Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3011 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3011 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 35732/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE c.f. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.
, con domicilio digitale
NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME EMAIL e EMAIL ricorrente
contro
CONVERSANO NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
contro
ricorrenti avverso la sentenza n.373/2019 della Corte d’Appello di Lecce, depositata in data 11-4-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29-12025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ. ratione temporis vigente NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno convenuto avanti
OGGETTO:
azione
ex art. 1669 c.c.
RG. 35732/2019
C.C. 29-1-2025
il Tribunale di Brindisi RAGIONE_SOCIALE, esponendo di avere acquistato in data 4-8-2010 dalla società convenuta un appartamento in condominio di nuova realizzazione a Pezze di Greco e lamentando che già dal settembre 2011 l’immobile aveva presentato vizi causati dalle modalità di esecuzione dei lavori; quindi hanno chiesto che, accertata la responsabilità della venditrice/costruttrice convenuta, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1667, 1668 e 1669 cod. civ., per i vizi riscontrati nell’immo bile, fosse dichiarato il diritto degli attori, ai sensi dell’art. 1668 cod. civ., alla riduzione del prezzo nella misura di Euro 40.000,00 o in quella determinata in corso di causa o dal giudicante e fosse condannata la convenuta al risarcimento dei danni patiti.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE e, previo mutamento del rito, con sentenza n.1221/2015 depositata il 25-6-2015 il Tribunale di Brindisi ha riconosciuto la responsabilità della convenuta per i vizi dell’immobile e ha disposto la riduzione del prezzo di acquisto ex art. 1668 cod. civ. nella misura di Euro 24.938,98; specificamente la sentenza, dichiarato che ricorreva l’ipotesi di cui all’art. 1669 cod. civ. trattandosi di gravi difetti dell’immobile, ha determinato in Euro 18.191,80 iva compresa i costi per i lavori necessari per l’eliminazione dei vizi, ha altresì riconosciuto l’importo di Euro 1.500,00 per i disagi subiti dagli attori in relazione ai vizi e di Euro 5.247,18 in relazione all’ascensore.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di Lecce ha deciso con sentenza n. 373/2019 depositata in data 11-4-2019 con la quale, accogliendo parzialmente l’impugnazione, ha condannato la società a pagare esclusivamente la somma di Euro 18.191,80 oltre interessi e rivalutazione dalla domanda e il 70% delle spese di lite di entrambi i gradi, compensate per il resto.
La sentenza ha accolto il settimo motivo di appello e ha escluso il diritto al pagamento della somma di Euro 1.500,00 a titolo di risarcimento del danno, in mancanza di prova del relativo evento dannoso; ha altresì accolto l’ottavo motivo relativo alla rea lizzazione di mini-ascensore e ha rigettato gli altri motivi di appello. Ha dichiarato che gli attori avevano proposto sia l’azione contrattuale per i vizi dell’opera appaltata, sia l’azione ex art. 1669 cod. civ., norma esplicitamente richiamata nelle conclusioni del ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ., mentre non avevano proposto le azioni per i vizi della cosa compravenduta; gli attori avevano chiesto in via alternativa sia la riduzione del prezzo sia il risarcimento del danno, come risultava dal rif erimento nel ricorso all’art. 1226 cod. civ. Ha rilevato che il Tribunale aveva correttamente qualificato le azioni proposte, ma era incorso in errore nel ritenerle entrambe fondate, perché l’azione promossa ex art. 1667 cod. ci v. non era esperibile dall’a cquirente ma solo dal committente; ha dichiarato che era proponibile e fondata l’azione ex art. 1669 cod. civ., in quanto l’ azione era esperibile nei confronti del venditorecostruttore, l’azione era stata riproposta in appello e doveva trovare accoglimento, stante la natura e la gravità dei vizi accertati attraverso la consulenza tecnica d’ufficio; la violazione dell’art. 1669 cod. civ. non poteva comportare riduzione del prezzo ma condanna al risarcimento del danno; l’importo liquidato nella sentenza, al netto di quanto non spettante per l’accoglimento del settimo e ottavo motivo di appello -e perciò pari a Euro 18.191,80- era la somma necessaria secondo il c.t.u. per eliminare i vizi e doveva ritenersi congrua al fine del ristoro dei danni. Ha rigettato anche la doglianza relativa al difetto di legittimazione attiva, in quanto in caso di vizi inerenti alle parti comuni erano concorrenti la legittimazione attiva ex art. 1669 cod. civ. dell’amministratore del condominio e del condòmino, le strutture coinvolte dai difetti erano nella proprietà esclusiva di Conversano e
COGNOME secondo quanto rilevato dal c.t.u. e in ogni caso gli effetti dannosi dei vizi riguardavano direttamente la loro proprietà esclusiva.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi.
NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 29-1-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso è rubricato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1226-1667-1668-1669-2909 c.c. e degli artt. 112-324329 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ ; con esso la società ricorrente evidenzia che la sentenza di primo grado aveva riconosciuto agli attori il diritto alla riduzione del prezzo di acquisto ex art. 1668 cod. civ. e gli attori non avevano proposto impugnazione avverso la pronuncia, che quindi era passata in giudicato e non poteva essere oggetto di rivalutazione di ufficio da parte della Corte d’appello. Sostiene che la sentenza impugnata, dichiarando che gli attori avevano chiesto in alternativa la condanna della società alla riduzione del prezzo ex artt. 1667 e 1668 cod. civ. o al risarcimento del danno ex art. 1669 cod. civ., abbia travisato i fatti, perché gli attori avevano richiamato l’art. 1669 cod. civ. ma avevano formulato solo domanda di riduzione del prezzo e comunque non avevano impugnato la pronuncia di primo grado. Quindi lamenta che la sentenza abbia trasformato la statuizione di riduzione del prezzo ex art. 1668 cod. civ. del giudice di primo grado in risarcimento del danno ex art. 1669 cod.
civ., non trattandosi di diversa qualificazione giuridica ma di pronuncia extra petita.
2.Il secondo motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c. -art.118 comma 1 disp.att. c.p.c. e 111 Cost. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (omessa formulazione di domanda di risarcimento del danno) che è stato oggetto di discussione tra le parti’; con esso la ricorrente rileva che il travisamento della domanda e la carenza nell’interpretazione di un atto processuale configura anche vizio di motivazione quale omesso esame di fatto decisivo, in quanto è stata ritenuta formulata una domanda di risarcimento del danno ex art. 1669 cod. civ. che non era stata proposta.
3.Il terzo motivo è rubricato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1490-1492-1497-1495 c.c. e degli art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c. -art. 118 comma 1 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., in relazione agli artt. 360 comma 1 n. 4 e 5 c.p.c. -nullità della sentenza. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (qualificazione della domanda in termini di vizi della cosa venduta) che è stato oggetto di discussione tra le parti’; con esso la ricorrente sostiene non sia possibile comprendere per quale ragione la sentenza impugnata abbia ritenuto le azioni correttamente qualificate come proposte ex artt. 1667 e 1668 cod. civ. anziché ex artt. 1492, 1495 e 1497 cod. civ., dopo che sulla questione era stato specificamente proposto il terzo motivo di appello, sul quale è stata omessa la pronuncia.
4.Il primo, il secondo e il terzo motivo, esaminati unitariamente in quanto aventi a oggetto le medesime questioni, sono infondati per le ragioni di seguito esposte.
In primo luogo, deve essere ribadito il principio di diritto secondo il quale spetta al giudice di merito interpretare e di conseguenza qualificare giuridicamente la domanda, in qualsiasi fase del procedimento, senza essere in ciò condizionato dalla formula adottata dalla parte (Cass. Sez. 3 18-7-2011 n. 15724 Rv. 619488-01), tenuto conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio, purché nel rispetto del limite imposto dalla immutazione dei fatti costitutivi della pretesa allegati dalla parte (Cass. Sez. 1 20-12-2006 n. 27285 Rv. 594745-01, Cass. Sez. 3 8-22007 n. 2746 Rv. 596386-01, Cass. Sez. 3 26-6-2012 n. 10617 Rv. 623253-01). Tale potere spetta anche al giudice di appello, il quale, salva l’ipotesi del giudicato, non incorre nel vizio di extrapetizione , dando alla domanda o all’eccezione una qualificazione giuridica diversa da quella adottata dal giudice di primo grado, anche se mai prospettata dalle parti, con l’unico limite rappresentato dall’impossibilità di immutare l’effetto giuridico che la parte ha inteso conseguire (Cass. Sez. 3 28-6-2010 n.15383 Rv. 613802-1). Inoltre, la diversa qualificazione del titolo da contrattuale a extracontrattuale non comporta di per sé inammissibile mutatio libelli e non incorre nel divieto di nova ex art. 345 cod. proc. civ., tutte le volte in cui i fatti allegati a sostegno della fattispecie giuridica prospettata nell’atto introduttivo coincidano o comunque siano in relazione di continenza con i fatti costitutivi della diversa qualificazione giuridica come riqualificata dal gi udice. Specificamente, con riguardo alla fattispecie di cui all’art. 1669 cod. civ., la relativa responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore non impedisce di individuare elementi della fattispecie rinvenibili anche nella responsabilità contrattuale per danni, derivanti da vizi dell’opera o della cosa venduta, proposta dal committente o dall’acquirente ai sensi degli artt. 1668 e 1494 cod. civ.; quindi non sussistono ostacoli alla riqualificazione della domanda di condanna al risarcimento dei
danni proposta per responsabilità contrattuale come domanda risarcitoria fondata sulla responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 cod. civ., nel rispetto degli elementi di fatto che le parti abbiano allegato (Cass. Sez. 27-11-2018 n. 30607 Rv. 651854-01, con riguardo a riqualificazione di domanda proposta ex art. 1490 cod. civ. in domanda ex art. 1669 cod. civ.; cfr. altresì Cass. Sez. 6-1 9-4-2018 n. 8645 Rv. 649502-01, Cass. Sez. L 24-7-2012 n. 12943 Rv. 62400301). Inoltre, in tema di appalto sussiste la concorrenza delle garanzie previste dagli artt. 1667 e 1669 cod. civ., in vista del rafforzamento della tutela del committente e quindi, ove a fondamento della domanda siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli elementi essenz iali dell’opera, influendo sulla sua durata e compromettendone la conservazione, il giudice è sempre tenuto, ove le circostanze lo richiedano, a qualificare la domanda in termini di risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 cod. civ. o contrattuale di adempimento o riduzione del prezzo e risoluzione (Cass. Sez. 2 25-7-2019 n. 20187 Rv. 654978-01).
Nella fattispecie la sentenza impugnata ha statuito nel rispetto dei principi esposti, in quanto la domanda era stata proposta anche ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, per il fatto che i ricorrenti non solo avevano richiamato la disposizione, ma avevano allegato i fatti che ne giustificavano l’applicazione, relativamente al dato che il venditore era costruttore e al dato che i vizi erano di gravità tale da integrare la fattispecie di cui all’art .1669 cod. civ.; la domanda era stata riproposta anche in appello, come dichiarato dalla stessa sentenza impugnata, dopo che la sentenza di primo grado aveva dichiarato che ricorreva l’ipotesi di cui all’art. 1669 cod. civ., trattandosi di gravi difetti dell’immobile, seppure aveva poi dichiarato di riconoscere l’importo complessivo di Euro 24.938,98 a titolo di riduzione del prezzo. Quindi, non è neppure corretta
l’affermazione della società ricorrente secondo la quale la domanda ex art. 1669 cod. civ. non era stata proposta e, del resto, sulla base dei principi esposti, il giudice era comunque tenuto a qualificare la domanda ex art. 1669 cod. civ., sulla base delle allegazioni attoree. Non si pone neppure questione di violazione del giudicato, in quanto era stata la società appellante a contestare con i propri motivi di appello la qualificazione della domanda eseguita dal Tribunale, per cui la relativa questione era stata devoluta alla cognizione del giudice d’appello. Ne consegue che non sussistono neppure omissione di pronuncia e difetto di motivazione in ordine alla mancata qualificazione dell’azione come volta a fare valere la garanzia nella compravendita in quanto, nel momento in cui la sentenza ha qualificato la domanda ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. dichiarando che ne ricorrevano i relativi presupposti, ha ritenuto assorbita ogni altra questione, in quanto inidonea a incidere sulla qualificazione della domanda che ha ritenuto corretta e che perciò ha eseguito. Pertanto la sentenza impugnata, riconoscendo agli appellati l’importo di Euro 18.191,80 quale somma necessaria secondo il consulente d’ufficio nominato in primo grado a eliminare i vizi, è rimasta nei limiti della domanda senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, non avendo modificato né la causa petendi né il petitum.
5. Con il quarto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 117 (rectius 1117) -1135-1669 c.c.; artt. 100112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c. -art. 118 comma 1 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost. in relazione agli artt. 360 comma 1 n. 4 e 5 c.p.c. -nullità della sentenza. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (difetto di interesse ad agire) ‘ ; evidenzia che con il primo motivo di appello aveva dedotto la carenza di interesse ad agire degli attori, per il fatto che
l’assemblea di condominio aveva deliberato l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria sul terrazzo condominiale a loro uso esclusivo, l’impresa edile COGNOME si era assunta l’incarico a titolo gratuito ma gli attori avevano impedito l’accesso agli a ddetti.
6.Con il quinto motivo, rubricato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117-1135-1669 c.c.; artt. 100-112 c.p.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c., art. 118 comma 1 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost. in relazione agli artt. 360 comma 1 n. 4 e 5. Nullità della sentenza. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’, la ricorrente lamenta che la sentenza abbia dichiarato che i difetti lamentati rientravano nella proprietà esclusiva, richiamando per relationem la consulenza d’ufficio sul punto, senza considerare che la consulenza d’ufficio era stata oggetto di specifiche censure, senza considerare che il lastrico solare rientra tra le parti condominiali e senza considerare che la società in primo e in secondo grado aveva offerto una serie di prove a suffragio della condominialità delle parti interessate dai presunti vizi.
7.Il quarto motivo, in via assorbente rispetto a ogni ulteriore osservazione, risulta manifestamente infondato.
La sentenza impugnata (pag.8), nell’esaminare la doglianza relativa al difetto di legittimazione (che a pag.4, in alto, aveva già dichiarato riguardare il difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire), ha dichiarato non solo che sussisteva legittimazione concorrente ex art. 1669 cod. civ. dei singoli condòmini e del Condominio e non solo che le strutture coinvolte dai vizi denunciati rientravano nelle proprietà esclusiva Conversano-Rizzi, come era stato rilevato dal consulente d’ufficio e come risultava dal titolo di acquisto e dalle planimetrie catastali (affermazioni censurate con il quinto motivo di ricorso); ha anche aggiunto che, in ogni caso, gli effetti dannosi dei
vizi riguardavano direttamente la proprietà esclusiva degli appellati. Questa ultima affermazione, non censurata in modo ammissibile dai ricorrenti, è evidentemente finalizzata, utile e sufficiente a individuare l’interesse ad agire degli attori, con la conseguenza che non è configurabile alcuno dei vizi lamentati dai ricorrenti nel motivo.
8.Per ragioni analoghe, assorbenti rispetto a tutte le altre, è manifestamente infondato anche il quinto motivo.
Infatti, le doglianze in sostanza finalizzate a sostenere che la sentenza impugnata abbia ritenuto di proprietà esclusiva dei condòmini Conversano e Rizzi il lastrico solare che invece era di proprietà condominiale non incidono sull’accertamento della sentenza impugnata secondo il quale, in ogni caso, gli effetti dannosi dei vizi riguardavano direttamente la proprietà esclusiva degli appellati. Si tratta di accertamento in fatto neppure oggetto di specifica censura e che era in sé sufficiente ad abilitare i condòmini ad agire ex art. 1669 cod. civ.
9. Con il sesto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117-1135-1669 c.c.; art. 100-112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n.4 c.p.c. -art.118 comma 1 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., in relazione agli artt. 360 comma 1 n. 4 e 5 c.p.c. Nullità della sentenza. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (difetto di legittimazione degli attori in ordine alle parti condominiali -difetto di interesse ad agire)’; la ricorrente evidenzia di avere dedotto che i condòmini Conversano COGNOME non avevano agito a tutela di un bene comune, ma per fare valere il loro interesse personale alla reintegrazione del loro patrimonio individuale ai sensi dell’art. 1668 cod. civ., invocando la riduzione del prezzo pagato per l’acquisto del loro immobile ma adducendo vizi che riguardavano quasi integralmente beni condominiali; sostiene che il risultato chiesto e ottenuto dagli
attori ha finito per pregiudicare gravemente il diritto del Condominio e degli altri condòmini a tutelare i diritti inerenti le parti comuni, in quanto gli attori hanno incamerato una riduzione del prezzo di acquisto della loro abitazione, senza obbligo di destinare le somme all’eliminazione dei vizi, che riguardavano quasi esclusivamente le parti comuni dell’edificio.
9.1.Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata, con pronuncia che resiste alle censure della società ricorrente, ha qualificato l’azione d ei consorti Conversano c ome proposta ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. e ha accertato che gli effetti dannosi dei vizi riguardavano la proprietà esclusiva dei consorti Conversano; ciò comporta, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, che sussisteva quella causa comune di danno che abilitava alternativamente l’amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che potesse farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parti di essi soltanto (Cass. Sez. 2 311-2018 n. 2436 Rv. 647790-01, Cass. Sez. 2 18-6-1996 n. 5613 Rv. 498155-01). Inoltre, c ome sopra già esposto, l’importo riconosciuto è stato limitato al costo necessario a eliminare i vizi accertati e quindi neppure sotto questo profilo le doglianze della ricorrente sono pertinenti.
10 .Con il settimo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n.4 c.p.c., art. 118 comma 1 disp. att. c.p.c., artt. 111 Cost. in relazione agli artt. 360 comma n. 1 n. 4 e 5 c.p.c. Nullità della sentenza. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Insussistenza in concreto dei vizi denunciati e loro apparenza ‘; evidenzia che l’apparenza dei vizi della cosa venduta, la quantificazione operata delle somme dovute e l’applicazione dell’aliquota iva agevolata erano state oggetto di specifica censura; lamenta che la sentenza sia venuta meno
all’obbligo di motivazione e abbia omesso la pronuncia sulle osservazioni della società ricorrente e del suo consulente di parte.
10.1.Il motivo, laddove deduce la nullità della sentenza per vizio della motivazione, è manifestamente infondato. E’ acquisito il principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ. e il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale; tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01). Nella fattispecie la motivazione non presenta alcun vizio risultante dal suo testo, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: il ragionamento complessivamente svolto dalla Corte d’appello è logico e coerente , articolandosi sulla quantificazione dei danni eseguita dalla sentenza di primo grado ed escludendo le voci di danno per le quali è stato ritenuto l’appello fondato, senza che risulti dal testo della sentenza che fossero stati oggetto di critica le conclusioni del c.t.u. e senza che perciò si possa ritenere la motivazione contraddittoria o apparente.
Invece, il medesimo motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. per non avere esaminato le critiche alla c.t.u. è inammissibile ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -92012 e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28-2-2023; si verte in ipotesi di “doppia conforme” in quanto la sentenza di appello, come quella di primo grado, ha quantificato in Euro 18.191,80 compresa iva i costi per i lavori necessari per eliminare i gravi difetti, recependo integralmente la c.t.u. sul punto. In tale caso il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’app ello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-12-2016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte). Al contrario la ricorrente, limitandosi a lamentare che la Corte d’appello non abbia esaminato le sue critiche alla c.t.u. che erano state svolte già in primo grado , presuppone l’inesistenza di una diversità delle ragioni di fatto poste a fondamento delle decisioni di primo e di secondo grado.
11. Con l’ottavo motivo la società deduce ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1669 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. -violazione e falsa applicazione degli artt. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. -art. 118 comma 1 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost. in relazione agli artt. 360 comma 1 n. 4 e 5 c.p.c. Nullità della sentenza. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (riconduzione dei vizi denunciati sub art. 1669 c.c.)’; evidenzia di avere dedotto con il quinto motivo di appello che non era configurabile la fattispecie dell’art. 1669 cod. civ. in quanto il c.t.u. non aveva mai parlato di pericolo di rovina e doveva anche
escludersi che i difetti fossero gravi; evidenzia di avere richiamato la giurisprudenza secondo cui non erano riconducibili nell’art. 1669 cod. civ. il rifacimento del pavimento della terrazza, i vizi dell’intonaco e del rivestimento esterno dell’edificio , i vizi dei pavimenti; aggiunge di avere ribadito la decadenza, in quanto la denuncia dei vizi era avvenuta dopo il decorso di un anno dalla consegna dell’immobile e lamenta che la motivazione sia stata mancante o apparente e che comunque sia stata omesso l’esame di punto decisivo.
11.1.Il motivo è manifestamente infondato laddove lamenta la nullità della motivazione. Richiamati i principi sopra esposti in ordine ai limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione, basti osservare che la sentenza ha dichiarato (pag.7) che i vizi rientravano nell’ipotesi di cui all’art. 1669 cod. civ. in considerazione della natura e della gravità dei vizi accertati dalla consulenza tecnica svolta in corso di causa; con questo contenuto la motivazione è esistente e pienamente comprensibile, cioè tale da consentire di ripercorrere il ragionamento svolto dal giudicante, che ha confermato il giudizio già eseguito dal giudice di primo grado in ordine alla gravità dei vizi, sulla base dell’accertamento e della descrizione dei vizi data dal c.t.u.
Invece, riguardo alla mancata espressa disamina della questione della decadenza, non può porsi questione di nullità della motivazione, perché il vizio -come sopra esposto- deve risultare dal contenuto della motivazione, a prescindere dal contenuto degli atti processuali, e dalla motivazione della sentenza impugnata non risulta che la questione della decadenza dell’azione ex art. 1669 cod. civ. fosse stata posta in appello. Diversamente, considerato che la decadenza era stata espressamente esclusa dalla sentenza di primo grado, la ricorrente avrebbe dovuto dedurre di avere proposto specifico motivo di appello sul punto e avrebbe dovuto lamentare la mancata disamina di quel motivo da parte de lla Corte d’appello.
Inoltre, il motivo proposto ex art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ. è inammissibile per le ragioni sopra esposte, vertendosi in ipotesi di doppia conforme e non offrendo la ricorrente alcun elemento per ritenere che la pronuncia di primo e secondo grado in ordine al giudizio sulla gravità dei vizi siano di contenuto diverso.
Infine, si esclude che la qualificazione dei vizi accertati dal consulente d’ufficio nella fattispecie di cui all’art. 1669 cod. civ. sia stata illegittima. La pronuncia impugnata risulta conforme al principio s econdo il quale i gravi difetti che rientrano nella disciplina dell’art. 1669 cod. civ. consistono in quelle alterazioni che riducono in modo apprezzabile il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, per cui rilevano pure i vizi non totalmente impeditivi dell’uso dell’immobile, come quelli relativi alla presenza di infiltrazioni e umidità, e quelli afferenti a elementi secondari e accessori, allorché siano tali da incidere negativamente sulla funzionalità e sul godimento dell’immobile nel tempo (Cass. Sez. 2 410-2018 n. 24230 Rv. 650645-01, Cass. Sez. 2 4-9-2019 n. 22093 Rv. 655215-01).
12.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi
ed Euro 2.200,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione