Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18499 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18499 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
R.G.N. 13482/20
C.C. 13/05/2025
Vendita -Vizi immobile -Risarcimento danni -Conoscenza dei vizi
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13482/2020) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
e
RAGIONE_SOCIALEC.F.: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al
contro
ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 358/2020, pubblicata il 31 marzo 2020, notificata a mezzo PEC l’11 maggio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 maggio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 1° febbraio 2016, COGNOME NOME, COGNOME Daniele e COGNOME Luca convenivano, davanti al Tribunale di Savona, COGNOME NOME e l’agenzia immobiliare RAGIONE_SOCIALE di Cremonesi RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che i convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni per i vizi esistenti -quali crepe, fessurazioni e cavillature -all’interno dell’unità immobiliare oggetto della vendita di cui all’atto pubblico del 17 dicembre 2013, in favore degli attori, vizi che avevano implicato la diminuzione di valore dell’immobile, senza che né il venditore né la società mediatrice avessero fornito notizie agli acquirenti sullo stato di tale unità immobiliare.
Si costituivano separatamente in giudizio COGNOME Lorenzo e l’agenzia immobiliare RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE i
quali contestavano la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande avversarie e ne chiedevano il rigetto.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1081/2017, depositata il 27 settembre 2017, condannava COGNOME NOME al risarcimento dei danni, in favore di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella misura di euro 29.200,00, oltre interessi, per il minor valore del bene immobile acquistato in ragione dei vizi attinenti ai fenomeni fessurativi riscontrati nell’appartamento, escludendo la responsabilità della Stimec.
2. -Con atto di citazione notificato il 13 dicembre 2017, COGNOME Lorenzo proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’erronea qualificazione della pretesa come ipotesi di responsabilità contrattuale del venditore per i vizi della cosa venduta, a fronte dell’evocazione di una mera responsabilità precontrattuale per violazione della clausola di buona fede, con conseguente violazione del contraddittorio; 2) la correlata impossibilità di far valere le eccezioni di decadenza e prescrizione, che si proponevano in sede di gravame; 3) la mancata considerazione della deposizione testimoniale resa da NOME COGNOME quale amministratore condominiale, da cui sarebbe emerso che gli acquirenti erano a conoscenza dei ‘problemi’ dell’immobile, con la conseguente esclusione della spettanza della garanzia per i vizi; 4) il difetto di prova sulla diminuzione apprezzabile del valore immobiliare.
Si costituivano in giudizio COGNOME Franca, COGNOME e COGNOME i quali instavano per il rigetto dell’appello e in via
incidentale -per l’estensione della condanna nei confronti della mediatrice o comunque per la compensazione delle spese del giudizio di prime cure nei confronti di quest’ultima.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione anche l’agenzia immobiliare RAGIONE_SOCIALE la quale chiedeva il rigetto delle conclusioni rassegnate dagli appellanti incidentali.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Genova, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’impugnazione e, per l’effetto, in riforma della pronuncia impugnata, rigettava la domanda risarcitoria proposta dagli attoriappellati, condannandoli, in solido, alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio in favore del Pollero e del grado d’appello in favore della Stimec.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che gli stessi attori avevano esposto, nel loro atto introduttivo del giudizio di primo grado, che la COGNOME si era recata a visionare l’immobile ed aveva notato la presenza di crepe sui muri; b ) che anche il teste NOME COGNOME quale amministratore del complesso condominiale nel quale si trovava l’appartamento compravenduto, aveva riferito alla COGNOME dell’esistenza dei difetti di costruzione quali crepe -relativi all’immobile; c ) che il teste COGNOME, marito della COGNOME, aveva affermato che la moglie aveva avuto accesso all’appartamento, avendo rilevato che sul pianerottolo del secondo piano vi erano incrostazioni e crepe, mentre, giunta all’interno dell’appartamento e visitandone il balcone, la COGNOME aveva notato crepe sul balcone e un’impalcatura, avendo il teste altresì
riferito che il Cremonesi aveva dato atto dell’esistenza di lavori di sistemazione della facciata; d ) che, pertanto, alla luce del quadro probatorio acquisito, i vizi erano, in ogni caso, facilmente conoscibili da parte degli acquirenti, attesa l’evidenza delle crepe e/o fessurazioni; e ) che, secondo le risultanze peritali, sia i vizi dell’appartamento sia i vizi sulle parti condominiali erano riconducibili a problematiche generali dell’immobile nel suo complesso; f ) che le crepe percepite dagli acquirenti non potevano essere ricondotte a ragioni fisiologiche legate all’elasticità dell’immobile; g ) che il prezzo dell’immobile era stato ridotto da euro 140.000,00 ad euro 120.000,00, fino a giungere alla somma di euro 115.000,00, proprio in ragione di tali vizi; h ) che doveva essere confermato il rigetto della domanda risarcitoria nei confronti della Stimec; i ) che doveva essere disatteso l’appello incidentale, in ordine alla regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado verso la Stimec.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Hanno resistito, con separati controricorsi, gli intimati COGNOME Lorenzo e la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
4. -Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti, con la violazione degli artt. 1490, 1491, 1494 c.c., degli artt. 1337 e 1338 c.c. nonché
dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che lo stato dell’immobile oggetto del giudizio e i vizi afferenti allo stesso fossero conoscibili dagli acquirenti, con la conseguente prevedibilità dei difetti e l’accettazione di tale eventualità, sulla scorta: A) della confusione tra i vizi presenti all’interno dell’unità immobiliare compravenduta (crepe, infiltrazioni e cavillature) e i vizi afferenti alle parti comuni ed oggetto di separato giudizio; B) dell’omessa valutazione dell’avvenuto o ccultamento dei vizi interni all’appartamento, a cura del venditore, e della loro successiva scoperta accidentale; C) dell’omessa valutazione del silenzio serbato sull’esistenza dei vizi sia nell’unità immobiliare compravenduta sia nella struttura condominiale, da parte del venditore e del mediatore; D) dell’omessa valutazione degli impedimenti frapposti alle visite e alle verifiche, a cura del mediatore, con l’invito insistente a concludere, entro pochi giorni, l’atto di vendita, pena l’alienazione a terzi; E) dell’omessa valutazione dell’avvenuta conoscenza dei vizi attinenti alle parti condominiali, a cura degli acquirenti, solo successivamente all’atto di vendita, nel corso dell’assemblea del 5 febbraio 2014, senza che prima di tale momento essi fossero verificabili, in ragione della presenza delle impalcature, a fronte del fatto che il venditore li aveva taciuti; F) dell’errata ricostruzione temporale in ordine al momento in cui il venditore aveva deciso di ridurre il prezzo della vendita, riconducibile ad una fase storica antecedente all’inizio delle trattative con i ricorrenti e non già nel corso delle stesse; G) dell’errata valutazione delle prove assunte, con la conseguente omessa ponderazione di accadimenti decisivi, come la constatazione, a cura dei testi escussi, dell’assenza di
lesioni interne nell’unità abitativa in occasione del primo ed unico sopralluogo effettuato, e con l’omessa informazione, a cura del mediatore -presente al momento in cui era avvenuto l’unico accesso in loco degli acquirenti -, che non aveva fornito le notizie relative alle lesioni dell’immobile e alla necessità di eseguire opere rilevanti nell’unità immobiliare, omissione di informazione che era riferibile anche all’amministratore condominiale; H) dell’errata valutazione delle istanze probatorie, che aveva impedito l’acquisizione di circostanze decisive.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
1.1.1. -E ciò perché, nei termini anzidetti, le censure articolate mirano, sotto l’apparente veste di omesso esame di fatti decisivi o di violazione di legge, ad una rivalutazione delle circostanze in fatto che hanno indotto la Corte distrettuale a ritenere che i vizi prospettati sull’unità immobiliare oggetto della vendita del 17 dicembre 2013 fossero conosciuti o comunque facilmente riconoscibili dagli acquirenti (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 65, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) e, come tali, sono inammissibili.
Infatti, gli accadimenti descritti nella doglianza sono stati ponderati (e non già tralasciati) dalla sentenza impugnata -contrariamente all’assunto dei ricorrenti -, sebbene, in via consequenziale, la Corte sia pervenuta ad un esito valutativo diverso da quello auspicato dagli istanti.
Segnatamente, il giudice del gravame ha argomentato sul fatto che la COGNOME aveva notato la presenza di crepe sui muri
prima dell’acquisto, come ricavabile dalla testimonianza resa da NOME COGNOME quale amministratore del complesso condominiale nel quale si trovava l’appartamento compravenduto, e dalla stessa deposizione del teste NOME COGNOME, coniuge della COGNOME; e ciò anche alla stregua dell’evidenza delle crepe e fessurazioni, come rilevate in sede di indagini peritali, tanto da addivenire -nel corso delle trattative -ad una riduzione del prezzo, originariamente fissato in euro 140.000,00 e pattuito nel rogito finale in euro 115.000,00.
Né sono riportate nel ricorso in modo analitico le deposizioni testimoniali rese e i passi puntuali della relazione peritale, ai fini di cogliere l’integrazione di un errore oggettivo di percezione, rilevante per il travisamento del fatto.
1.1.2. -Secondo la pronuncia impugnata, l’evidenza di tali vizi ne avrebbe comunque permesso la facile riconoscibilità.
Ebbene il sindacato di legittimità non può estendersi sino al punto da consentire una rimeditazione di dette circostanze.
Ed invero, in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, il giudizio sulla conoscibilità del vizio costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8637 del 07/05/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 24726 del 19/10/2017; Sez. 2, Sentenza n. 24731 del 02/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 3644 del 16/02/2007; Sez. 2, Sentenza n. 5075 del 23/07/1983; Sez. 2, Sentenza n. 2139 del 10/06/1976; Sez. 1, Sentenza n. 2321 del 30/07/1974; Sez. 1, Sentenza n. 754 del 18/03/1971; Sez. 1,
Sentenza n. 2678 del 24/07/1968), e non già funzionale alla contestazione dell’esito valutativo raggiunto dal giudice di merito.
Sicché la riconoscibilità del vizio (equiparata alla conoscenza) esclude il sorgere della garanzia, con l’effetto che l’acquirente non può ottenere né la risoluzione del contratto, né la riduzione del prezzo, né, conseguentemente, il risarcimento del danno previsto dall’art. 1494 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3644 del 16/02/2007; Sez. 2, Sentenza n. 7147 del 15/04/2004; Sez. 2, Sentenza n. 15395 del 01/12/2000).
Questa conclusione è giustificata dal seguente rilievo: l’esclusione della garanzia nel caso di facile riconoscibilità dei vizi della cosa venduta, ai sensi dell’art. 1491 c.c., costituisce applicazione del principio di autoresponsabilità e consegue all’inosservanza di un onere di diligenza del compratore in ordine alla rilevazione dei vizi che si presentino di semplice percezione (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 2756 del 06/02/2020; Sez. 2, Sentenza n. 2981 del 27/02/2012; Sez. 2, Sentenza n. 14277 del 18/12/1999; Sez. 3, Sentenza n. 2361 del 28/06/1969; Sez. 1, Sentenza n. 2678 del 24/07/1968; Sez. 3, Sentenza n. 1136 del 08/05/1963).
D’altronde, il giudice davanti al quale è stata proposta l’azione fondata sulla garanzia per vizi ha il potere -dovere di accertare non solo se sussistano i vizi lamentati, ma anche se questi siano facilmente riconoscibili, trattandosi di un elemento costitutivo del diritto di credito azionato, come tale rilevabile d’ufficio, e non di un’eccezione proponibile soltanto dalla parte interessata (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 23721 del 24/09/2019; Sez. 3, Sentenza n. 120 del 11/01/1967).
2. -Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 1494 c.c., per avere la Corte territoriale reputato che i vizi dell’immobile compravenduto fossero conoscibili e prevedibili dagli acquirenti, con la loro conseguente accettazione del rischio, conclusione difforme dalle risultanze istruttorie concretamente acquisite.
Obiettano gli istanti che le testimonianze rese da NOME COGNOME all’udienza del 16 ottobre 2016 e da NOME COGNOME all’udienza del 14 dicembre 2016 avrebbero smentito tale conclusione, il che avrebbe reso inverosimile il rilievo sulla conoscibilità dei vizi.
Né, ad avviso dei ricorrenti, sarebbero state valutate le ulteriori circostanze emerse dalla prova assunta, ossia: A) il fatto che il venditore avesse occultato i vizi esistenti nell’immobile; B) la circostanza che il venditore, per il tramite del mediatore, avesse impedito gli accessi e le verifiche agli acquirenti; C) il fatto che il venditore avesse ridotto il prezzo antecedentemente all’inizio delle trattative.
3. -Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi, con la violazione degli artt. 1490, 1491, 1494 e 1495 c.c. nonché degli artt. 1337 e 1338 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte distrettuale, in ragione dell’omissione dei fatti decisivi addotti, valutato erroneamente la fattispecie concreta cui applicare la norma astratta, all’esito di un procedimento di ricostruzione logicamente lacunoso, con la conseguente inadeguatezza della motivazione.
3.1. -I due motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono infondati.
Questo in quanto, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021; Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 6-1, Ordinanza n. 1229 del 17/01/2019).
Ed ancora, il potere del giudice di valutazione della prova non è sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione dell’art. 116 c.p.c., quale apprezzamento riferito ad un astratto e generale parametro non prudente della prova, posto che l’utilizzo del pronome ‘suo’ è estrinsecazione dello specifico prudente apprezzamento del giudice della causa, a garanzia dell’autonomia del giudizio in ordine ai fatti relativi, salvo il limite che ‘la legge disponga altrimenti’ (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 34786 del 17/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021; Sez. 6-5, Ordinanza n. 91 del 07/01/2014).
Nella fattispecie, le critiche mosse dai ricorrenti sono funzionali, appunto, al raggiungimento di un diverso esito valutativo della prova assunta.
4. -Con il quarto motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la falsa applicazione degli artt. 343 e 166 c.p.c. nonché degli artt. 342 e 348bis c.p.c., per avere la Corte del gravame presupposto che gli appellati avessero spiegato appello incidentale nei confronti del mediatore quanto alla regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado, così facendone conseguire l’ulteriore soccombenza processuale, con l’integrativa condanna alle spese di lite.
Osservano gli istanti che nella comparsa di costituzione in appello avrebbero semplicemente richiesto la conferma della sentenza di primo grado, con l’effetto che nessun appello incidentale sarebbe stato proposto, non potendo la semplice richiesta di rivalutazione della condanna alle spese del giudizio, prospettata sulla base di elementi già acquisiti e senza necessità di ulteriori attività, assurgere al rango di appello incidentale.
Deducono, altresì, i ricorrenti che erroneamente sarebbe stata considerata l’ammissibilità dell’appello principale, nonostante la natura aspecifica dei motivi addotti.
5. -Con il quinto motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione degli artt. 342, 343 e 166 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto che gli appellati avessero proposto appello incidentale, con la conseguente soccombenza e refusione delle spese anche nei confronti della mediatrice.
5.1. -I due motivi -che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi -sono infondati.
5.1.1. -Infatti, risulta dagli atti processuali che gli appellati hanno richiesto nel giudizio di gravame la conferma della sentenza impugnata nei confronti del venditore e la condanna al risarcimento dei danni anche nei confronti della mediatrice, in riforma della sentenza di primo grado, o -in subordine -la disposizione della compensazione delle spese del primo grado verso quest’ultima.
Ciò si ricava dalle conclusioni rassegnate, come corroborate dalle argomentazioni sviluppate nel corpo della comparsa di costituzione depositata in appello.
A fronte del tenore di tali conclusioni, la Stimec -sebbene evocata in giudizio dall’appellante principale si è difesa, negando la sussistenza dei presupposti per la sua condanna al risarcimento dei danni ovvero per la compensazione delle spese del giudizio svoltosi davanti al Tribunale.
Pertanto, rispetto a tale appello incidentale, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME erano soccombenti nel giudizio di gravame anche verso la Stimec, con la conseguente legittima condanna alla refusione delle spese anche in favore di quest’ultima.
5.1.2. -Anche in ordine al secondo aspetto dedotto, la censura è destituita di fondamento.
Infatti, l’atto di appello principale di COGNOME Lorenzo ha sufficientemente articolato i motivi di doglianza, come riportati nel corpo della sentenza impugnata.
Precisamente l’appellante principale ha lamentato: A) l’erronea qualificazione della pretesa come ipotesi di responsabilità contrattuale del venditore per i vizi della cosa venduta, a fronte dell’evocazione di una mera responsabilità precontrattuale per violazione della clausola di buona fede, con conseguente violazione del contraddittorio; B) la correlata impossibilità di far valere le eccezioni di decadenza e prescrizione, che si proponevano in sede di gravame; C) la mancata considerazione della deposizione testimoniale resa da NOME COGNOME quale amministratore condominiale, da cui sarebbe emerso che gli acquirenti erano a conoscenza dei ‘problemi’ dell’immobile, con la conseguente esclusione della spettanza della garanzia per i vizi; D) il difetto di prova sulla diminuzione apprezzabile del valore immobiliare.
6. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite -ivi comprese quelle attinenti al subprocedimento di sospensione dell’esecuzione avviato presso la Corte d’appello, ai sensi dell’art. 373 c.p.c. seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, ivi comprese quelle inerenti al sub-procedimento di sospensione dell’esecuzione ex art. 373 c.p.c., che liquida per ciascuno in complessivi euro 6.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda