagamento (relativo a parte del compenso per le opere eseguite) ai danni della RAGIONE_SOCIALE, e quanto a questa riconosciuto a carico dell’impresa a titolo di risarcimento del danno.
Come già chiarito, la questione delle opere strutturali da eseguire per la bonifica dell’immobile coinvolgeva la risoluzione di problemi tecnici di apprezzabile complessità, come del resto traspariva agevolmente dalle perizie agli atti. Ora, se della inadeguatezza della soluzione tecnica proposta e realizzata poteva essere chiesto conto al professionista progettista dell’intervento, non altrettanto invece poteva dirsi nei confronti dell’impresa. Quest’ultima non poteva e non doveva, nella specie, essere dot ata di conoscenze tecniche specifiche e particolareggiate tali da poter addirittura contestare o inibire le scelte tecniche del professionista progettista. D’altro canto, le scelte tecniche del professionista, così come era risultato dalle perizie, non potevano dirsi affatto così palesemente e smaccatamente errate da poter essere apprezzate come tali da un qualsiasi esecutore, quale era l’impresa esecutrice dei lavori, mentre comunque quest’ultima – per espressa e precisa disposizione contrattuale con la committenza (cfr. contratto di
appalto agli atti) -si doveva puntualmente attenere alle disposizioni tecniche del progettista direttore dei lavori.
Né risultava, infine, come emergente dalle CTU, che l’impresa avesse operato in contrasto con le direttive di quest’ultimo o comunque avesse realizzato opere non rispondenti alle regole dell’arte. L’impresa andava dunque tenuta esente da responsabilità e la condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Pesaro andava revocata. Correlativamente, andava integralmente confermato il decreto ingiuntivo proposto dall’impresa nei confronti della committente, essendo risultato – come già motivatamente accertato dalla sentenza impugnata – pienamente provato il credito dell’impresa stessa, come descritto nei SAL corrispondenti ai lavori eseguiti, accertati anche dalla perizia dell’ing. COGNOME Non vi era infine alcun dubbio – né sussisteva alcuna contestazione al riguardo -che la Compagnia di Assicurazione della RAGIONE_SOCIALE. dell’ing. COGNOMERAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dovesse – come già disposto dal Tribunale di Pesaro -manlevare integralmente quest’ultimo della sua riconosciuta responsabilità nei confronti della committente, salva l’applicazione della franchigia di polizza del 10%.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di sette motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale.
NOME COGNOME ha resistito anche egli al ricorso principale e ha proposto ricorso incidentale illustrato anche da memoria depositata in prossimità dell’udienza.
L’impresa RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso al ricorso principale.
Allianz Lloyd Adriatico Spa è rimasta intimata.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso incidentale dell’ing. COGNOME e per il rigetto dei restanti, oltre che per il rigetto di tutti i motivi del ricorso principale e di quelli del ricorso incidentale di NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso principale NOME COGNOME
Il primo motivo del ricorso principale è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 1490 e segg. c.c.,
La censura attiene all’erronea qualificazione dell’azione dispiegata dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE come azione di risarcimento danni conseguente alla garanzia per vizi della cosa venduta, come tale disciplinata dagli artt. 1490 e segg.ti anziché come aliud pro alio e alla conseguente erronea applicazione della disciplina in materia di prescrizione dell’azione.
Infatti, nel caso di specie la presenza di gravi lesioni insistenti sul fabbricato avrebbe comportato la consegna di un bene completamente difforme rispetto a quello oggetto del contratto ovvero appartenente ad un genere del tutto diverso e in ogni caso rimarrebbe ferma la sussumibilità del caso all’ipotesi di cui all’articolo 1440 c.c. quale dolo che renderebbe annullabile il contratto. Pertanto, anche ammettendo la conoscibilità dei vizi dell’immobile da parte della ricorrente nell’ottobre 2008, resterebbe ferma l’applicabilità del termine di prescrizione quinquennale dell’azione di annullamento e di risarcimento del danno.
Il secondo motivo del ricorso principale è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Il fatto omesso più volte lamentato dalla ricorrente sarebbe costituito dal carattere doloso e fraudolento dell’occultamento dei vizi dell’immobile dato che la stessa controparte aveva ammesso di essere a conoscenza della fodera di mattoni forati fatta in occasione della ristrutturazione del 1974. Circostanza oggetto di discussione tra le parti e non valutata correttamente dal giudice ai fini della rideterminazione del tempo necessario per la prescrizione dell’illecito.
Il terzo motivo del ricorso principale è così rubricato: nullità della sentenza per essere la motivazione solo apparente in quanto, benché graficamente esistente, non renderebbe tuttavia percepibile il fondamento della decisione.
Secondo il ricorrente le argomentazioni riportate sarebbero, infatti, obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento
3.1 I primi tre motivi del ricorso principale, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Il Collegio condivide le conclusioni del Procuratore Generale. In particolare, l’Ufficio di Procura ha richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di vizi della cosa venduta e di potere del giudice in ordine alla qualificazione della domanda in termini di vendita di bene privo delle qualità essenziali ovvero, sulla base delle circostanze acquisite al processo a tal fine rilevanti, di vendita di “aliud pro alio”, la quale dà luogo all’azione contrattuale di
risoluzione o di inadempimento ex art. 1453 c.c., svincolata dai termini di decadenza e prescrizioni previsti dall’art. 1495 c.c..’ ( Cfr Cass. civ. n° 28069/21) . Il P.G. sottolinea come nel caso in esame non sia stato denunciato alcun vizio di ‘error in procedendo’, ma l’omesso esame del carattere occulto dei vizi della cosa venduta, che non è decisivo al fine di qualificare come aliud pro alio i vizi dell’immobile e quindi di escludere l’applicabilità del termine di prescrizione ex art. 1495 c.c.
La Corte d’Appello correttamente ha ritenuto che non ricorresse un’ipotesi di aliud pro alio , avendo accertato che i vizi del bene erano sanabili, in particolare era risolvibile il problema delle crepe e fessurazioni presenti nel fabbricato, e che comunque si trattava di vizi che non erano tali da precludere in modo assoluto e definitivo l’uso abitativo a cui l’acquirente, che aveva comunque programmato di risanare le fondazioni, aveva destinato l’immobile.
Peraltro, la natura dolosamente occulta dei vizi, presa in esame dalla Corte al fine di escludere l’obbligo di denuncia e quindi la decadenza dall’azione di garanzia (Cfr pag. 6), non valeva a ritenere inapplicabile il termine di prescrizione di cui all’ar t. 1495 cc, ma soltanto a rilevarne la sospensione fino alla scoperta del vizio (Cfr Cass. civ. n° 18891/17, n° 19240/13), puntualmente considerata dalla Corte (vedi pag. 7).
La prescrizione quinquennale invocata è inammissibile, non avendo la ricorrente mai domandato l’annullamento del contratto per dolo o fatto valere una responsabilità extracontrattuale. Non si ravvisa quindi la dedotta contraddittorietà della sentenza nel capo in cui ha escluso la rilevanza della natura occulta dei vizi al fine di
svincolare del tutto l’azione di garanzia dal termine di prescrizione ex art. 1495 c.c.
Il quarto motivo del ricorso principale è così rubricato: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, co. 2, n.4 c.p.c., in punto alla responsabilità del progettista Ing. COGNOME nella parte in cui non considera che il danno provocato dalla condotta dello stesso consiste nelle somme necessarie al ripristino totale del fabbricato. La motivazione della Corte sarebbe fortemente contraddittoria e illogica.
4.1 Il quarto motivo del ricorso principale è inammissibile.
La censura proposta come vizio di motivazione è inammissibile. Questa Corte a sezioni unite ha chiarito che dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., operata dalla legge 134/2012, il sindacato sulla motivazione da parte della cassazione è consentito solo quando l’anomalia motivazionale si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; in tale prospettiva detta anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. Sez. un. 8053/2014); – nel caso di specie, la grave anomalia motivazionale non esiste, perché la C orte d’Appello ha sufficientemente motivato sulle ragioni per le quali ha ritenuto che il vizio preesistesse rispetto all’affidamento del progetto al COGNOME e che i lavori eseguiti non avevano difetti intrinseci e non erano peggiorativi dei difetti riscontrati
ma erano sostanzialmente inutili non ponendo rimedio rispetto alle lesioni dell’immobile.
La motivazione non è illogica e tantomeno contraddittoria mentre la censura proposta si risolve in una richiesta di rivisitazione del materiale probatorio già esaminato dalla Corte, che ha confermato la responsabilità del professionista, come già ritenuto in primo grado, rigettando l’appello incidentale di quest’ultimo.
D’altra parte, come correttamente evidenzia il P.G., il motivo è inammissibile anche per difetto di interesse, perché la Corte non ha comunque modificato la quantificazione dei danni già liquidati in primo grado, quantificazione che la ricorrente non aveva impugnato, non avendo proposto appello incidentale sul punto specifico. Infatti, si legge a pag. 18 del ricorso principale che la condanna dell’ing. COGNOME va confermata anche in punto alle somme liquidate con sentenza di primo grado
Il quinto motivo del ricorso principale è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, in particolare dell’art. 1667 c.c., in punto di mancato riconoscimento della responsabilità dell’RAGIONE_SOCIALE
5.1 Il quinto motivo del ricorso principale è infondato.
La Corte d’Appello, sulla base del materiale probatorio esaminato, ha accertato,: 1) che la ‘la bonificazione dell’immobile coinvolgeva la soluzione di problemi tecnici di apprezzabile complessità, come del resto traspare agevolmente dalle perizie agli att i ‘, 2) che l’impresa non poteva e non doveva ‘essere dotata di conoscenze tecniche specifiche e particolareggiate tali da poter addirittura contestare o inibire le scelte tecniche del professionista progettista’, che ‘non potevano dirsi affatto così pales emente smaccatamente errate da poter essere apprezzate come tali da un
Ric. 2019 n.36009 sez. S2 – ud. 23/05/2025
qualsiasi esecutore quale era l’impresa esecutrice dei lavori’; 3) che ‘comunque quest’ultima per espressa e precisa disposizione contrattuale con la committenza (contratto di appalto agli atti) si doveva puntualmente attenere alle disposizioni tecniche del progettista direttore dei lavori’.
Nella specie, peraltro, la responsabilità del progettista è stata individuata nell’aver progettato lavori non idonei a porre rimedio a vizi dell’immobile preesistenti, soprattutto per non aver effettuato un’analisi geologica del terreno, mentre nessun dife tto dei lavori eseguiti è stato riscontrato. Dunque, rispetto al mancato espletamento dell’analisi geologica non può ricondursi alcuna responsabilità alla ditta esecutrice dei lavori.
Nella specie, pertanto, non è dato riscontrare la violazione da parte della appaltatrice del dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidato così come il controllo sulla bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente non essendo queste palesemente errate e consistendo in un difetto di progettazione che esulava dalle competenze e cognizioni tecniche dell’appaltatore.
Il sesto motivo del ricorso principale è così rubricato: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c. laddove non riconosce e quantifica i danni in favore dell’attrice, alla luce dei motivi su esposti, come liquidati nella sentenza di primo grado.
Il motivo è in parte ripetitivo dei precedenti e comunque ne presuppone l’accoglimento, sicché deve dichiararsi inammissibile.
Deve ribadirsi quanto detto con riferimento al quarto motivo rispetto alla censura di mancanza di motivazione. La motivazione
della Corte d’Appello, come sinteticamente riportata, non può dirsi apparente o mancante, essendo invece ampia e approfondita con una chiara ed effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum sia in ordine alla quantificazione dei danni riconducibili all’operato del progettista COGNOME sia all’esclusione della responsabilità dell’impresa COGNOME.
I restanti danni lamentati con il motivo in esame non possono essere attribuiti all’operato del COGNOME e, per quanto detto al punto 1.1 in riferimento alla prescrizione dell’azione nei confronti della parte venditrice, la censura è inammissibile.
Il settimo motivo del ricorso principale è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. sulle spese di lite.
Si censura la sentenza nella parte in cui non riconosce la rifusione delle spese di lite dei due gradi di giudizio a favore della ricorrente.
7.1 Il settimo motivo del ricorso principale è inammissibile.
La stessa parte ricorrente subordina il settimo motivo all’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso.
Ricorso incidentale NOME
Il primo motivo del ricorso incidentale di COGNOME è così rubricato: Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., anche in relazione all’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c..
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello dichiara e riconosce la responsabilità del COGNOME in
quanto pur svolgendo delle premesse logiche e giuridiche di segno diametralmente opposto giunge a comminare una condanna, rendendo sul punto una motivazione contraddittoria e volutamente orientata in una unica e parziale direzione, essendosi infine ( contra legem ), nel contesto di più consulenze tecniche, uniformata e rifatta a meri singoli enunciati senza valutare le precise censure sollevate dal COGNOME e senza giustificare la propria preferenza, limitandosi ad un’acritica adesione a singoli tratti senza fornire adeguata e coerente giustificazione del suo convincimento, con grave travisamento della prova e conseguente errata ricostruzione del fatto che ha condotto ad una vera violazione di legge.
Il secondo motivo del ricorso incidentale di COGNOME è così rubricato: Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360, co.1, n, 4 e 5, c.p.c., con violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c.
Si censura la sentenza impugnata nella parte relativa alla quantificazione dei danni riconosciuti come dovuti alla RAGIONE_SOCIALE da parte dell’ing. COGNOME essendo la motivazione sul punto irriducibilmente contraddittoria ed incoerente quanto al titolo della condanna e viziata anche da ultra petitum , nonchè palesemente omessa, indeterminata e priva di qualsivoglia indicazione numerica circa l’importo, con violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per omessa considerazione delle problematiche oggettive e dell’errore materiale contenuto nella sentenza di primo grado che la Corte si limita a richiamare per relationem , come eccepito e non esaminato in uno specifico motivo di appello da parte del COGNOME.
9.1 I primi due motivi del ricorso incidentale di COGNOME che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono in parte infondati in parte inammissibili.
Con entrambi i motivi si deduce, infatti, un vizio di motivazione sostanzialmente mancante o irriducibilmente contraddittoria, del provvedimento impugnato.
Anche in questo caso, pertanto, deve richiamarsi il limite del sindacato sulla motivazione del giudice di legittimità dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., operata dalla legge 134/2012 che si è evidenziato nel rigettare il quarto motivo del ricorso principale (vedi punto 4.1).
Nella specie, la grave anomalia motivazionale non esiste, perché la Corte d’Appello ha sufficientemente motivato in relazione alle ragioni per le quali il COGNOME doveva ritenersi responsabile per l’erronea progettazione di lavori che, sin dall’origine, potevano ritenersi del tutto inutili, come poi in effetti si sono rivelati. Infatti, come concordemente riconosciuto da entrambi i periti, la perizia e la prudenza professionale comunque esigibili da un professionista qualificato nella realizzazione di un lavoro di alto valore tecnico, avrebbero imposto non solo di acquisire una preventiva indagine geologica completa del terreno di fondazione sottostante al fabbricato, ma anche di raccordare in qualche modo il nuovo sistema di fondazioni previsto dall’ing. COGNOME per una parte del fabbricato a quello preesistente nel blocco A del medesimo, in modo tale da individuare soluzioni alternative e ben più efficaci rispetto a quella prescelta.
Nessuna contraddizione emerge da tale percorso motivazionale che espone in modo chiaro e preciso le ragioni del
rigetto del motivo di appello del COGNOME Quanto detto vale anche per la quantificazione dei danni in quanto la Corte d’Appello ha ritenuto di non poter riformare in peius la sentenza di primo grado in mancanza di un appello incidentale della committente sull’entità del risarcimento dovuto, sicché, anche se la somma da risarcire come accertata sulla scorta della documentazione esaminata (sal predisposti dalla ditta e pagati dalla committenza) era maggiore rispetto a quella posta a carico dell’ing. NOME COGNOME ha ritenuto di non poter modificare tale capo della sentenza di primo grado, lasciando pertanto ferma la condanna del progettista alla somma già quantificata dal giudice di prime cure.
Il motivo è infondato quanto al vizio di ultrapetizione, perché come evidenziato dal P.G., la Corte, riesaminando gli stessi fatti e gli stessi documenti tenuti presenti dal Tribunale, non ha attribuito all’attrice un bene diverso da quello richiesto, ma h a ritenuto che, ferma restando la responsabilità del professionista, il danno consistesse, ‘non nelle somme necessarie per il ripristino totale del fabbricato ( in ordine al quale, poi, il giudice di prime cure ha operato delle ripartizioni percentuali tra i venditori dell’immobile e il professionista incaricato), bensì solo ed esclusivamente nei costi, sopportati dalla committenza per l’esecuzione delle opere strutturali, rivelatesi inutili ed inefficaci ‘, non avendo risolto i vizi pregressi dell’immobile.
Deve ribadirsi in proposito che: In tema di giudizio di appello, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del tantum devolutum quantum appellatum , non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle
parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all’applicazione di una norma giuridica diverse da quelle invocate dall’istante, né incorre nella violazione di tale principio il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del petitum e della causa petendi , confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice (sez. 6-L, Ord. n. 513 del 11/01/2019).
Il terzo motivo del ricorso incidentale di COGNOME è così rubricato: Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360, co,1, n. 3, 4 e 5 cpc.
Si censura la sentenza nella parte relativa alla condanna alle spese in capo al COGNOME non solo della CTU resa nell’ATP ma addirittura a quella svolta in primo grado, senza che sia indicato alcun tipo di logica rispetto a detta condanna, celandosi dietro il mero richiamo della soccombenza, omettendo di tener conto della cronistoria processuale della causa.
10.1 Il terzo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
La censura è inammissibile, poiché il ricorrente era comunque soccombente ed il sindacato della cassazione, con riferimento al regolamento delle spese, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato la valutazione dell’utilità o meno di dette spese.
11. Il quarto motivo del ricorso incidentale di COGNOME è così rubricato: Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 360, co.1, n. 4 e 5, c.p.c.
Si censura la sentenza nella parte (pag.13 n.4) in cui la Corte, con motivazione solo apparente ed invero incoerente e contraddittoria, ha compensato le spese e competenze del secondo grado del Santirocco nel rapporto con la Assicurazione Allianz Lloyd.
12.1 Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Nella specie la Corte d’Appello ha ritenuto di poter compensare le spese del giudizio di appello nel rapporto tra il Santirocco e la compagnia di assicurazione sulla base della seguente motivazione: va confermata la disposizione della sentenza gravata in ordine alle spese di primo grado, mentre per il secondo grado esse possono essere integralmente compensate attesa l’assenza di contestazioni in appello circa il rapporto assicurativo.
L’appello del COGNOME, che riveste la posizione processuale di convenuto in primo grado chiamante in garanzia la compagnia di assicurazione, è stato integralmente rigettato. Egli, dunque, è risultato integralmente soccombente nel giudizio di appello, ancorché non abbia rivolto alcuna domanda nei confronti della assicuratrice nei cui confronti è risultato vincitore in primo grado.
Alla luce di tali circostanze la notifica dell’appello del Santirocco alla compagnia di assicurazione, in assenza di appello incidentale di quest’ultima rispetto alla condanna alla manleva, deve considerarsi equivalente ad una mera litis denuntiatio in quanto il rapporto tra assicurato e assicuratore si è stabilizzato, salva per quest’ultima la possibilità di valersi dell’eventuale
accoglimento dell’appello dell’assicurato rispetto alla condanna per responsabilità professionale nei confronti dell’attore che lo ha convenuto in giudizio.
In altri termini, qualora, il convenuto soccombente evochi in appello il terzo chiamato rispetto al quale è risultato vincitore, la citazione di quest’ultimo non assolve alla funzione di vocatio in ius , ma di sola litis denuntiatio con la conseguenza che, nel caso in cui l’appello venga rigettato, l’assicuratore non può essere condannato a rimborsare le spese del giudizio nel rapporto con l’assicurato rispetto al quale il rapporto processuale si è consolidato dopo il giudizio di primo grado.
Ricorso incidentale NOME COGNOME
13. Con l’unico motivo di ricorso incidentale i venditori lamentano la violazione degli artt. 91 e 92 cpc, in relazione all’art. 360, comma 1, n° 3, c.p.c., per avere erroneamente la Corte compensato le spese di lite nei rapporti con l’acquirente, che era risultata soccombente.
13.1 Il motivo è inammissibile, poiché ‘In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi'(Cfr Cass. civ. n° 24502/17), che nel caso in esame sono stati esplicitati nella valida e logica ragione del doloso occultamento dei vizi dell’immobile compravenduto.
14. Le spese del giudizio possono essere compensate vista la reciproca soccombenza tra la ricorrente principale e i ricorrenti incidentali, mentre la ricorrente principale deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’Impresa RAGIONE_SOCIALE in virtù del principio della soccombenza, spese liquidate come da dispositivo
15. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e di entrambi i ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed entrambi i ricorsi incidentali, compensa le spese tra ricorrenti principali e incidentali e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della controricorrente RAGIONE_SOCIALE che liquida in euro 5500 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e di entrambi i ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione